Malika Ayane, l'intervista per Ricreazione, il nuovo album: "Rilassiamoci"
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Malika Ayane, l'intervista per Ricreazione, il nuovo album: "Rilassiamoci"

È il secondo album più venduto in Italia nella settimana di debutto. Per festeggiare, ci racconta i suoi "Grovigli", tra canzoni nel fagotto e l'indipendenza ostentata degli sfigati. Musica e vita professionale in un dialogo d'amore

Per presentare "Ricreazione" ci siamo rivolti direttamente a Malika Ayane. Risultato? La chiacchierata è stata così lunga e ricca di temi che non vale la pena nemmeno di fare presentazioni. Le sue parole parlano da sole: noi abbiamo solo ascoltato, annuito e sorriso.

Quello che leggerete non è un'intervista e nemmeno un dialogo senza domande.

Ma un viaggio di mezz'ora in luogo parallelo, dove le prospettive sono diverse, dove si parla di musica in modo tecnico e interessante, dove l'ansia del numero di copie vendute sparisce. Dove c'è l'entusiasmo per le piccole cose.

È stato come quando fai la collezione di figurine e trovi dopo tanto tempo quella più rara. Circondata da una magia che non si può toccare, ma c'è. Provateci il contrario.

Come si fa un album di qualità in tempi di crisi?
"L'unica cosa su cui possiamo contare oggi è la fiducia in quello che abbiamo. I valori interpersonali, l'onestà, non tradire i fidanzati. Dobbiamo aspettarci che tutti diano il massimo impegno nelle cose che facciamo. Non ci si può più comportare in maniera superficiale. Che possa vendere questo disco, che la gente si ricordi ancora di me, è secondario. Siamo nell'era storica dell'assoluto crollo delle certezze,  siamo sull'orlo del precipizio e io in tutta risposta devo poter fare del mio meglio".

Colpisce molto la cura particolare nelle melodie.
"Tutto nasce dall'esperienza del tour. Ho fissato un gruppo definitivo che lavora con me, cosa molto differente dall'avere dei turnisti che chiami solo per un disco e che fanno una buona incisione. Abbiamo fatto una ricerca sul suono che fosse il più possibile mio. Per esempio, mi piacciono solo tre bassi, non amo più le chitarre distorte, non mi piacciono gli effetti. Una volta selezionati i timbri di mio gusto con una scrittura che obbliga ad avere pause, respiri e fraseggi alternati, ho fatto poi una ricerca di stile".

Che tipo di ricerca ha fatto?
"Mi sono avvicinata tanto ai gruppi californiani come i Love, pensando a questo album come se fossi in una band. Sembrano tracce apparentemente non compatibili, ma è solo un'illusione sonora. Ho lavorato facendo dei passi per avere una sequenza studiata in modo tale che la canzone precedente entrasse in quella successiva. L'unica eccezione in questo è 'Glamour', perché quello è un lavoro di Paolo Conte".

In che arco di tempo ha scritto il disco?
"È stato come un fagotto portato in giro come quelli che si vedono nei cartoni animati. L'album è stato registrato nel novembre del 2011, dopo una settimana di prove a ottobre dello stesso anno. Ma la scrittura è partita subito dopo Sanremo 2010. L'ho missato questa primavera. Volevo che uscisse come in un concerto, ognuno nella sua scatoletta ma in studio contemporaneamente. In questo modo è come dirigere un'orchestra. Il risultato è una sorta di wafer musicale, molto preciso e compatto".

Sembra tutto studiato nei dettagli.
In realtà, il grosso del lavoro di missaggio è stato togliere gli effetti dell'ingegnere del suono. Riportare le tracce alla pulizia totale, per dovere di semplicità. Lui ha fatto un lavoro fantastico, prendendo tre canali per ogni strumento in fase di ripresa, ma nei giorni in cui ero assente aveva poi mal interpretato le mie esigenze, così abbiamo ripulito tutto quello che toglieva originalità al timbro. Sembra banale, ma sono aspetti importanti. È come lavorare con un coro. Perché ogni strumento, ogni modello di strumento, canta a suo modo. Tutte le voci diventano strumento e ogni strumento diventa una voce".

Qual era l'obiettivo finale?
"Avere un disco che dal vivo si possa riprodurre allo stesso modo. La difficoltà sarà trovare fiati che possano suonare con noi o dover portare in giro le scatole delle sequenze. I primi due dischi, nella resa poi live, avevano qualcosa di diverso, di maggiormente umano che mi convinceva di più. E questo l'ho riportato oggi nell'incisione. Bisogna avere anche molta testa in certe fasi di lavoro".

"Al terzo disco bisogna dimostrare qualcosa", ha dichiarato. Ma cosa, di preciso?
"Bisogna dimostrare di essere legittimati a stare da questo mercato. È una dimostrazione di merito, è come dare gli esami tra i corsi di studio. Il primo anno sei un'emergente e dici 'uh, che bello!', il secondo è 'si è brava davvero'. Adesso che la gente sa che so cantare, quello che c'è da dimostrare oggi è che è tutto vero. È come aprire un ristorante, non ne voglio aprire una catena. Non voglio conquistare il mondo. Voglio uscire dall'ansia che domani ti chiudono tutto perché apre un cinese al can you eat. Avere qualche certezza in più. Ogni volta si ricomincia da capo, ma al terzo disco spero di poter mettere una bella insegna di fronte a questo ristorante".

Sono aspettative importanti.
"Mi auguro che in questo album ognuno possa trovare qualcosa di sè. A questo servono le canzoni. Le mie ambizioni personali si riassumono nella volontà di continuare a fare dischi nella più piena libertà, con la stessa attuale fiducia dei miei discografici.

Il singolo "Tre cose" arriva nel bel mezzo dell'estate, gli ascolti musicali sembravano già tutti decisi.
"Fosse stato per me avrei addirittura aspettato ancora, forse non avrei nemmeno lasciato un singolo. Se mi mettessi a fare i calcoli di marketing saremmo tutti rovinati. Mi sono liberata da qualsiasi cliché, questo sì, anche quello di uscire al momento considerato "giusto".

Spieghi meglio.
"Malika è quella che sa usare bene la voce? Bene, allora faccio un brano come "Tre cose", un brano semplice. Contro lo spauracchio delle major in crisi, reagisco riportando tutto a un livello di serenità. È il pubblico che lo vuole, al pubblico non interessa tutto il resto. Alla fine facciamo intrattenimento, come tanti ho studiato per fare quello che mi piace e non c'è nobiltà più di quanto non ne abbia la sorella della mia amica che studia criminologia. Rilassiamoci".

Un invito che farebbe bene a tutto il mercato musicale, no?
"Il divismo è finito da un pezzo. Poi si instaura questo meccanismo un po' malato per cui non si capisce se è colpa di chi fa divismo o di chi invece lo ricerca negli altri a tutti i costi o piuttosto di chi lo tiene vivo solo per poterlo massacrare".

Tema: l'amore in tempo di crisi secondo Malika.
"Avere al giorno d'oggi qualcuno che ti sopporta è davvero importante. L'amore è la forza più grande che esiste al mondo, e non ce ne dobbiamo mai dimenticare. L'amore secondo me è sedersi a casa a fine di una lunga giornata e pensare che è la cosa più piacevole che ti possa capitare. È riconoscersi, avere pace, consapevolezza che un luogo anche fisico, ti appartiene. Avere un rapporto empatico con la persona che ti sta accanto, non darla mai per scontata. L'amore è come un'estensione di se stessi".

E questo lo ritrova nella Milano dei sentimenti a volte abbozzati?
"Sarò fortunata, mi circondo di persone giuste. E mi rendo conto che oggi più che mai non c'è più voglia di cazzeggiare per fare gli indipendenti. Oggi, volendo, si può fare tutto. L'autonomia è l'unica cosa che abbiamo, se dietro c'è impegno e volontà. Quindi ostentare indipendenza, anche nella vita privata, è un po' da sfigati. Le persone che decidono di passare la vita da soli, non ostentano così tanto la loro condizione. Lo sono e basta. Io vedo nella gente una voglia di essere se stessi, con meno propensione al fingere di essere qualcuno. Ma ammetto che esco anche poco. Vado giusto al cinema. Sono talmente poltrona a volte che ci ho messo un anno a traslocare, per dire, potrei sbagliarmi".

Il videoclip di "Tre cose" è molto particolare.
L'abbiamo pensato con Federico Brugia, mio marito. Volevamo fare una cosa semplice, siamo partiti da "La donna è donna" di Jean-Luc Godard e sostanzialmente abbiamo cercato di giocare riprendendo alcune scene. Ora dopo ora è arrivato il degenero. L'abbiamo girato in un appartamento di Milano che abbiamo saputo essere anche una galleria d'arte. Un posto stupendo, dietro il conservatorio. Ci siamo detti, divertiamoci".

Cosa è importante per lei adesso?
"Per me la vita è come andare a scuola. Hai dieci materie e devi fare il possibile per mantenere il massimo dell'equilibrio perché tutto sia sufficiente. Se manca una cosa o una di queste viene gestita male, le altre ne subiscono le conseguenze. Voglio vivere con serenità e salute l'Abicì del quotidiano".

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Alessandro Alicandri