Napolitano ed i tre leader fuori dal palazzo - La nota
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Napolitano ed i tre leader fuori dal palazzo - La nota

Berlusconi, Renzi e Grillo sono i politici di riferimento dell'elettorato. E con loro il Quirinale deve fare i conti, anche se non sarà facile - Tutto sulla decadenza

Paradossale, ma quando si andrà di nuovo a votare Giorgio Napolitano probabilmente riceverà alle consultazioni tre leader fuori dal Parlamento: Silvio Berlusconi presidente di Forza Italia, Matteo Renzi prossimo segretario del Pd e Beppe Grillo capo del Movimento Cinquestelle.

La formula quirinalizia prevede che a salire al Colle siano le delegazioni parlamentari ma anche i leader dei partiti. I tre big della politica italiana insieme fanno allo stato attuale, stando ai sondaggi, quasi il 60 per cento. Ovvero, la grande maggioranza degli elettori. Senza tralasciare poi, che c’è un altro leader fuori dal parlamento di nome Massimo D’Alema, sceso nell’arena a Bari e avviato ormai a fare la vera opposizione al sindaco di Firenze. Dentro o fuori il partito. Se sarà scissione si vedrà.

L’immagine plastica più spettacolare della dicotomia tra la piazza e il Palazzo, l’ha data Silvio Berlusconi, mercoledì 27 novembre, con la mega manifestazione in Via del Plebiscito in contemporanea con le votazioni sulla sua decadenza da senatore a Palazzo Madama. Anche gli acerrimi detrattori una dote almeno gliela riconoscono: è il numero uno della comunicazione.

Il tre volte presidente del Consiglio è chiaro che resterà in campo. E di che tinta. In che forma e modi, si vedrà. Renzi ha fatto del territorio il suo ancoraggio contro le manovre di Largo del Nazareno, volte a rosolarlo a fuoco lento se lo sfidante Gianni Cuperlo, benedetto da «Max», raggiungerà almeno il 30 per cento. Ecco perché «Matteo» insiste: io da Palazzo Vecchio comunque non mi schiodo.

Beppe Grillo, il secondo Re, dopo il Cav, della piazza avrà un’autostrada di fronte, da percorrere a ritmo di vaffa-day in vista delle elezioni. Una mano ai tre big fuori dal parlamento, la dà il governo Letta-Alfano. Un governo tutto tasse e niente crescita. Niente veri tagli alla spesa pubblica, timidi se non inesistenti scatti d’orgoglio con la Germania che, con il suo surplus di esportazioni, ci sta stritolando. Questo è il quadro che ha di fronte il capo dello Stato.

Napolitano viene da quello che era un partito di massa, il Pci di lotta e di governo, riuscito a sconfinare anche nella borghesia. Ora «Re Giorgio secondo» rischia di trovarsi di fronte a un paese, per la maggioranza, di lotta. Questo purtroppo è anche il risultato del fallimento di quella legittimazione reciproca, tra centrodestra e centrosinistra, che Napolitano aveva messo al primo posto della sua agenda. Se non c’è stata, ora quasi dieci milioni di italiani, che vedono il loro voto decaduto insieme a Berlusconi, la colpa, giusto o sbagliato che sia, la danno anche a lui: il primo presidente della Repubblica italiana eletto per un secondo mandato. Il suo primo e più grande sostenitore fu proprio il senatore decaduto Berlusconi.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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