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Ecco il numero di cellulare che decide chi sbarca in Italia

E' il numero di Alarm Phone, noto ai migranti, che riceve le richieste di soccorso ed è in contatto con le navi delle ong

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è il numero del centralino dei migranti attivato dagli «estremisti dell’accoglienza», che si può chiamare per dare l’allarme su qualsiasi gommone partito dalla Libia per farlo recuperare. Si chiama Alarm phone ed è un numero di emergenza di una rete di attivisti convinti che bisogna «abbattere i confini della fortezza Europa» per fare entrare tutti, sia veri profughi di guerra che migranti economici.

«Alarm phone vuole sostituirsi ai centri di soccorso riconosciuti dei singoli Stati» spiega a Panorama un alto ufficiale italiano da anni in prima linea contro il traffico di esseri umani via mare dalla Libia. «Non ho idea se sanno che a telefonare possono essere pure gli scafisti o i trafficanti, ma non rifiutano la chiamata di nessuno. E le autorità competenti dovrebbero scavare più a fondo». Nel 2018 il centralino ha risposto a 666 chiamate dai barconi. I 47 migranti di Sea Watch 3, la cui vicenda si è appena conclusa dopo aver scatenato un caso europeo, sono gli ultimi individuati in mezzo al mare grazie ad Alarm phone.

«Il 19 gennaio siamo stati allertati da un natante in difficoltà al largo della Libia» spiega un comunicato del centralino. «Dopo un po’ (i migranti) erano in grado di inviarci le coordinate Gps così siamo riusciti a localizzarli». Qualcuno a bordo del gommone doveva avere un telefono satellitare Thuraya, che di solito viene consegnato allo scafista. I telefonini non hanno campo a 30 miglia dalla costa. Quando finisce il credito del «Thuraya» è lo stesso centralino dei migranti a ricaricarlo on line. «Se al telefono ci fosse lo scafista sarebbe un reato» osserva la fonte di Panorama.

Nell’emergenza Sea Watch 3, Alarm phone ha pure attivato Moonbird un piccolo aereo di ricognizione dei Piloti umanitari svizzeri, che continuano a fare base a Malta. È stato il velivolo a indirizzare Sea Watch 3 al gommone dei 47 naufraghi per condurli verso l’Italia.

Sul sito del centralino si legge che quelli che rispondono alle chiamate sono in gran parte «volontari già attivi per anni in reti come Welcome Europe, Borderline Europe, Noborder Marocco e Watch The Med». La prima ha uno slogan che non lascia dubbi: «Libertà di movimento (…) per rifugiati e migranti che vengono in Europa». Borderline Europe che dice di sé: «Offre resistenza civile contro le politiche migratorie europee dal 2007». Alarm phone dà anche contatti per assistenza legale, sanitaria, economica ai nuovi arrivati in tutti i Paesi europei. In Italia si va dagli ambulatori di Emergency all’Associazione Interculturale Arci «Todo Cambia» di Milano fino ai Centri anti-razzismo. Il centralino, nato nel 2014, conta su un centinaio di attivisti che rispondono a un numero francese, ma in realtà sono collegati via Skype soprattutto dalla Germania, da altri Paesi e da Chicago.

All’inizio Alarm phone era una cosa sola con Whatch The Med, definita «organizzazione sorella». Il centralino ha preso spunto da personaggi del nostro paese come il sacerdote eritreo don Mussie Zerai, finito sotto indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dalla procura di Trapani e Nawal Soufi, soprannominata «Lady Sos», che si sono sempre vantati di avere aiutato via telefono migliaia di persone a sbarcare in Italia. Fra gli operatori che rispondono alle chiamate ad Alarm phone ci sono anche un afghano, un curdo, un eritreo e altri che sono arrivati via mare. I centralinisti sono guidati da Marion Bayerm, un’attivista di 38 anni, che vive ad Hanau, in Germania, e «ha preso parte fin da adolescente ai movimenti antirazzisti».

Gli attivisti al telefono giurano di sostenersi con donazioni private, ma «l’organizzazione sorella», Watch the Med, si è sviluppata grazie a una campagna fondi che ha coinvolto anche l’Arci in Italia.

Il 20 gennaio, l’ennesimo caso in cui Alarm phone è rimasta coinvolta: un gommone al largo della Libia, che sembrava dovesse affondare da un momento all’altro. In realtà, la foto scattata da un aereo militare della missione navale europea Sophia - e che pubblichiamo qui sopra - dimostra che il natante non stava «imbarcando acqua» come denunciato da Alarm phone. Il centralino dei migranti era in contatto con un satellitare Thuraya nella mani di un africano con un pesante giubbotto rosso, al timone del gommone. Il sospetto scafista è stato segnalato da Sophia alla polizia italiana.

Alla fine i 100 migranti a bordo sono stati riportati in Libia da un mercantile. «Non collaboriamo con i trafficanti» si è difeso Maurice Stierl, dalla Germania, a nome di Alarm phone. «Sul gommone non abbiamo parlato sempre con lo stesso uomo, ma anche con una donna e altre persone» spiega il portavoce e ricercatore dell’Università inglese di Warwick. Sul portale di Alarm phone, tuttavia, i trafficanti non vengono condannati in modo esplicito. Il centralino dei migranti puntualizza in che modo «si relaziona con i cosiddetti trafficanti di persone». Ecco che dà questa motivazione: «I trafficanti di esseri umani esistono solo a causa e fino a quando esistono regimi di frontiera che impediscono ai rifugiati e ai migranti di entrare legalmente nei Paesi e li costringe invece su rotte segrete, costose e pericolose». In pratica è colpa dell’Europa. Non a caso il numero di Alarm phone viene disseminato non solo in rete, ma con distribuzione di volantini anche in Africa e Turchia, punti di partenza dei gommoni.

E per il 2019 il centralino dei migranti è pronto a dare battaglia assieme alle navi delle Ong superstiti (da 12 del 2017 a tre). La nuova alleanza si chiamerà United4 Med e i tedeschi di Sea Watch hanno stilato un manifesto di lotta e di sbarchi: «La nostra è una chiamata all’azione per le città europee, i sindaci, i cittadini, le società, i movimenti, le organizzazioni e chiunque creda nella missione»
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Fausto Biloslavo