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Obama, grande presidente. Nonostante i sondaggi

Meno della metà degli americani approva il suo operato. Ma i successi in politica interna ed estera sono innegabili. Sarà ricordato dalla Storia

Nel 2014, a circa 1500 studenti dell'università di Quinnipiac venne proposto un sondaggio. Dovevano indicare chi fosse a loro giudizio il migliore e il peggiore presidente degli Stati Uniti dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Nella prima classifica, Obama era al quarto posto, dopo Reagan, Clinton e Kennedy. Un piazzamento di tutto rispetto, visto che precedeva uomini del calibro di Eisenhower e Johnson. La sorpresa arrivava con la classifica dei peggiori. Obama era il primo e precedeva Nixon e Bush figlio.


Un cortocircuito degli interpellati? Erano sempre gli stessi soggetti a stilare le due classifiche, eppure i risultati per Obama erano ben diversi. Quel sondaggio della Quinnipiac University era un'ottima fotografia dell'ambivalenza del sentimento dell'opinione pubblica americana nei confronti del primo presidente afro della storia degli Usa.

Record negativo nei sondaggi

Obama non gode di grande consenso. Nel corso di questi anni ha battuto diversi record negativi, come quello di essere riuscito ad andare ancora più in basso di George W. Bush nelle classifiche di gradimento degli americani. Le ultime rivelazioni dicono che il suo operato è approvato da meno della metà dei suoi concittadini. E pensare che ha risalito la china. Ci sono stati momenti in cui la sua popolarità era ancora più bassa.

Niente a che vedere con il discredito di cui gode il Congresso. Tre quarti degli americani pensava ben prima che arrivasse House of Cardis che Capitol Hill fosse il regno della corruzione e dell'interesse privato. Così, la credibilità della Casa Bianca giganteggia rispetto a quella del Campidoglio. Tutto questo però non può essere certo consolante per Obama, visto che il suo tasso di gradimento rimane ben basso.

La politica estera

Se poi si guarda ai sondaggi sulla sua poilitica estera, crolla ancora di più: il 75% degli interpellati la ritiene sbagliata. Eppure di risultati ne ha ottenuti. L'accordo sul nucleare con l'Iran equivale alla storica apertura di Richard Nixon alla Cina. Quella svolta pose le basi per tre decadi di nuovi rapporti tra Pechino e Washington, tra il Dragone e l'Occidente. Se gli ayatollah manteranno la parola, questa sarà la grande eredità di Obama in politica estera.

Così come molto significativo è stato lo storico passo in avanti con Cuba. Il ristabilimento di normali relazioni diplomatiiche con l'Avana può essere considerato un successo. Cinque decadi dopo, un presidente americano ha deciso di porre fine alla lunga guerra fredda con il regime di Castro.

Indubbiamente un passo coraggioso da parte di Obama. Ma, come quello con l'Iran, sembra essere apprezzato e capito più fuori che in patria. Gli americani sono scettici. I due regimi di Teheran e l'Avana rimangono in piedi, e questo non è considerato un buon risultato.

E poi, guardano al resto dell'azione internazionale di Obama. Hanno visto le titubanze sulla Siria, il sorgere indisturbato dell'Isis, la nuova forza della Russia di Putin. Presi in mezzo tra la voglia di un nuovo isolazionismo e la volontà di rimanere la superpotenza mondiale, gli americani, stanchi delle guerre dell'epoca Bush,  capiscono comunque poco il softpower adottato da Obama.

I successi interni

Eppure, di passi (storici) questo presidente ne ha fatti. Fuori e dentro i confini nazionali. È stato eletto nel momento di peggior crisi economica del paese dopo la Grande Recessione e ha contribuito al rilancio dell'economia del paese.

Quando si è insediato alla Casa Bianca il tasso di disoccupazione era vicino al 10%. Sei anni dopo è dimezzato. I grandi investimenti hanno funzionato (basta ricordare il salvataggio dell'industria automobilistica). Gli americani gli hanno riconosciuto dei meriti, ma poi non l'hanno premiato con il loro consenso.

Il motivo? Molti americani, soprattutto della classe media, volevano tornare ai livelli di benessere che c'erano prima della crisi del 2008, ma non ci sono riusciti. Per questo sono scontenti dell'operato di Obama.

Molti sono invece contenti della riforma sanitaria. Questo è un altro storico traguardo raggiunto dal presidente. Osteggiata dai repubblicani, è passata indenne per ben due volte al giudizio della Corte Suprema. Rimarrà anche per i prossimi decenni. Era dagli anni '60 che non veniva approvata una riforma sociale così importante. Anche questo merito di Obama, che l'ha fortemente voluta. È la sua eredità in politica interna.

Il giudizio degli storici

Qualche settimana fa, il Premio Nobel per l'Economia PaulKrugman scrisse un articolo per la rivista Rolling Stone con il quale confessava di aver cambiato idea su Obama. All'inizio lo riteneva inadeguato. Ora, invece, lo considera un ottimo presidente.

Non solo per i motivi già elencati, ma anche per i suoi interventi legislativi per regolare Wall Street, per gli investimenti nella green economy, per aver sposato le cause di diritti civili di questi anni: matrimonio omosessuale, parità di genere, aumento delle paga base.

Secondo Krugman, non bisogna giudicarlo per le cose che avrebbe potuto fare, ma per quelle che ha fatto. Bisogna, cioè, usare il metodo di uno storico e non di un politico o di un cittadino per dare un voto alla presidenza Obama. E in questo caso, per l'economista, si tratta di un voto alto.

Il presidente dal record negativo di popolarità è un grande presidente? Obama, bocciato dai sondaggi e promosso dalla Storia. Potrebbe essere così. Criticato durante il mandato, osannato negli anni seguenti. Non sarebbe la prima volta che accade a un inquilino della Casa Bianca.

Getty Imagines / Saul Loeb
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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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