Ucraina, siamo alla battaglia finale?
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Ucraina, siamo alla battaglia finale?

Le nuove manovre di guerra e il ripiegamento dei separatisti filo-russi raccontano di un potenziale punto di svolta nella guerra civile. Prima di una battaglia finale, però si spera ancora nella diplomazia

per Lookout News

Da quando Petro Poroshenko ha preso le redini dell’Ucraina divenendone presidente, le operazioni belliche contro i separatisti filo-russi che chiedono l’indipendenza da Kiev e sognano l’annessione a Mosca, si sono intensificate e hanno prodotto i migliori risultati – o peggiori, a seconda del punto di vista - da febbraio a oggi.

L’ultimo successo dell’esercito regolare è stata la riconquista di Sloviansk, avvenuta questo fine settimana. La sensazione è che, con la fine del cessate-il-fuoco ordinato dal presidente Poroshenko per rinsaldare i ranghi, l’iniziativa sia definitivamente passata in mano all’esercito. Certo, questo non significa che la guerra civile sia sul punto di concludersi, ma il fatto che ora i separatisti arretrino non è cosa da poco. 

Dopo che Kiev ha ristabilito l’autorità su Sloviansk, le truppe ribelli stanno ora convergendo su Donestk e Lugansk per ricompattarsi e proprio in una di queste due roccaforti potrebbe avvenire la battaglia decisiva. Perdendo Donetsk, infatti, i ribelli sarebbero in rotta, mentre conquistando Lugansk l’esercito a quel punto potrebbe tagliare le vie di comunicazione con il confine russo, per impedire eventuali rifornimenti o assistenza da parte di Mosca (manovre che in parte l’esercito sta già attuando).

- Il rischio di una battaglia violentissima

Ma combattere a Donetsk e Lugansk, che sono tra le città più grandi dell’Ucraina - rispettivamente un milione di abitanti la prima e mezzo milione la seconda - non sarà facile come prendere Sloviansk, peraltro abbandonata dai ribelli stessi senza resistere. 

Qui, infatti, l’altissima concentrazione di civili impedirebbe di attuare bombardamenti su larga scala, onde evitare ulteriori e controproducenti stragi, e costringerebbe l’esercito a una battaglia casa per casa dagli esiti drammatici. Soprattutto, considerato il limitato equipaggiamento e la scarsa preparazione dei militari di Kiev.

Mykola Sungurovskyi, direttore dei programmi militari presso il Razumkov Center, un'organizzazione di ricerca politica nella capitale ucraina, riferisce tuttavia al ‘New York Times’ che oggi “i militari hanno imparato a combattere”. Con ciò sottolineando come le forze armate ucraine non fossero minimamente preparate a ingaggiare campagne militari di questo livello allo scoppio della guerra civile. E gli americani fino a poche settimane fa riferivano di un esercito “in uno stato pietoso”. 

- Il tavolo diplomatico

Ma adesso qualcosa è cambiato, almeno secondo Sungurovskyi. Ad esempio, non vi sarebbe più quel “blocco psicologico” seguito ai fatti di piazza Maidan, quando le forze di sicurezza fecero un centinaio di morti tra i manifestanti innescando la crisi, che impediva ai militari di sparare sulla gente e combattere con convinzione. Perché questi, lo sa bene Kiev, non sono più semplici manifestanti, ma una pericolosa armata ribelle che ha quasi messo in ginocchio il Paese, al punto che si teme tuttora per la sopravvivenza stessa dell’Ucraina e dei suoi confini.

La realtà è però un’altra e cioè che le forze armate ucraine hanno beneficiato dell’innesto di migliaia di volontari, di donazioni finanziarie spontanee da parte di cittadini filo-europei e, soprattutto, di oltre 25 milioni di dollari dagli Stati Uniti, una parte dei quali in dotazioni militari (occhiali per la visione notturna, giubbotti antiproiettile, apparecchiature per le comunicazioni e cibo). Ma ancora più importante, dicono gli esperti, è stata la recente riorganizzazione della catena di comando, nella quale anche gli Stati Uniti potrebbero aver giocato un ruolo determinante.

- Il ruolo di Mosca 

Resta da decifrare il ruolo sempre più ambiguo di Mosca. Il Cremlino, infatti, al momento sembra voler puntare le sue fiches sul tavolo diplomatico per raggiungere una pace concordata con Kiev. Così viene letta, ad esempio, la richiesta piuttosto inusuale di Vladimir Putin al parlamento per revocare l’autorizzazione a usare l’esercito in Ucraina, nell’eventualità di dover muovere guerra. 

Eppure, al netto dei tentativi di stemperare la situazione, lo stallo diplomatico non può che leggersi in relazione al braccio di ferro con gli Stati Uniti e l’Europa, che hanno già vinto una battaglia, quella economica, per introiettare nel mercato europeo gli scambi e le merci da e per l’Ucraina, sfilando ai russi una piazza sinora cruciale per la bilancia commerciale. 

Mosca, che ha già inglobato la Crimea, può dunque ritenersi soddisfatta a metà. Basterà questo feticcio politico revanscista a placare le mire panrusse di Vladimir Putin? Il dubbio è lecito.

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Luciano Tirinnanzi