La penetrazione dell'Isis in Afghanistan
EPA/JALIL REZAYEE
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La penetrazione dell'Isis in Afghanistan

Con l’attentato compiuto a Jalalabad i miliziani dello Stato Islamico lanciano un segnale a tutta l’Asia Meridionale

Tra gli obiettivi dell’avanzata di ISIS c’è anche l’Asia Meridionale. Il 18 aprile il gruppo ISIS Wilayat Khorasan ha rivendicato l’attacco suicida avvenuto nella città orientale di Jalalabad all’esterno di una banca, in cui sono morte 33 persone e altre 100 sono rimaste ferite. A parlare per nome dello Stato Islamico in Afghanistan è stato il suo portavoce Shahidullah Shahid, il quale aveva abbandonato i talebani pakistani lo scorso anno per passare al servizio dell’esercito del Califfo Al Baghdadi.

 ISIS Wilayat Khorasan significa letteralmente “Provincia del Khorasan dell’ISIS”. Khorasan è l’antico nome della provincia più orientale dell’impero persiano.

 Inizialmente si pensava che a colpire fossero stati i talebani. Ma, poco dopo l’esplosione, il portavoce dei talebani afghani, Zabihullah Mujahid, ha condannato l’attacco ribadendo che l’obiettivo della sua organizzazione non sono gruppi di civili ma i militari stranieri e le forze di sicurezza del governo centrale di Kabul.

 

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Non è chiaro se ISIS Wilayat Khorasan sia la divisione ufficiale di ISIS in Afghanistan o se si tratti di una formazione indipendente che ha dichiarato la sua affiliazione a ISIS. Ciò che è certo è che con questa azione lo Stato Islamico manda un forte segnale in direzione di tutta l’Asia Meridionale, dove presto potrebbe cominciare a espandersi. In queste aree ISIS ha già iniziato a radicarsi attirando soprattutto giovani combattenti che non ritengono più vantaggioso rispondere alla leadership talebana.

 La minaccia di ISIS in Afghanistan era stata denunciata il mese scorso dal presidente Ashraf Ghani a Barack Obama. Per gli USA e per la NATO, impegnati in Afghanistan in una complessa operazione di exit strategy dopo una missione militare protrattosi per tredici anni, lo Stato Islamico rappresenta un problema in più di fronte al quale non sembra essere stata predisposta alcuna concreta strategia di reazione.

 Un problema che riguarda direttamente anche i soldati italiani. Nella sua visita alla Casa Bianca la settimana scorsa, il primo ministro italiano Matteo Renzi ha infatti confermato il sostegno dell’Italia agli Stati Uniti. Ottocento nostri soldati rimarranno “ancora per qualche mese” nel distretto di Herat, dove continueranno ad addestrare e offrire supporto ai militari afghani. La loro permanenza in questo distretto situato nella parte occidentale dell’Afghanistan potrebbe essere estesa fino all’inverno del 2016, in appoggio all’allungamento della missione americana per tutto il prossimo anno deciso da Obama.

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