Napoli e le bugie di De Magistris
ANSA / ANGELO CARCONI
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Napoli e le bugie di De Magistris

Dai trasporti alla gestione dei rifiuti. Tutte le promesse (non mantenute) del Sindaco di Napoli

Chissà dove dorme ora Pulcinella. E dove riposano Arlecchino, Gianduia e Brighella. All’Edenlandia, la Disneyland di Napoli, hanno rubato tutto: la nave fantasma, Biancaneve e i sette nani, persino le rimanenze di caramelle. E, appunto, il teatro delle marionette. Il 9 marzo la Clear Leisure ha definitivamente rinunciato a gestire il parco giochi a causa del canone richiesto dalla proprietà. Ovvero: la Mostra d’oltremare, dove regna Andrea Rea, un fedelissimo di LdM, il sindaco Luigi «Giggino» De Magistris. Rea ora vorrebbe vendere ma il comune si è accorto che deve prima sanare due palazzi abusivi. Nel frattempo 60 dipendenti sono finiti in mobilità, compresi i tre guardiani notturni, lasciando campo libero agli sciacalli. «In questo posto, dal 1965, sono cresciuti i figli di Napoli. In un colpo solo sono morti i sogni dei bambini e i ricordi degli adulti» racconta Francesco Borrelli, commissario regionale dei Verdi, venuto qui a scaricare pacchi di cibo: nel parco c’è lo zoo e scarseggia pure il vitto per le bestie.

Babele Bagnoli La spiaggia cancerogena, la carcassa dell’Italsider, un miraggio chiamato bonifica. Tuttavia l’11 maggio 2012 Giggino fu chiaro: «Sono molto soddisfatto, a Bagnoli abbiamo intrapreso la strada giusta». È stato smentito l’11 aprile 2013. Secondo la Procura di Napoli, che ha sequestrato l’area, le bonifiche degli ultimi vent’anni avrebbero «aggravato l’inquinamento dei suoli», determinando «un pericolo ambientale con immensa capacità diffusiva che coinvolge l’integrità della salute». La procura ha pure chiesto «un nuovo progetto». Martedì 14 maggio De Magistris ha incontrato il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, chiedendo altri fondi per l’ennesima «strada giusta».

Ordinaria disattenzione Edenlandia è solo l’ultimo disastro dell’era LdM. Alla vigilia della sua proclamazione, il 30 maggio 2011, Giggino si presentò in piazza (bandana compresa) come il Masaniello che avrebbe scassato il regime precedente. Finora ha soltanto scassato ulteriormente Napoli. L’incendio doloso della Città della scienza (custodita meno bene di un condominio di periferia) e il crollo del palazzo di Chiaia (causato dai lavori per la metropolitana) hanno turbato il sonno del mondo su Napoli. Ma sono pur sempre eventi straordinari. In città al primo cittadino viene anzitutto imputato di avere promesso la rivoluzione ma di essere incapace di gestire persino l’ordinario. Votato insomma per scatenare l’apocalisse, il sindaco sta subendo il giudizio universale dal suo (ex) popolo.

Cose da pazzi Il 7 maggio l’intero web ha riso per il video che riprendeva un uomo nudo inseguito dai poliziotti in via Marina. Ma nel filmato c’è dell’altro. Basta osservare i ciclomotori alla destra del fuggitivo: i passeggeri circolano tranquilli, senza casco, davanti agli agenti. A Napoli, camorra a parte, l’illegalità spicciola è tornata una costante: comandano di nuovo balordi, contrabbandieri di sigarette, parcheggiatori e venditori abusivi. Fa nulla che uno dei tratti distintivi del Giggino candidato fosse proprio il suo annunciarsi come sindacosceriffo. La prima regola che impose, in un’ottica anticasta, fu l’uso di biciclette elettriche e mezzi pubblici al posto delle auto blu: applausi a scena aperta. Il sindaco continua però a girarci, in auto blu. Con un’aggravante: il vizio della sosta vietata. Una volta, il 20 febbraio, la macchina era parcheggiata così male da fare intasare Monte di Dio. Ma, per carità, accorsi gli addetti del carro attrezzi, non l’hanno toccata: ubi maior (il sindaco) minor cessat (il traffico). Denuncia Fabio Chiosi, presidente della municipalità di Chiaia: «Se l’auto fosse stata di un cittadino comune, in quanto tempo sarebbe stata rimossa?».

Cartoline da Scampia A Scampia il 13 maggio 2011 Giggino prese un impegno solenne: «Ho deciso di chiudere la mia campagna elettorale qui perché non devono esistere le periferie e Napoli deve essere una città unica. Ho visitato le Vele poiché convinto che Scampia possa e debba essere il punto di partenza per la nascita di una nuova stagione etico-politica della città». Eccola, la nuova stagione: altra munnezza. Non solo, il comune è inadempiente per 80 milioni di euro nei confronti delle associazioni di volontariato, costrette a chiudere o a ridimensionarsi. Accusano il sindaco di avere «abbandonato le periferie al loro infame destino». L’ultima protesta pubblica è del 12 aprile. Altre stanno per arrivare: è la rivolta dei giusti.

Strada facendo Va capito, Giggino. L’auto blu è diventato l’unico modo per muoversi liberamente in città. La «pista ciclabile più lunga d’Europa» è un’esperienza da circense: il percorso è continuamente interrotto da incroci, buche, muri e scooter in sosta selvaggia. Né sono stati potenziati i mezzi pubblici, anzi. Accusa Alfonso Tricinelli, segretario Faisa-Cisal: «In circolazione ci sono 200 autobus sui 576 previsti. Mancano i pezzi di ricambio e gli autisti vanno al lavoro senza avere un mezzo da guidare». Il 30 gennaio gli autobus rimasero addirittura fermi, erano finiti i soldi per la benzina. Ciononostante, De Magistris ha istituito otto zone a traffico limitato in una metropoli già caotica, fomentando un traffico asiatico. L’impatto è stato avvilente anche per il commercio di molte zone. Per reazione, il 10 aprile i negozianti hanno optato per la serrata generale, corteo e scontri compresi. Il 6 maggio LdM ha sospeso almeno la Ztl del Mare, ma persiste l’altro dramma che presentano le strade partenopee: le buche nell’asfalto. Al punto che il 3 maggio sindaco e assessore alla Mobilità (Anna Donati) sono stati raggiunti da un avviso di garanzia per attentato alla sicurezza stradale e omissione di atti d’ufficio. «Cosa avrei dovuto fare?» ha replicato De Magistris. Riparare le strade, per esempio.

Diversamente munnezza «Entro un anno porterò la raccolta differenziata al 70 per cento». La conseguenza? «Niente Tarsu, ma una tassa che farà pagare di meno ai virtuosi». Correva il 16 giugno 2011. Le migliori intenzioni sono crollate davanti alla realtà. L’Asia, la municipalizzata dei rifiuti, costa cara e non decolla (fra l’altro, l’ex presidente, Raphael Rossi, è stato destituito perché si oppose all’assunzione politica di 23 persone), la vera differenziata la fanno i rom che rovistano nei cassonetti in cerca di avanzi. L’ultimo dato lo ha fornito il 26 marzo 2013 il vicesindaco Tommaso Sodano: «La raccolta è al 26,5 per cento». La beffa è che Napoli «ha la Tarsu più cara d’Italia» certifica il centro studi della Uil. E con la Tares (in attesa di vedere che ne sarà), dal 1° luglio, sarebbe stato peggio: 507 euro annui per famiglia. Peraltro, se il centro città è relativamente pulito, le periferie soffocano nei miasmi.

Varie ed eventuali Il 29 dicembre 2012 Napoli è rimasta al buio: un blackout di 36 ore ha oscurato le luci pubbliche (non quelle private). Fra le proposte di LdM, c’è quella di istituire un quartiere a luci rosse «modello Amsterdam». Giggino ha pure dato per scontato le visite a Napoli di Barack Obama e Al Pacino («Ciao Al» salutava su Youtube «ti aspettiamo»): nessuno dei due se l’è mai filato. La «società calcio Napoli» attende da mesi una parola definitiva sul futuro dello stadio San Paolo, ma non riesce a ottenerla. Nel frattempo l’Unesco, per bocca di Francesco Bandarin, ha lamentato «lo stato deplorevole in cui versa il centro storico di Napoli». Al Forum internazionale delle culture, in programma per luglio, «mancano 16 milioni, sede operativa e la struttura funzionale» (parola di Alessandro Puca, commissario straordinario del Forum). Pietro Russo, presidente della Confcommercio, denuncia invece che «a Napoli l’abusivismo mette a rischio la sopravvivenza delle imprese e dei posti di lavoro».

Certo, a Napoli la disoccupazione è una piaga. Non per la cugina di LdM, assunta nello staff dell’assessorato allo Sport. Il fratello del sindaco è invece consulente gratuito del sindaco, stipendiato dall’Italia dei valori, il partito del sindaco. E pensare che De Magistris teorizzava la gestione del bene comune su un modello pregrillino: la cosiddetta democrazia partecipativa. Poi, però, ha accentrato su di sé (e sul fratello) tutto il potere, cacciando dalla giunta gli assessori scomodi: in un anno e mezzo ne ha già sostituiti otto. Il risultato è che i napoletani non sopportano più il loro primo cittadino. Gliel’hanno urlato in faccia e nelle urne. De Magistris è entrato da socio fondatore nella Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, che a Napoli ha ottenuto, tutto compreso (dall’Idv a Prc), il 3,1 per cento. Alle amministrative del 2011 Giggino superò il 65 per cento al ballottaggio e il 35 al primo turno.

Mollato Ingroia, il sindaco ha ricominciato a inveire contro camorra, governo nazionale, salotti buoni e persino settori della magistratura, tutti soggetti attivi di un presunto complotto controrivoluzionario. Ma è un teorema non credibile e il sindaco lo sa bene. Spera infatti di salvarsi dalla decapitazione politica (a Masaniello toccò quella materiale) con l’ennesimo rimpasto della sua giunta. Stavolta, però, dopo un accordo di legislatura con i capataz del Partito democratico. Gli stessi contro i quali, due anni fa, aveva scatenato l’apocalisse. È il destino dei poveri cristi.

(Ha collaborato Luca Fabiani)

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Carlo Puca