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DMITRI LOVETSKY/AFP/Getty Images
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Perché la nuova presidenza Putin è la più rischiosa di sempre

Soprattutto in politica estera: per la Siria, l'Ucraina e tra sanzioni e rapporti difficili con Usa e Cina, potrebbe rivelarsi più fragile del previsto

Vladimir Putin, eletto dal popolo per un quarto mandato presidenziale, nel 2024 avrà 72 anni, di cui un quarto di secolo passato al vertice del potere statale. Quello che si trova di fronte a sé perciò non rappresenta un nuovo corso bensì un lungo periodo di sei anni che, se non concluderanno la sua esperienza al governo (può ancora ambire a un nuovo plebiscito), rischiano di diminuirne il potere.

Questo perché ogni regime o meglio ogni presidenza di lungo corso inevitabilmente prima o poi giunge a quello che tanto la termodinamica come la scienza politica chiamano “punto di saturazione”. Ovvero un punto oltre il quale, raggiunto il vertice, la parabola declina dalla punta massima iniziale fino al limite di saturazione del bisogno, fino a divenire negativa.

Una presidenza forte ma fragile

Vladimir Putin regna in Russia dal 1999 e il suo potere è andato crescendo parimenti alle ambizioni del Cremlino di espandere il proprio potere in ordine al desiderio, condiviso tanto dall’establishment come dal sentimento popolare, di ripristinare la gloria perduta dell’Unione Sovietica e contemporaneamente ricreare la vastità dell’impero comunista, attualmente paragonabile soltanto all’ambizione geopolitica che la sua Mosca si è posta come obiettivo in politica estera.

Oggi, infatti, riconquistata manu militari la Crimea e ottenuto attraverso la guerra civile in Siriaquell’accesso al Mar Mediterraneo che gli Zar avevano soltanto sognato, il longevo e coriaceo presidente russo non può che ritenersi soddisfatto. Anche se la crisi Ucraina incombe per via dello stallo apparente - ma si continua a sparare e morire nel silenzio più assoluto dei media - tutto è oscurato da quel grandioso 76% di consensi che oggi lo rende invincibile.

Al contempo, però, tale risultato gli restituisce una presidenza fragile. Per una semplice ragione: come recita l’adagio, quando sei troppo in alto non puoi far altro che cadere. Così, il quarto mandato di Putin come presidente della Federazione Russa appare il più rischioso di sempre.

Anzitutto, osservando la politica estera, esso si apre con l’incognita Siria: è pur vero che Mosca ha ottenuto più di quanto potesse sperare dalla guerra civile combattuta al fianco dell’alleato Assad, ma quel conflitto è ancora in corso e non accenna a placarsi. Ragion per cui c’è da temere che d’ora in avanti i progressi ottenuti dal Cremlino possano conoscere un’involuzione sul campo, dove il governo russo ha investito così tanto che un esito incerto non potrà che indebolirne l’immagine di superpotenza.

Inoltre, il prosieguo di questa maledetta guerra continuerà a depredare le casse dello Stato e ad aumentare il numero delle bare dei soldati caduti per mantenere alto l’onore e la posizione raggiunta.

Quel che non uccide...

Quanto all’ulteriore espansione di Mosca nel Mediterraneo, concomitante a una ritrovata iperattività dei suoi servizi segreti nelle principali capitali europee, essa comporta come prima conseguenza negativa la probabilità crescente che le sue fortune conoscano una degenerazione. Prova ne è il caos creatosi intorno al caso di Serghei Skipral, l’ex agente segreto russo reclutato dai servizi britannici negli anni Novanta, rimasto vittima di un avvelenamento da gas nervino per mano di uomini legati all’SVR, il servizio segreto estero del Cremlino.

Il modus operandi degli agenti di Mosca è apparso troppo spudorato e tale da indurre a ritenere che a qualcuno la situazione sia sfuggita di mano. Ciò nonostante, il Cremlino fa di necessità virtù e, mentre dichiara di avere nuove armi invincibili in grado di competere in qualsiasi contesto bellico celando al contempo il timore di non essere adeguato (che bisogno c’è di simili dichiarazioni se non si teme l’inadeguatezza?, ndr), affida al portavoce di Putin, Andrej Kondrashov, uno sprezzante commento sul trionfo elettorale: "L'affluenza risulta più alta del previsto dell'8-10 per cento e per questo dobbiamo ringraziare la Gran Bretagna, perché ancora una volta non ha capito la mentalità della Russia. Ogni volta che ci accusano di qualcosa in modo infondato, il popolo russo si unisce al centro della forza, e il centro della forza oggi è senz'altro Putin".

Intimidire e tiranneggiare è dunque la maniera in cui a Mosca si ritiene che debbano essere risolte le controversie internazionali. Ragion per cui fare la voce grossa anche quando si è in torto, può avere un effetto positivo in ordine al desiderio di spaventare l’avversario e di dimostrare che non si teme niente e nessuno.

Tutti gli altri fronti esteri

Ancora, è l’esempio dell’Ucraina, il cui territorio orientale è stato vandalizzato dalle truppe irregolari di Mosca, mentre al Cremlino s’investono miliardi per costruire il ponte che connetterà direttamente la penisola strappata a Kiev alla Grande Madre Russia. Tutto questo durerà ancora un lustro e forse più.

Tuttavia, restano alcune incognite da sciogliere: l’acuirsi dei cattivi rapporti con Washington, che non accenna a migliorare; il prosieguo delle sanzioni economiche, conseguenza diretta del punto precedente; i mancati accordi commerciali con la Cina, dove una piena sinergia ancora non è stata raggiunta; il sibillino patto con l’Iran sul Medio Oriente e la Siria in particolare, che potrebbe rivelarsi controproducente nel lungo periodo; infine, la scivolosa questione degli oligarchi espatriati, che tramano contro il loro padrone.

Tutto ciò rischia di minare nei prossimi sei anni lo strapotere putiniano, se non bilanciato da una politica indovinata. Beninteso, il presidente russo è lungi dal cadere e resta un leader inossidabile così come uno dei pochi strateghi al mondo che mastica geopolitica a colazione al pari dei suoi diplomatici, che parimenti sembrano i soli ad avere il polso della situazione in ogni quadrante strategico dove è politicamente coinvolta la Russia.

Ma l’eccesso di confidenza e il riflesso condizionato di un potere durevole potrebbero finire con lo stancare finanche la popolazione russa, che oggi conferma di desiderare un uomo forte al comando, ma che prima o poi potrebbe non reagire secondo le aspettative in ossequio al principio di un ricambio generazionale che, voltene o nolente, prima o dopo coinvolgerà direttamente anche Putin.

Per ora all’ombra del presidente non si stagliano competitor. Ma c’è da scommettere che, da leader acuto e navigato, probabilmente Vladimir Putin saprà cogliere le avvisaglie e uscirà di scena per tempo e nella gloria, secondo i tempi dettati dalla storia che lui stesso è riuscito a forzare. Ma per tutto questo c’è ancora da aspettare.

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Luciano Tirinnanzi