La nuova Argentina e il tramonto dell’era Kirchner
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La nuova Argentina e il tramonto dell’era Kirchner

Ecco perché nemmeno l'avvento del Papa argentino salverà il paese - LookOut News -

di Rocco Bellantone, per LookOut News -

Un Papa argentino non basterà certo a risollevare la situazione politica ed economica interna e internazionale

Se qualcuno ritiene che il prestigio dovuto al nuovo Papa darà ossigeno alla situazione politica argentina, dovrà ricredersi in fretta. L’esecutivo di Cristina Kirchner continua infatti a subire colpi su colpi, dissipando in questo primo scorcio del 2013 gli effetti positivi della cavalcata solitaria dell’ultimo decennio, che aveva portato il PIL nazionale a crescere di oltre novanta punti, riconsegnando al popolo dignità e benessere dopo il default del 2001. Se si è trattato solo di un’illusione, lo si saprà nei prossimi mesi (vedi le elezioni di ottobre prossimo). Intanto, però, il Paese comincia ad avvertire l’aria che tira, iniziando a mettere seriamente in discussione il destino dell’era dei Kirchner.

L’economia langue

L’ultimo schiaffo in ordine di tempo è arrivato dal dirimpettaio Brasile. Pochi giorni fa la multinazionale VALE, il maggior produttore ed esportatore di minerali al mondo, ha infatti comunicato a Buenos Aires che porrà fine al sogno di “Rio Colorado”, il progetto da 6 miliardi di dollari partito un anno fa con l’obiettivo di realizzare delle miniere (e rivalutare la linea ferroviaria) da cui ricavare metallo alcalino nel territorio di Mendoza, provincia dal valore strategico perché situata in uno degli snodi nevralgici del commercio tra Argentina e Cile.

Pesa anche il contenzioso aperto con la spagnola Repsol, il colosso petrolifero che dopo aver subito nel maggio 2012 la nazionalizzazione della sua controllata YPF (Yacimientos Petroliferos Fiscales), adesso ha fatto ricorso alla Corte Internazionale chiedendo l’indennizzo di dieci miliardi e mezzo di dollari. Per il governo Kirchner è un’altra brutta gatta da pelare, soprattutto dopo il “cartellino rosso” mostrato a inizio febbraio dal Fondo Monetario Internazionale, che ha accusato il governo argentino di aver truccato i dati ufficiali sull’inflazione del 2012, portandone il valore a un eccessivo ribasso del 10%, troppo al di sotto del valore reale che oscilla tra il 25 e il 30%.  

Politica internazionale

Le cose non vanno meglio sul piano della politica internazionale. L’esempio emblematico è quello delle Falkland, che il 10 e 11 marzo hanno chiesto all’unanimità di rimanere sotto la tutela della Corona britannica, sgonfiando con un pugno di voti (per l’esattezza 1.513 sì contro 3 no) un’operazione nostalgia attraverso cui la Kirchner sperava di poter recuperare qualche consenso. Il risultato è stata invece una débâcle in mondovisione, epilogo infelice di una disputa internazionale che gli inglesi avevano già marcato a proprio favore con la famosa guerra lampo del 1982, quando i “muscoli” di Margareth Tatcher (lei sì una vera lady di ferro), all’epoca primo ministro inglese, si fecero sentire più delle velleità espansioniste della dittatura militare allora al potere in Argentina.

Se si esclude l’appoggio formale dei Paesi membri della ZOPACAS (la Zona di pace e cooperazione dell’Atlantico del Sud), ciò che resta all’Argentina è pertanto un infelice isolamento, al cui acuirsi potrebbe contribuire anche Israele, entrato in rotta di collisione con il governo argentino in merito alla riapertura del caso sull’attentato che il 18 luglio 1994 colpì la sede ebraica dell’AMIA (Associazione di assistenza israelita in Argentina) a Buenos Aires, causando la morte di 85 persone. La notizia che a tornare sul luogo del delitto sarà una commissione d’inchiesta argentino-iraniana, ha stranito molto Tel Aviv, che ha immediatamente chiesto conto di essere coinvolta nella ripresa delle indagini.

Il voto di ottobre

La sensazione, dunque, è che questo 2013 sarà un vero e proprio percorso a ostacoli per la Kirchner, affatto rasserenata da una nuova presenza religiosa che presto potrebbe rivelarsi ingombrante. Nel periodo in cui era arcivescovo di Buenos Aires, Papa Franceso I Jorge Bergoglio non aveva risparmiato critiche ai governi di Nestor e Cristina, denunciando il “debito sociale, immorale, ingiusto e illegittimo”, la corruzione e la povertà “dimenticata” causati dalla loro linea economica.
Il clima assomiglia più a quello di una corrida e a infuocarlo ci sono all’orizzonte due scadenze su cui la “primera señora” si gioca tutto: la verifica finale del 29 settembre fissata dal FMI e il confronto elettorale con il popolo, chiamato alle urne per le legislative del mese di ottobre. Dovesse inciampare ancora una volta, per lei si prospetta un’uscita di scena indecorosa.
     

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