Cuba 2013, come non tradire la rivoluzione?
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Cuba 2013, come non tradire la rivoluzione?

Nel giorno della ri-elezione di Raul Castro a presidente, il giovane numero due, Miguel Diaz-Canel, si profila come il potenziale successore del lider maximo

di Luciano Tirinnanzi (LookOut News )

Dopo che l’Asamblea Nacional del Poder Popular, ovvero il parlamento monocamerale cubano, harieletto in qualità di presidente del Consiglio di Stato Raul Castro, l’ottantunenne generale e fratello di Fidel, emerge un dato nuovo nella Repubblica socialista. E questo dato si chiama Miguel Diaz-Canel, ovvero il neo vicepresidente, considerato epigono di Raul e suo probabile successore.

La presenza all’Asamblea dello stesso Fidel, che ha lasciato la guida del Paese in favore di Raul nel febbraio 2008, è significativa. Le sue apparizioni pubbliche si sono fatte sempre più rare dal 2006 ma il lider maximo ha pretesto dal suo fisico fiaccato dagli anni - una diverticolite del colon con emorragia e una perforazione dell’intestino crasso fu il primo segno del necessario abbandono delle scene - uno sforzo in più per l’occasione, affinché tutto il popolo cubano potesse specchiarsi ancora nell’ideologia dei fratelli Castro che, fuori dalle battute di Raul di ratzingeriana memoria “avrei il diritto di riposarmi”, dev’essere perpetuata per il bene del Paese.

E, a sentire i parlamentari, l’operazione del 24 febbraio ha funzionato. Al tocco di nostalgia che ha commosso molti (soprattutto i giornalisti), si è accompagnata una mezzora di promesse di Raul condite da dichiarazioni di apertura alla riforma costituzionale. Ma il vero dato politico resta la designazione alla vicepresidenza del Consiglio di Stato, di Miguel Diaz-Canel, classe 1960. È infatti la successione della leadership il vero problema di ogni regime personalistico. E per Cuba è giunto il momento di pensarci seriamente.

Nato a Villa Clara, Diaz-Canel è laureato in ingegneria elettronica e ha svolto il servizio militare in un’unità anti-aerea. Professore universitario, è stato legato alla gioventù comunista (UJC, Unione della Gioventù Comunista) sotto l’ala dell’ex ministro degli Esteri Roberto Robaina. Robaina era una figura di spicco del regime ma fu poi defenestrato con rabbia da Raul nel 1999, con l’accusa di aver tenuto una “condotta non conforme alla morale socialista”. Ora, in un primo momento Raul aveva ritenuto Robaina persino come suo possibile successore ma il fatto che egli fosse poi divenuto sostenitore della corrente (troppo) innovatrice di Cuba, lo fece probabilmente infuriare. Così lo accusò di corruzione e, dunque, di aver tradito la Rivoluzione.

Mentre oggi Robaina si diletta con la pittura, Diaz-Canel è riuscito a schivare le polemiche e scalare lo stesso il vertice del regime. Il che dimostra le sue capacità. I giornalisti di Miami che lo conoscono bene lo descrivono unanimemente come una persona “intelligente”, sottolineando le sue capacità di dialogo e descrivendolo come un vero ideologo. Traspare in lui “una vena narcisistica della propria immagine”, dicono. Ma questo per Cuba, che vive di simboli, non sarà certo un problema. Piuttosto, è il futuro dell’economia il vero dilemma sull’isola.

Raul si è posto come limite il 2018: in quell’anno, la storia di Cuba conoscerà un’alternativa alla famiglia Castro. Probabilmente, nulla cambierà davvero prima che si spengano i fratelli Castro. Perché entrambi concepiscono ancora il Paese come uno Stato socialista puro e non vorranno certo tradire in vecchiaia l’idea cui sono stati legati per tutta la vita. L’apertura al settore privato e la fine del divieto di espatrio, segnano solo il passare del tempo: il vero futuro di Cuba si gioca sull’economia reale e sulle profonde riforme che il mercato richiede e che Raul verosimilmente non concederà.

Diaz-Canel, invece, incarnando la corrente innovatrice, potrebbe accompagnare il cambiamento del Paese. Sempre che non si bruci anzitempo. Il fatto che abbia già rappresentato Cuba lo scorso gennaio al raduno di Caracas (che ha segnato l'inizio del nuovo mandato presidenziale di Hugo Chávez, mentre lo stesso Chávez era ancora a L'Avana per curarsi) la dice lunga sull’importanza che quest’uomo potrebbe avere già nel presente: il rapporto speciale tra Cuba e Venezuela, infatti, non è poca cosa negli equilibri geopolitici americani. E in quelli economici.

Dopo che i Castro e Chavez  non ci saranno più, toccherà alle nuove generazioni gestire un potere che tanta importanza ha rivestito e riveste ancora nel mondo. Anche se questo dovesse significare “tradire la Revolución”.

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