Isis: l'intervento russo in Siria e le preoccupazioni europee
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Isis: l'intervento russo in Siria e le preoccupazioni europee

Parigi e Londra danno il via agli attacchi aerei contro lo Stato islamico anche per arginare Putin, grande sostenitore del regime siriano

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Dopo che il quotidiano britannico Times ha riferito che il primo ministro David Cameron sarebbe intenzionato a far votare il parlamento entro gli inizi di ottobre il via libera ad attacchi aerei contro lo Stato Islamico in Siria, si è scatenata una gara al rialzo che adesso vede anche il governo di Parigi aprire a un intervento armato diretto.

Ci risiamo, dunque. Regno Unito e Francia, che non hanno mai negato né la vocazione militarista né l’intenzione di continuare a svolgere un ruolo di primo piano in Medio Oriente, fanno un passo in avanti nella crisi siriana e preannunciano un’escalation militare in Siria. Il ministro delle Finanze inglese, il cancelliere George Osborne, ha però chiarito bene un punto cruciale dell’impegno inglese in quel territorio dilaniato dalla guerra: “Il problema alla fonte sono il regime malvagio di Assad e dei terroristi dello Stato Islamico”.

Dunque, contrariamente alle convinzioni di Mosca – che per parte sua ha già compiuto un salto di qualità nell’appoggio al regime agonizzante di Damasco (fornendo anche ad Assad armi leggere, lanciagranate, ma anche mezzi blindati di ultima generazione BTR-82A e camion militari Kamaz, ndr) – Londra fa sapere che anche il presidente Assad è parte del problema. Posizione condivisa dall’Eliseo che tra le righe fa sapere che i francesi non lasceranno al Cremlino l’iniziativa. Lo stesso Paolo Gentiloni, Ministro degli Esteri italiano, che pure non si è espresso sulla strategia franco-inglese contro l'Isis, ha dichiarato che il nostro Paese è preoccupato delle notizie sull'aumento della presenza russa in Siria a sostegno del regime. 

Le ragioni di Francia e Regno Unito

Il presidente Francois Hollande durante una conferenza stampa a Parigi ha annunciato secco: “Domani (8 settembre 2015) inizieremo i primi voli di perlustrazione contro lo Stato islamico sul territorio siriano”. Che cosa ha convinto Londra e Parigi a questo passo in avanti improvviso, dopo quattro anni di tentennamenti? Le risposte sono due. Un avvertimento in direzione di Mosca e uno all’opinione pubblica. L’anomalo afflusso di profughi siriani nell’Unione Europea, infatti, dovuto in buona parte alla politica ambigua della Turchia, che ha visto bene di spalancare le porte d’Europa ai migranti, come ricatto per le politiche NATO in Siria e Iraq (che Ankara non condivide affatto), preoccupa sempre più inglesi e francesi, già colpiti dal terrorismo in casa propria.

 

GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI DALLA SIRIA

 

I ministri inglesi sono restii a presentare il Regno Unito come una destinazione sempre più attraente per i migranti, consapevoli che il governo già oggi ha difficoltà a far fronte ai costi crescenti dell’accoglienza. Il governo, inoltre, non vuole dissipare in un solo mese un intero capitale politico speso in questi anni per rassicurare l’elettorato inglese, al quale il premier David Cameron ha promesso di limitare – e non aumentare – il flusso migratorio verso il Regno Unito. Tradire quella promessa potrebbe essere fatale alla politica dei conservatori.

 Per quanto riguarda la Francia, vale più o meno lo stesso discorso. Secondo un sondaggio pubblicato da Le Parisien, il 55% per cento dei francesi intervistati è contrario a un allentamento delle regole per i migranti che chiedono lo status di rifugiati, compresi i siriani che fuggono dalla guerra civile. Mentre un sondaggio condotto dall’istituto Odoxa, ha rivelato che il 61% è favorevole a che il governo francese invii truppe di terra in Siria. “L’esodo accelerato di rifugiati siriani, il fallimento della coalizione per spingere ISIS a tornare in Iraq e i possibili rinforzi militari russi (in Siria per sostenere Assad) stanno sfidando la posizione francese”, ha sentenziato il quotidiano Le Monde.


Contrariamente alle convinzioni di Mosca – che appoggia Il regime agonizzante di Damasco – Londra fa sapere che anche il presidente Assad è parte del problema

 

L’intervento russo
L’avvertimento anglo-francese in direzione di Mosca è un avvertimento avallato (o direttamente suggerito) da Washington. Gli americani si dicono infatti molto preoccupati per l’iniziativa unilaterale russa che, secondo alcune rivelazioni, avrebbe inviato soldati e armi russe in Siria per puntellare il regime alleato di Bashar Al Assad e impedirne la definitiva caduta. La Casa Bianca, che ha sbagliato tutte le analisi sulla guerra civile siriana da quattro anni a questa parte, sinora non ha voluto impegnarsi in prima persona e ha lasciato che il caos proliferasse, con le note conseguenze. Ma adesso che lo Stato Islamico e i jihadisti di Jabhat Al Nusra minacciano direttamente la capitale Damasco, bisogna cambiare strategia.

 Il presidente Obama non vuole in nessun modo che sia la Russia di Putin a “salvare” la Siria e a intestarsi il merito di una soluzione al conflitto, visto anche che a evocare un intervento delle Nazioni Unite per la Siria stavolta è stato direttamente il Cremlino, anticipando tutti e spiazzando la diplomazia americana.

 Ancor meno gli “esportatori di democrazia” americani vorrebbero vedere il dittatore Assad mantenersi al potere. Questo sarebbe troppo per Barack Obama, che già ha fatto molti passi falsi in Siria – vedi la famosa “red line” sulle supposte armi chimiche del regime di Damasco – e che adesso, accortosi tardivamente del disastro, non vuole lasciare la presidenza con il dossier aperto. Anzi, prima di lasciare il presidente sogna di mettere la propria firma sopra una soluzione condivisa per quella che è divenuta ormai una questione internazionale epocale, che altrimenti rischia di essere un trionfo geopolitico per Mosca e una sconfitta bruciante per il governo democratico gli Stati Uniti.

In fuga dall'Isis

BULENT KILIC/AFP/Getty Images
Suruc, provincia di Sanliurfa, Turchia, 23 settembre 2014.

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Luciano Tirinnanzi