“Non si cancellano le province giocando a tombola”
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“Non si cancellano le province giocando a tombola”

Parla Fabio Melilli, presidente della Provincia di Rieti che sarà soppressa

Non accetta di essere considerato un conservatorista a tutti i costi, della serie “toglietemi tutto ma non la mia provincia”, ma contro chi ogni giorno tira fuori un numero diverso di province da sopprimere dice: “Attenzione, non stiamo giocando a tombola. In ballo c'è la presenza dello Stato nei territori”.

Parla l'ex numero uno dell'Upi, l'Unione delle province italiane e neo presidente del Consiglio della Autonomie locali Fabio Melilli, presidente della provincia di Rieti, una delle più piccole d'Italia destinata alla cancellazione visto che non rientra nei parametri  - minimo 350mila abitanti e 2.500 chilometri quadrati di superfice - per essere risparmiata. Senza contare i tagli per 39,4 milioni nel 2012 e 78,8 nel 2013 che le province del Lazio saranno costrette ad affrontare.

Presidente Melilli, lei proprio non si vuole arrendere e adesso minaccia anche di fare ricorso al Tar. Perché?

Guardi, io non sono mai stato per la difesa dell'esistente e anche come presidente dell'Upi ho sempre condiviso l'ipotesi di accorpamento. Dopodiché, immaginare che con un provvedimento tranchant, definendo due parametri, si possa risolvere il problema in un'Italia così diversa da luogo a luogo credo sia sbagliato. La Costituzione non consente alla legge di cambiare i confini di una provincia. L'articolo 133 prescrive che i confini si cambiano su iniziativa dei comuni.

Lei allora cosa propone?

Dal momento che le opzioni sono tanto diverse da regione a regione, avrei lasciato ai territori la facoltà di decidere del proprio destino.

Grazie a questa facoltà, però, in passato abbiamo visto nascere la provincia di Bat dalla volontà dei tre Comuni di Barletta, Andria e Trani di staccarsi da Bari. Non trova che sia rischioso?

Siccome tutti dicono che la crisi delle province è iniziata con il loro proliferare, mi chiedo perché dovrebbero pagarne il prezzo quelle dove ciò non è accaduto come nel Lazio. E poi mi lasci anche dire un'altra cosa, è diverso ricostituire la grande Novara, dalla quale hanno avuto origine province come Biella e Vercelli e accorpare territori profondamente diversi.

Il destino della provincia di Rieti quale sarà?

Essendo una delle più piccole d'Italia per numero d'abitanti, è evidente che se si prende questo come parametro è destinata a sparire o comunque ad essere accorpata. E visto che per una ventina di chilometri confina con quella di Viterbo, secondo il diktat di questa nuova regola, dovrebbe unirsi a quest'ultima. Ma qualcuno sa che per andare da Rieti a Viterbo si deve passare per Terni che sta in un'altra regione? Io non sono contrario per principio all'accorpamento, sono contrario ad accorpamenti innaturali.

E gli abitanti della sua provincia che dicono?

Credo che molte comunità locali non lo sopporterebbero. Vogliamo, per esempio, imporre ai cittadini di Amatrice, che sta a 20 km da Ascoli Piceno, di aver come provincia Viterbo che dista 180 km? Io sono sicuro che se sottoponessi la questione attraverso un referendum, molti abitanti della mia provincia sceglierebbero di essere accorpati all'Umbria, altri all'Abruzzo.

Ma non crede che per salvare il Paese i cittadini possano accettare anche questo “sacrificio”?

Nessuno sta facendo le barricate, chiediamo sono di giocare un ruolo più determinante nel ridisegno. Non è che la riforma del sistema istituzionale italiano la puoi fare come se stessi giocando a tombola. Bisogna essere seri e arrivare a un sistema che funziona, se poi in questo sistema la provincia di Rieti non esisterà più pazienza, non ne faremo una tragedia.

Ma secondo lei, che ne amministra una, queste province servono o non servono?

Io ho smesso di sprecare parole in difesa delle province perché ormai un po' tutti, dalle forze politiche ai mass media, ci hanno convinto che sono enti inutili. Ma io resto convinto che il tema vero non è quello di spostare il potere da un luogo all'altro ma come far funzionare la pubblica amministrazione. Bisogna comprendere che qui si sta riorganizzando la presenza dello Stato sul territorio: questure, prefetture, ragioneria generale, catasto. In questo modo 50 città italiane rimarrano senza più la presenza dello Stato sul territorio con tutte le conseguenze, anche economiche, che ne deriveranno. Voglio proprio vedere come la metterà il governo quando dovrà discutere con i sindacati del trasferimento di migliaia di dipendenti pubblici a 180 km di distanza.

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Claudia Daconto