Max Pezzali, l'autobiografia
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Musica

Max Pezzali, l'autobiografia

La storia raccontata con gli occhi del musicista nel libro I cowboy non mollano mai

Il mondo visto da Max Pezzali comincia a Pavia, nei ricordi di quando era un bambino, tra la fine della scuola materna e l'inizio delle elementari. Tutte le sue visioni, le sensazioni e la sua ricerca personale di trovare un pianeta su cui vivere bene, all'interno del detestato microcosmo pavese, convergono in I cowboy non mollano mai. La mia storia, uscito per Isbn edizioni. Una biografia divertente sulla sua vita, la sua storia di musicista e quell'epoca, gli anni 70, che pare appartenere a ere tanto lontane quanto quelle archeologiche.

Tre momenti dal suo libro.

Gli adulti - Già alle elementari prendevo l’autobus da solo. Andavo e tornavo da scuola con l’autobus. Ci pensate? Oggi sarebbe impossibile, non manderei mai mio figlio di sei anni in autobus da solo, ma all’epoca era una cosa del tutto normale. (...) In quegli anni, per prendere l’autobus bastava essere abbastanza alti da arrivare alla gettoniera per fare i biglietti. Ti spiegavano dov’era la fermata e via, eri pronto. All’epoca i genitori erano più sportivi, o forse solo più fatalisti. Fumavano in macchina con un dito di finestrino abbassato perché sennò entra il freddo. Tu stavi dietro e dormivi, rigorosamente senza seggiolino. A volte ti abbandonavano, andavano al ristorante con gli amici e come massimo gesto di magnanimità ti mettevano in macchina, sempre a dormire, sempre sul sedile posteriore. In generale, i grossi pericoli della vita te li spiegavano, ma da lì in poi erano cazzi tuoi: una specie di selezione naturale.

I giochi - Parlando di giocattoli, quello in cui mi trovavo a crescere era il terrificante mondo dei Big Jim. Il mio preferito era Big Jim cowboy. L’iconografia del western era ancora molto presente in quegli anni, anche perché i film che passavano in tv non erano quelli appena usciti nelle sale, che avrebbero trasmesso solo otto, nove anni dopo. (...) Tutti i personaggi del mondo del West avevano il corrispettivo Big Jim: c’era Geronimo, sempre in versione macho gay; c’era Dakota Joe, una specie di trapper con la giacca scamosciata e le frange. Anche se per maschi, erano pur sempre bambole, e quindi avevano i costumi di ricambio. (...) Insomma, quello dei Big Jim era un mondo di tizi muscolosi e molto gay che si divertivano e svolgevano tante belle attività tutti insieme. (...) In pratica erano i Village People, ma all’epoca nessuno sembrava accorgersene.

La musica - Erano gli anni dell’Eurofest ival e i miei genitori mi regalarono il 45 giri di Sos degli Abba. Lo sentivo nel mangiadischi. Eravamo ancora nella fase mangiadischi, e i 45 giri erano perfetti. Anzi, erano gli unici che ci entravano. Il primo disco che comprai da solo, invece, fu in realtà una cassetta, ed era Back in Black degli AC/DC. In autobus avevo incontrato un tizio che conoscevo, un vicino di casa molto più grande di me. Diceva: «Cioè… questi, questi sì che sono forti», e aveva in mano l’lp. Io l’ho comprato in cassetta perché non avevo ancora lo stereo, che sarebbe arrivato in casa mia solo un anno dopo. Ma quella per la musica non era ancora una passione consapevole. Forse la vera consapevolezza arrivò quando capii che la musica poteva rispondere al mio bisogno di dissociarmi dalle persone che non mi piacevano.

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Micol De Pas