Lady Gaga, "Born This Way Ball Tour": fine dei giochi. Germanotta, hai vinto tu
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Lady Gaga, "Born This Way Ball Tour": fine dei giochi. Germanotta, hai vinto tu

2 ottobre 2012, Mediolanum Forum di Assago. 90 minuti di musica dal vivo, uno spettacolo di magia. Nell'eterna lotta tra le "regine" del pop, lei sta vivendo la sua favola da grande principessa. Con il suo libro e la sua (grande) storia

Lady Gaga, ascoltaci. Noi giornalisti (e critici volendo, quando serve) cosa siamo venuti a fare dentro quell'inferno? Il "Born This Way Ball Tour", nella data del 2 ottobre a Milano, è stata assoluta perfezione. Non abbiamo nessuna pietra da scagliare. Ci hai disarmati, maledetta.

Nel momento storico in cui si gareggia per avere il live più tecnologico, tu su quel palco metti un pesantissimo castello medioevale. Nell'epoca in cui i grandi tour sembrano solo brutte repliche, tu stravolgi tutto quello che immaginavamo e ci tieni incollati alle sedie (si fa per dire) per due ore e mezza raccontando tutto quello che ti passa per la testa, storia della tua intera famiglia compresa.

Hai stravolto ancora una volta le regole del gioco, proponendo ricchezza, solidità ma non finzione.

Ad un certo punto non sapevamo più se stavamo vedendo un concerto o qualcosa di completamente diverso. Uno spettacolo di magia, forse? Provocazioni, sperimentazione, tutto si mescolava riportando quel marasma di magnificenza alla più umana realtà.

Non prima di averla vista cavalcare un cavallo robot, partorire se stessa, diventare la carrozzeria di una moto e ballare con una maschera che nemmeno il più macabro dei film horror è stato ancora capace di pensare.

Il contatto con il pubblico, quella cosa che il divismo dei tempi d'oro ha definitivamente ucciso, non è stato solo il compitino segnalato in scaletta, ma un momento lungo, enorme anzi, nel quale ha parlato lentamente, con parole chiare, per farsi capire dal pubblico e esprimere tutto il suo amore per l'Italia e il suo intimo interesse per l'uguaglianza, i diritti (omosessuali, anche) e contro ogni tipo di censura (ricordando la vicenda di Manila, nelle Filippine, dove è stata oggetto di proteste preventive sul suo concerto).

Per qualcuno sarà pure ruffiana, ma quella donna ha scartato tavolette di cioccolata regalate dal pubblico, indossato magliette, baciato bandiere, stretto a se cuori, baciato sulle labbra una sua fan, preso per mano mano i Little Monster più meritevoli, saliti sul palco al suo fianco sul finale. Durante "Hair", si è interrotta dieci volte perché il pubblico le urlava frasi d'amore.

Quattordici cambi d'abito, luci imponenti e un investimento di risorse incredibile. È la nuova numero uno del pop e nonostante tutto saltella su e giù per il palco come una bambina di quattro anni che esce sul cortile all'intervallo dell'asilo. "Sapete perché ho fatto tutto questo? Per poter indossare degli abiti come questo!". Non le si può dare torto, ogni parola è giusta, al momento giusto, appropriata alla sua età. Sta vivendo il suo sogno, ma non fa la umile. Lo è.

Nell'eterna lotta su chi sia la regina assoluta del pop, lei ha portato a casa un risultato: dimostrare di essere una principessa che vive la sua favola in un mondo perfetto fatto di tacchi alti, tessuti che brillano, parrucche e giravolte. Di principesse ne esistono un milione, ma lei ora è troppo occupata a scrivere la sua storia, non può pensare a quella delle altre (tra le quali si nasconde almeno una Grimilde). Non ne ha proprio bisogno.

Il resto ormai è storia: coreografie originali che incentivano la partecipazione del pubblico, una voce che diventava imperfetta solo per dovere di umanità, una scaletta fatta quasi solo da hit, con un'attenzione speciale ai brani di "Born This Way" più belli (ma forse un po' difficili per il grande pubblico) come "Scheibe" e "Americano", due chicche da collezione.

Cosa ci facevamo noi allora, e cosa ci facevano lì Simona Ventura, Gianna Nannini, Emma Marrone, Emis Killa, Virginio Simonelli, Nicola Savino e molti altri vip nella zona di accoglienza dedicata? Avevano qualcosa da imparare, erano a bocca aperta, eccitati, sorridenti, coinvolti e intimamente inermi. Mettere entusiasmo in ogni singolo momento quando ci si trova in cima al mondo, è quasi un miracolo.

L'immagine finale, quella di Lady Gaga che nei bis canta "The Edge of Glory" quasi senza strumentazione, coperta da un kimono Versace e in cima a una torre, ha reso chiaro un concetto: se togli tutte quelle sovrastrutture e quegli eccessi, gli abiti (bellissimi) e la scenografia, le provocazioni e i ballerini sexy, le coreografie e le luci, la band e i coristi, rimane il suo talento. Che basta e avanza.

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Alessandro Alicandri