Nucleare, Iran e Mosca sempre più vicini
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Nucleare, Iran e Mosca sempre più vicini

L’intesa bilaterale per la costruzione di nuove centrali nucleari spiazza la comunità internazionale e pone il Cremlino in posizione di forza nei colloqui di Vienna

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Mentre sulla questione nucleare va in scena un altro giro di walzer tra le potenze mondiali del P5+1 - Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina - la Federazione Russa ha agito unilateralmente, siglando questa settimana un importante accordo bilaterale con l’Iran, Paese al centro di una querelle internazionale da quando le sue capacità di arricchimento dell’uranio sono notevolmente accresciute.

L’accordo, che ha sorpreso molti, cade a soli 12 giorni dalla scadenza imposta dai P5+1 per raggiungere un’intesa con la Repubblica Islamica volta a frenare definitivamente l'attività nucleare dell'Iran a scopo militare.

Secondo tale accordo, i tecnici di Mosca hanno il mandato per costruire fino a otto reattori nucleari in Iran, due dei quali saranno realizzati presso il sito di Bushehr, dove la Russia ha già contribuito alla costruzione di un impianto, operativo dal 2013, grazie alla Rosatom, la società nucleare statale russa. L’intesa prevede la fabbricazione di altri due reattori a Bushehr e altri quattro in una località non ancora comunicata.

Il programma nucleare iraniano
I principali siti nucleari iraniani sono Arak, Qom, Natanz, Isfahan e, appunto, Bushehr. Si stima che l’arricchimento dell’uranio - attività in grado di produrre sia combustibile nucleare che materiale fissile a scopo militare - abbia raggiunto uno stadio molto avanzato per molti di questi reattori, ma non ancora definitivo.

 Il programma nucleare di Teheran è noto sin dal 2002, quando venne denunciato da attivisti dell’opposizione interna e, da allora, si sono avute molte informazioni e altrettante frizioni diplomatiche sul programma, divenuto in breve un chiodo fisso del Mossad, il servizio segreto israeliano.

 Per evitare che oggi la comunità internazionale gridi allo scandalo, Mosca ha tenuto a precisare che le nuove costruzioni saranno monitorate dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA), alla quale saranno comunicate tutte le misure di salvaguardia poste in essere per impedire che tali opere, ad uso esclusivamente civile, possano costituire invece un nuovo passo in avanti di Teheran verso la proliferazione delle armi nucleari.

 I detrattori dell’accordo russo-iraniano (Stati Uniti e Israele, su tutti) temono che questo sistema consenta all’Iran di costruire nel proprio Paese parti delle barre di combustibile utilizzate per il reattore.

 Rosatom, tuttavia, ha precisato che Russia e Iran non ne hanno ancora discusso e che, in ogni caso, tale eventualità è all’ordine del giorno dei prossimi incontri che definiranno compiutamente le regole d’ingaggio.

Secondo fonti del New York Times, in Iran sarà prodotto solo lo zirconio, una lega metallica usata nei reattori nucleari come rivestimento delle barre di combustile, mentre la tecnologia e la produzione vera e propria di uranio resterebbero comunque in territorio russo.

Le reazioni internazionali
In ogni caso, Teheran è molto soddisfatta dell’accordo raggiunto con lo storico partner e questo rafforza e solidifica il “rapporto speciale” tra il governo degli Ayatollah e il Cremlino. Ali Akbar Salehi, ministro degli esteri iraniano e a capo del dossier nucleare, ha salutato l’intesa per la costruzione di nuovi reattori come “un punto di svolta nello sviluppo delle relazioni tra i nostri Paesi”.

Ancora non si conoscono le reazioni ufficiali degli altri Paesi del P5+1, ma certo la notizia non avrà fatto piacere né a Washington, principale avversario di Mosca (Paese con cui è ai ferri corti in ogni area geografica, dall’Ucraina al Sudest asiatico, dalla Siria all’Iraq), né soprattutto a Tel Aviv, principale avversario di Teheran e autore di numerosi sabotaggi del programma nucleare iraniano in passato.

Il rischio che la Repubblica Islamica si doti della bomba è concreto, ma non imminente. Ciò nonostante, questa possibilità ha minato per anni la strada del dialogo tra la Repubblica Islamica e le potenze occidentali, portando notoriamente all’embargo e alle pesanti sanzioni che hanno piegato l’economia iraniana e accresciuto il suo risentimento nei confronti dell’Occidente.

 L’incubo di un Iran nucleare, in ogni caso, tormenta anzitutto i Paesi mediorientali, anche in ragione della strada percorsa sin qui da Teheran sotto il presidente Mahmoud Ahmadinejad, la cui propaganda d’odio avvicinò Israele e Teheran al punto di non ritorno.

 A novembre scade il “big deal”
Da allora molto è cambiato per l’Iran, a cominciare dal nuovo presidente Hassan Rouhani, salutato come un moderato e tuttavia sempre più in ombra rispetto al vero leader, Ayatollah Ali Khamenei.

Le potenze mondiali, tra cui la Russia stessa, hanno progressivamente esercitato efficaci pressioni sull’Iran per frenare la sua attività e mai come oggi si è giunti vicino a un accordo che potrebbe allontanare per sempre la minaccia.

A partire dal gennaio di quest’anno, i P5+1 e l’Unione Europea hanno iniziato a sospendere parte delle sanzioni e aperto le porte al dialogo, istituendo i colloqui di Vienna che hanno stabilito una road map la cui conclusione è attesa alla fine di questo mese, il 24 novembre. Se tutto andrà come previsto, Teheran otterrà finalmente la revoca delle sanzioni.

Ma ancora non vi è nulla di certo. Se la scadenza di novembre 2014 dovesse slittare ancora, questo costituirebbe un fallimento che verrebbe letto come una rinuncia a qualsiasi intesa e la conferma del fatto che Teheran voglia davvero dotarsi della bomba.

Resta da vedere come i diplomatici del P5+1, che s’incontreranno la prossima settimana, reagiranno all’accordo appena raggiunto tra Iran e Russia. Una cosa è certa, Mosca ha segnato un altro punto in proprio favore e isolato le manovre di Washington per avvicinarsi a Teheran.

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Luciano Tirinnanzi