I fedelissimi di Saddam e lo Stato Islamico
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I fedelissimi di Saddam e lo Stato Islamico

A un anno dall’inizio dell’avanzata di ISIS in Iraq, emergono i collegamenti tra l’esercito del Califfo e l'establishment dell'ex dittatore

Di Tersite per Lookout news

Nello scorso aprile le autorità irachene hanno annunciato per l’ennesima volta l’uccisione di Izzat Ibrahim al Douri, considerato da Washington e da Baghdad lo stratega militare dello Stato Islamico. Uno stratega che aveva messo in scacco l’esercito iracheno, addestrato per otto anni dagli americani.

 Ma Izzat Ibrahim al Douri era anche il “Re di fiori” del mazzo dei maggiori ricercati dagli Stati Uniti al momento dell’invasione dell’Iraq. Al Douri era infatti il vicepresidente dell’Iraqi Revolutionary Command Council. Fedelissimo di Saddam Hussein, era sfuggito alla cattura ed era stato l’animatore della resistenza irachena all’invasione USA. All’epoca Al Douri era generale dell’esercito e aveva combattuto sia nella guerra contro l’Iran che nel Kuwait.

 Nel gennaio 2014 era stata invece annunciata l’uccisione di Samir Abd Muhammad Al Khlifawi, meglio noto con il nome Haji Bakr, un’altra figura di rilievo di ISIS. Al-Khlifawi non era nel mazzo di carte americano, ma era stato però colonnello dell’intelligence sotto Saddam. Documenti rinvenuti in un suo rifugio mostrano che Al Khlifawi è stato l’ideatore di ISIS. Cioè colui che ha trasformato le forze della resistenza irachena, composte da ex ufficiali e fedeli di Saddam e da Al Qaeda, in un’armata sunnita che, infervorata dalla purezza dell’idologia wahabita, ha conquistato buona parte della Siria e la parte centrale dell’Iraq. Ponendo alla sua testa, alla bisogna, dei leader che potessero essere riconosciuti come fedeli seguaci del wahabismo.

 

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Ad aprile 2014 è stata annunciata l’uccisione di Izzat Ibrahim al Douri, lo stratega militare di ISIS 

 Sulla strada di questo progetto si è dapprima trovato l’ostacolo di Al Qaeda che, nella faida interna tra la sua diretta filiazione siriana di Al Nusra e ISIS, si era pronunciata contro quest’ultimo disconoscendolo. Poi le cose sono state appianate. Così ora il Califfato è il legittimo rappresentante del wahabismo jihadista e di tutte le forze islamiste che vi fanno riferimento. Compresa Al Nusra, che in Siria è stato il gruppo più forte nell’attacco al regime di Assad prima dello sconfinamento di ISIS dall’Iraq.

 

Il racconto di un ex membro di ISIS
Abu Hamza
è il nome di copertura di un ex militante siriano che ha combattuto contro Assad e che poi ha aderito a ISIS con il suo gruppo. Successivamente se ne è distaccato e, riparato in Turchia, ha raccontato la sua esperienza in un’intervista al Washington Post. Dice Hamza che poco dopo aver aderito a ISIS si è meravigliato dall’esser sottoposto a un emiro iracheno e di ricevere ordini da uomini ombra – sempre iracheni – che si muovevano dentro e fuori le linee di combattimento. Quando alla metà del 2014 Hamza si è lamentato della cosa a un incontro tra i comandanti di ISIS, è stato arrestato. Al suo interrogatorio ha partecipato un iracheno, mascherato per motivi di sicurezza. Questi durante tutto l’interrogatorio ha preso appunti su un taccuino.

 Abu Hamza non ha mai conosciuto le reali identità di questi iracheni, ma ha però saputo che erano ex ufficiali dell’esercito di Saddam Hussein. Compreso l’uomo mascherato, già agente dell’intelligence di Saddam e che ora svolge lo stesso ruolo per ISIS.

 

Il rapporto tra Saddam Hussein e lo Stato Islamico
Questa presenza di ex ufficiali di Saddam al comando di ISIS spiega il motivo dei suoi successi militari, mentre la sua costituzione da parte di ex alti membri del regime di Saddam può spiegare il motivo per cui l’organizzazione, a differenza di tutti gli altri gruppi islamisti in guerra, impegni un grande sforzo per approntare nei territori occupati una funzionante e completa amministrazione statale.

 Da tutto ciò si può desumere che sotto l’apparenza di un Califfatto islamico wahabita si stia ricostituendo in Iraq – oggi con diramazioni anche in Siria – uno stato ispirato a Saddam Hussein. Il quale, poco prima di arrivare di essere giustiziato, ha lasciato detto: “Spero che siate uniti e vi esorto a non credere a un’alleanza con l’Iran, perché gli iraniani sono pericolosi”. Così ha riferito il giudice Moneer Hadded, presente alla sua esecuzione.

 

Former Iraqi leader Saddam Hussein gestures during his trial in Baghdad

Prima di venire giustiziato, Hussein disse: “Non credete a un’alleanza con l’Iran, perché gli iraniani sono pericolosi”

 Già nel 1993 per recuperare popolarità Hussein aveva avviato la Return to Faith Campaign, intesa a ravvivare pro-forma un’agenda islamista. Il Califfato può quindi essere una estrema forma di rappresentazione islamista per consentire la riconquista di uno Stato da parte delle forze bahatiste irachene. Da sempre laiche e nemiche dell’estremismo islamico ma, secondo la loro storia e secondo l’ultima raccomandazione di Saddam, ancora più nemiche dell’Iran che sta pericolosamente insediandosi in Iraq.

L’ultima conseguenza dell’invasione americana dell’Iraq sarebbe quindi quella di aver consentito la rinascita di uno stato ispirato a Hussein. Con l’ulteriore conseguenza generale di una suddivisione in tre del vecchio Iraq: curdo a nord, sunnita al centro e sciita al sud.

Washington-Baghdad, l’alleanza scricchiola
Non è escluso che questo scenario futuro rientri nei piani generali di Washington. Fatto è che i piloti americani, impegnati nei bombardamenti contro ISIS, lamentano l’eccessivo ritardo nella concessione di autorizzazione all’attacco. Il via ai raid aerei, giungendo in tempi medi di un’ora, fa sì che i bersagli individuati non siano più raggiungibili, provocando così danni assai minori. Mentre, dicono i piloti, i tempi medi di autorizzazione nelle altre campagne, come la precedente nell’invasione dell’Iraq, erano nella media dei dieci minuti.

 L’amministrazione di Washington in parte smentisce sui tempi, passati e presenti, e in parte afferma che il ritardo è dovuto alle valutazioni necessarie per impedire il coinvolgimento di civili. Eppure gli USA nella loro campagna contro il terrorismo internazionale, con missili lanciati dai droni hanno causato migliaia di vittime civili. Senza per questo mostrare grandi scrupoli e archiviandole sotto la sigla burocratica di CIVCASS (civilian casualties). Questi, d’altronde, sono “inevitabili” effetti collaterali della loro guerra.

di Tersite

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