Cina, è polemica per il Festival della Carne di Cane
STR/AFP/Getty Images
News

Cina, è polemica per il Festival della Carne di Cane

Per Pechino i cani possono essere amici degli uomini in tanti modi: come animali domestici e come cibo

Mentre i cinesi festeggiano il Festival della Carne di Cane, il resto del mondo si chiede se non sia finalmente arrivato il momento anche per la Repubblica popolare di bandire l'orribile tradizione di vendere, cucinare e mangiare la carne dei migliori amici dell'uomo. Per la prima volta, i toni del dibattito sono diventati così accesi da rendere necessario l'intervento di Pechino. Sorprendentemente, però, il governo si è speso più per ribadire "la purezza" e "l'unicità" di quella che hanno definito una "tradizione millenaria", gettando quindi benzina, non acqua, sul vortice di polemiche.

Gli organizzatori del Festival della Carne di Cane di Yulin, una cittadina del sud della Cina, vicinissima al confine con il Vietnam, le tensioni tra locali, animalisti e osservatori stranieri le avevano previste. Così come avevano messo in conto che le vendite di prodotti alimentari a base di cane durante l'evento sarebbero diminuite, e che le autorità locali non li avrebbero sostenuti, ma nemmeno ostacolati. Ecco perché, per evitare troppi problemi e, allo stesso tempo, tutelare la propria libertà di organizzare i Festival che desiderano, hanno scelto di mantenere un profilo più basso, invitando indirettamente gli appassionati di carne di cane a fare altrettanto.

Cosa vuol dire? Beh, tanto per cominciare hanno accettato che i giorni del Festival non fossero considerati ufficialmente giorni di festa, che i ristoratori nello stesso periodo cancellassero temporaneamente le pietanze a base di cane dai loro menù, e che le famiglie organizzassero i loro banchetti celebrativi con una settimana di anticipo. Il motivo? Fregare gli animalisti. Perché così come era prevedibile immaginare che sarebbero arrivato in molti a disturbare il Festival, era scontato che nessuno di loro avrebbe fatto capolino a Yulin prima del suo inizio. Eppure, questa sorta di autocensura non è bastata a frenare il disgusto e la rabbia di chi ama gli animali di fronte alla vista di decine e decine di cagnolini in gabbia, in attesa di essere venduti, cucinati e mangiati dal miglior offerente.

Gli animalisti si sono infatti dimostrati più determinati che mai. Forse perché tra loro il numero di cinesi è significativamente aumentato negli ultimi anni, vale a dire da quando è scoppiata anche in Oriente la moda dei cni di compagnia (soprattutto quando il loro pelo può essere arricciato al punto tale da trasformarli in piccoli peluches che assomigliano più a panda che a cagnolini). Hanno acquistato tutti i cani che si potevano permettere di comprare, solo per restituire loro la libertà. E si sono scontrati fisicamente con i commercianti che si sono rifiutati di concludere alcune di queste transazioni. Eppure, a fronte di centinaia di cani "salvati", migliaia sono stati effettivamente cucinati.

Quando lo scambio di accuse tra le due parti si è trasformato in un vero e proprio scontro, con cani strangolati e "sbandierati" come trofei nel centro del mercato, e attivisti pronti a venire alle mani per mettere in salvo i loro beniamini, le autorità sono state costrette a intervenire, e lo hanno fatto coinvolgendo Pechino nel dibattito sull'opportunità di spendersi per mantenere vive le tradizioni millenarie del paese e la necessità di adattarsi alle nuove mode introdotte dalla globalizzazione, come quella di tenere i cani come animali domestici.

Parlando tramite le pagine del People's Daily, il governo ha invitato le due parti a calmarsi ricordando loro che i cani possono essere amici degli uomini in tanti modi: come animali domestici e come cibo, e che i cinesi dovrebbero essere liberi di scegliere liberamente come interagire con i quattro zampe. Così come è legale (da poco), tenere i cagnolini in casa per compagnia, è legale anche (e da molto più tempo, se proprio vogliamo essere precisi) vendere e consumare carne di cane. Così vuole il Partito, e la popolazione deve adeguarsi.

 

 

I più letti

avatar-icon

Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

Read More