Nassiryia, il gen. Scalas: "Le parole dell'On. Corda peggio del tritolo"
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Nassiryia, il gen. Scalas: "Le parole dell'On. Corda peggio del tritolo"

L'intervista al Gen. Scalas, addetto stampa del contingente italiano all'epoca dell'attentato. Il video-intervento - Le foto inedite - Il sondaggio - La rassegna stampa - Il commento

"Quelle parole sono state peggio del tritolo del camion kamikaze". Così il generale Gianfranco Scalas, 62 anni, commenta quella frase della deputata del M5S, Emanuela Corda, che a proposito della strage di Nassirya ieri ha detto: "Nessuno ricorda il giovane marocchino che si suicidò per portare a compimento quella strage: quando si parla di lui, se ne parla solo come di un assassino, e non anche come di una vittima, perché anch’egli fu vittima oltre che carnefice". Parole che oggi pesano come macigni su chi, come il generale Scalas, visse in prima persona quella giornata di sangue. Lui era l'addetto stampa del contingente italiano, si salvò, ma un mese dopo venne ricoverato nell'ospedale militare della stessa Nassirya: "Ero pieno di bile in corpo, per lo stress: alla fine crollai anche io". 

Generale, che effetto le hanno fatto le dichiarazioni dell'on. Corda?

Certo esistono vittime consapevoli e inconsapevoli, ma sono la stessa cosa, allora io non ho capito niente, non ho capito nulla nella vita. Si può cercare di cpaire le motivazioni che hanno spinto il kamikaze a quel gesto, ma quanto detto ieri dalla deputata è quanto di più sbagliato si potesse dire. Ieri er ail giorno sbagliato, il modo di esprimere il suo concetto è stato sbagliato. E' come quando si sentiva dire "10, 100, 1000 Nassirya". Quelle parole sono state peggio del tritolo del camion usato per l'attentato.

Si è riaperta una ferita?

Sì. Io ho sempre detto che al posto di quello slogan andrebbe detto "10,100, 1000 monumenti su Nassirya", e non perché ami particolarmente i monumenti, ma perché penso che tutti e in particolare i giovani debbano sapere cosa è successo e cosa può succedere. Ma non solo. Per molti il ricordo dell'attentato viene sollecitato solo dal fatto che una volta all'anno ci sono cerimonie di commemorazione. Sarebbe meglio invece non scordarlo negli altri 364 giorni, perché ritengo che quell'evento probabilmente non è ancora stato valutato per quello che ha significato.

In che senso?

Non mi riferisco alle vittime, perché i morti sono ormai in pace. Ma è importante non far mai mancare il rispetto ai vivi, ai superstiti e ai loro familiari.

Quello che è stato detto ieri, quindi, fa ancora più male?

Esatto, ma guardi che io non ce l'ho con i musulmani. Ho molti amici musulmani, sul mio profilo Facebook c'è una foto con uno sceicco iracheno, che venne a farci le condoglianze dopo l'attentato. Quella, secondo me, è l'immagine con cui si può cambiare il mondo, ragionare col dialogo. Ma senza perdere di vista la realtà. Non ce l'ho neppure con l'on. Corda, ma forse lei non ha vissuto quel momento.

Lei ora è in pensione?

Io sono in ausiliaria e vivo nella mia Campidano, ma a chi è impegnato anche oggi nelle missioni dico: fate questo lavoro con coscienza e con il giusto spirito. Io ho fatto molte missioni, la prima esattamente 20 anni fa, a Mogadiscio. Abbiamo dato da mangiare a 15-20 mila bambini. Lo spirito delle missioni, comunque le si chiami, è lo stesso: aiutare persone che ne hanno bisogno.

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Eleonora Lorusso