Russia-Usa, torna la guerra fredda ("Fuck the Eu!")
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Russia-Usa, torna la guerra fredda ("Fuck the Eu!")

Nelle parole del vice capo diplomatico della Casa Bianca ci sono tutte le difficoltà di tener testa a una Russia sempre più cinica e vincente - Ascolta l'intercettazione

per LookOut News

Victoria Nuland, vice del capo della diplomazia Usa John Kerry, non deve aver lavorato alla NSA in passato, né deve aver mai sentito parlare di Edward Snowden o di un tale Julian Assange e del suo macro furto di cablogrammi riservati delle diplomazie di mezzo mondo, poi messe in rete da Wikileaks.

Deve essersi resa conto che esiste una cosa chiamata “spionaggio” solo dopo aver appreso che l’audio di una sua conversazione con l’ambasciatore americano in Ucraina era stato messo in rete.

 

È davvero possibile intercettare gli ambasciatori e gli uomini politici? Si è chiesta la Nuland, rossa d’imbarazzo per una vicenda che ha dei toni tra il farsesco e il grottesco e che ha definitivamente chiarito all’Europa il giudizio che gli americani hanno di noi (il medesimo che avevano durante la Guerra Fredda). Ebbene sì, Victoria, le intercettazioni colpiscono urbi et orbi.

Che poi la Segreteria di Stato americana abbia tentato di rimediare addossando la colpa ai servizi segreti russi - i quali hanno certamente intercettato le conversazioni delle ambasciate USA - è stata la definitiva conferma delle difficoltà in cui versa l’amministrazione di Barack Obama. Forte in politica interna, pur con risultati altalenanti e discutibili, in politica estera la Casa Bianca e il suo numeroso seguito si sono coperti ogni giorno di più di ridicolo, fino a quest’ultimo piccolo scandalo, che certo non aiuterà le relazioni internazionali tra Stati Uniti ed Europa né potrà contribuire a risolvere la questione Ucraina. 

Che il capo della Nuland, John Kerry, sia un gaffeur rinomato è cosa nota. Ma che la cosa contagiasse anche il suo entourage proprio non ce lo aspettavamo. Non si può però liquidare la questione con una semplice analisi che tende a vedere impreparata la Casa Bianca in ogni dossier che non riguardi la politica interna del Paese. 

Né basta un’accusa in stile Guerra Fredda per rispondere di tanta superficialità: l’intercettazione della Nuland sottolinea che il timone del braccio di ferro che oppone Russia e Stati Uniti nei rispettivi grandi disegni geostrategici (che vanno ridefinendo le sfere d’influenza e il dominio delle nuove rotte energetiche) è ancora in mano a Putin. La scarsa lucidità con cui l’amministrazione Obama agisce è frutto della ritrovata grandeur politica del Cremlino, che sa esattamente cosa vuole e che, anche in ragione di questo, inanella successi dopo successi, adombrando la pur esistente politica estera americana.

Il presidente russo già durante il 2013 ha surclassato gli Stati Uniti in ogni materia, guadagnando spazi notevoli dal Medio Oriente all’Europa, e siamo in attesa di vedere cosa succederà nel Pacifico. Dove, per il momento, sono ancora gli Stati Uniti il dominus ed è semmai la Cina il problema. Per adesso.

In ogni caso, l’Ucraina è il vero termometro del rapporto di forza tra USA e Russia: se da un lato, infatti, ancora non decollano le trattative per un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti volti a creare un grande mercato transatlantico nel settore del commercio e dei servizi (che garantirebbe grandi profitti a Paesi come l’Italia, ma che resta ancora abbastanza fumoso), l’invasione energetica dalla Russia è invece da tempo una realtà. Ed essa passa inevitabilmente per Kiev: Mosca è il terzo partner commerciale dell’UE, che a sua volta è il primo mercato per le esportazioni russe. 

Il Cremlino vuole dunque sostenere il graduale affrancamento dell’Europa dagli Stati Uniti e dare ancora più valore alla contiguità geografica, ri-annettendo uno dopo l’altro tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico, secondo una versione aggiornata di imperialismo sovietico alle cui spalle sventola però il capitalismo e non più bandiera rossa. 

Vladimir Putin, offrendo 15 miliardi di dollari al presidente Yanukovich, ha già riportato all’ovile l’Ucraina, con buona pace degli accordi di associazione che voleva l’Unione Europea e nonostante le proteste nelle strade di Kiev che vorrebbero portare alla destituzione del presidente ucraino. Anche Yanukovich, firmando importanti accordi commerciali con Putin, deve aver pensato “L'Unione Europea si fotta” e il ministro degli Esteri russo deve aver annuito. Ma almeno, loro hanno avuto il buon gusto di dirselo in faccia e non al telefono. 

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Luciano Tirinnanzi