Il ritorno dei Menhir, incontro tra generazioni di rap sardo
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Il ritorno dei Menhir, incontro tra generazioni di rap sardo

I pionieri dell'hip hop in Sardegna sono usciti con il nuovo disco "Abissi" prodotto da Machete Empire. L'intervista a Kappa e Momak

I Menhir sono tornati. Il gruppo rap sardo nato a Nuoro a metà degli anni '80 ha presentato "Abissi", nuovo album che arriva otto anni dopo l'ultimo progetto. Ad investire su di loro è stata Machete Empire, la label nata dal collettivo di Salmo, El Raton, dj Slait ed En?gma, l'ultima generazione di successo del rap sardo che ha scalato le classifiche italiane. La nuova scuola che sostiene la vecchia, i pionieri del rap sardo che uniscono le forze con l'impero nato dal successo di Salmo. Abbiamo intervistato Momak e Kappa parlando di passato, presente e futuro, ecco come è andata: 

Una giornata con la Machete Crew

Abissi rappresenta un incontro tra due generazioni. Che rapporto avete con i ragazzi della Machete e da quanto vi conoscete?

Abbiamo un rapporto di amicizia che nasce sempre in ambito musicale, ancor prima che prendesse forma la Machete. Noi facevamo i nostri live in Sardegna e capitava spesso che venissero a sentirci, cosi come in più di un occasione abbiamo suonato negli stessi eventi con alcuni di loro, che facevano parte di un bel progetto musicale di nome “Scasico”, ma questi sono solo alcuni dei tanti esempi che possiamo fare per dire che in sostanza ci conosciamo da diversi anni.  

Come è nata la collaborazione con la Machete Empire records?

In modo molto spontaneo e naturale, niente di pianificato o in qualche modo legato solamente a un discorso discografico. Quando abbiamo deciso di collaborare insieme, l’album “Abissi” era quasi chiuso, e loro ci hanno offerto la massima disponibilità per aiutarci professionalmente a valorizzare e diffondere la nostra musica arrivando a un pubblico più vasto, mettendoci a disposizione i mezzi e i canali della Machete. Una grande possibilità della quale siamo e saremo sempre molto riconoscenti.   

Come è cambiata dagli anni '90 a oggi la scena sarda?

Non molto diversamente da come può essere cambiata quella italiana: ci sono attivisti che hanno ancora la consapevolezza e la volontà di utilizzare l’hip hop come un mezzo per valorizzare, consolidare ed evolvere le quattro arti che lo costituiscono, per aggregare e unire le persone, diffondere cultura, promuovere l’impegno sociale ecc. e poi c'è chi, invece, non ha capito bene cosa sia in realtà (e talvolta non ha nemmeno la volontà di farlo) e rende più difficili tutte le altre cose positive che ho elencato.   

Secondo voi chi avrebbe meritato più visibilità nella scena sarda?

Quelli che fino a oggi non hanno mai mollato.


Fattore Salmo, l'intervista dopo un live

Dagli anni '90 a oggi l'hip hop in Italia è esploso. Cosa vi manca degli inizi e cosa non sopportate della situazione attuale del vostro genere?

Manca sicuramente la continuità nello scambio di esperienze che c’era prima tra i b-boys, i writer, i dj e gli Mc. La parola jam è, nella maggior parte dei casi, sostituita dal termine “contest”, il che significa che ognuna delle quattro discipline che ho elencato è spesso isolata dalle altre. Con questo non voglio dire che non debbano esserci dei contest di sola breakdance, di rap o writing ecc. ma un po' più di jam farebbero bene per non perdere mai la vera essenza di questa cultura. Inoltre servirebbe a fare maggiore chiarezza su ciò che è hip hop e ciò che non lo è. Abbiamo delle risorse umane di altissimo profilo qualitativo che possono veramente aiutare in questo senso: Nextone è l’esempio lampante! Ha scritto la storia dell’hip hop a livello mondiale e ha una conoscenza profonda delle quattro discipline, ci sono in sostanza tutti i presupposti per crescere tanto ed essere al passo col resto del mondo. Meno egoismo e più disponibilità verso gli altri sarebbe un grande esempio di amore verso l’hip hop!

C'è un ritorno massiccio del dissing, lo ritenete unicamente un modo di fare promo oppure credete sia uno strumento indispensabile per l'espressione nel rap?

Il dissing è il risultato di una serie di dinamiche che portano due rapper a confrontarsi attraverso le rime in un testo scritto, non credo che sia indispensabile ma è un aspetto del rap. Il fatto è che molti lo utilizzano a sproposito, e cioè in alcuni casi per promuovere se stessi prendendo di mira un rapper che magari ha più visibilità. In questa maniera se il pesce abbocca, quindi l’interessato risponde, regala automaticamente visibilità all’altro. In altri casi perché fondamentalmente c’è povertà di argomenti e allora si cerca in qualche modo di acquisire consensi prendendo di mira qualcun altro. Per come la vediamo noi bisogna dare priorità ad altre cose che in questo momento storico hanno maggiore importanza: sprecare il tempo e gli spazi per fare guerre verbali contro altri, fini a se stesse, non ha molto senso. Il dissing è una risposta a una provocazione e non qualcosa che bisogna fare per forza anche quando non ci sono i presupposti.     

Quali sono state le reazioni del pubblico dopo l'uscita di Abissi? Siete soddisfatti?

Una reazione più che positiva: tanti consensi e pareri positivi, la gente non è rimasta delusa dalle aspettative perché Abissi è un disco che conserva tutte le caratteristiche dei Menhir… siamo rimasti noi stessi e lo rimarremo sempre!

In questo momento di sovraesposizione del rap italiano cosa vi infastidisce di più e cosa invece vi stimola a continuare?

Più che infastidire, ci dispiace il fatto che il rap venga utilizzato e promosso come tale anche quando non ha niente a che vedere col rap stesso... viene ridicolizzato nei format televisivi e privato della sua carica primordiale, decontestualizzato e reso “innocuo”, se così si può dire, per mettere in piedi teatrini adatti al pubblico da divano e pop corn, e molti personaggi che in un passato non troppo lontano si definivano veri, sono diventati invece un supporto e una risorsa disposta a tenere in piedi questa giostra, danneggiando l’hip hop e deviando i più giovani verso valori che sono solo nocivi. Anche questo ci stimola a continuare, perché vogliamo salvaguardare ciò in cui abbiamo sempre creduto e, come noi, tanti attivisti che continuano a crederci!

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Matteo Politanò