Sound City, la recensione del disco capolavoro di Dave Grohl
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Sound City, la recensione del disco capolavoro di Dave Grohl

L'ex batterista dei Nirvana celebra la chiusura dello studio dove è stato inciso Nevermind

A volte ti chiedi quante persone abbiano il numero di telefono di Dave Grohl. L'ex batterista dei Nirvana e frontman dei Foo Fighters è ormai una versione rock del mito di Re Mida: chiudono i Sound City Studios, dove è stato registrato di tutto (da After the gold rush di Neil Young ad Unchained di Johnny Cash, da Nevermind dei Nirvana al primo album dei Rage against the machine) e Dave Grohl si compra il mixer e celebra l'occasione con un album e un documentario.

In molti della festa son parte. Come non rispondere all'adunata di uno che in vent'anni ha riempito arene, ha consegnato premi su qualunque palco e ha suonato e inciso con qualunque nome della Rock and Roll Hall of Fame . Alla colonna sonora hanno collaborato Trent Reznor, Josh Homme, punkster sessantenni come Stevie Nicks, il cantante degli Slipknot Corey Taylor. Paul McCartney ha suonato con quel che resta dei Nirvana, trovando il punto esatto dove Helter Skelter dei Beatles incontra il grunge.

Di solito occasioni come questa si perdono in una carrellata celebrativa, alla Pavarotti and friends. Non questa volta. Nell'era delle canzoni carine e un poco di plastica, il suono spontaneo e un filo ignorante di Sound City: Real to Reel ricorda a tutti la dote per cui ci mancano i Nirvana e ascoltiamo Dave Grohl e non Marco Carta: la credibilità.

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Marco Pedersini

Giornalista. Si occupa di esteri. Talvolta di musica. 

Journalist. Based in Milan. Reporting on foreign affairs (and music, too). 

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