Eugenio Finardi: il ritorno di un gigante
Chiara Mirelli - Universal
Musica

Eugenio Finardi: il ritorno di un gigante

Dopo una lunga assenza, riappare alla ribalta con Fibrillante uno dei protagonisti più talentuosi e carismatici della musica italiana.

Non è solo un'uscita discografica, è un evento. Dal 28 gennaio è nei negozi Fibrillante, il nuovo album di inediti di Eugenio Finardi, un gigante della musica italiana che da una quindicina d'anni aveva deciso di interrompere la sua carriera «tradizionale» di cantautore per dedicarsi a progetti musicali paralleli (di cui parleremo dopo). Diciamo subito che si tratta di un disco bellissimo, influenzato certamente dalla straripante personalità dell'interprete, ma anche da contenuti molto forti, da un suono convincente e per niente datato e, soprattutto, da una voce meravigliosa che, dal 1974 (anno dei primi grandi successi) a oggi, non ha perso nulla del suo calore.

È anche un disco politico, nella migliore accezione del termine: una presa di posizione inequivocabile a favore di chi soffre e si sente abbandonato da una società che ha perso di vista i bisogni delle persone e il loro diritto a salvaguardare la propria dignità, dando per scontare furberie, ingiustizie e disuguaglianze. Un atto d'accusa a volte rabbioso, a volte struggente ma sempre scandito a testa alta, senza ambiguità né compromessi. Ecco perché, a prescindere dai gusti musicali e dalle opinioni politiche, quello che maggiormente colpisce e (nel caso di chi scrive) galvanizza non è solo la qualità del progetto (chi poteva dubitarne?), ma il fatto di potersi nuovamente confrontare con un'artista che per sua fortuna non ha bisogno di scegliere tra talento musicale, carisma e coscienza civile, perché li possiede tutti e tre in quantità industriale.

 

Eugenio, finalmente un album di inediti! Sembrava che l'attesa dei suoi fan non dovesse finire mai...

«Ma io in realtà non sono mai andato via: ho seguito, questo sì, progetti diversi rispetto all'attività classica del cantautore. Ho studiato il fado portoghese, rivisitato il blues e l'opera del grande artista russo Vladimir Vysotsky».

Già, ma perché ha smesso di scrivere e cantare le sue canzoni?

«A un certo punto, Eugenio ha cominciato a soffrire la pressione di Finardi. Nel senso che mi sentivo prigioniero di un personaggio che, magari senza volerlo, avevo creato io per primo. Rischiavo di dovermi ripetere, come quei cantanti sempre uguali a se stessi che dopo trent'anni ancora sono costretti a fare i soliti brani, quelli che non si possono non fare. Era un po' frustrante, e così mi sono fermato e ho fatto altro»,

Insomma, una fuga dal rischio «karaoke di se stesso».

«Esatto. Mi sentivo come la Coca Cola Classic: anche se sono uscite la Diet, la Light, la Zero, alla fine tanta gente vuole solo quella. Io, però, mi sentivo soffocare».

Poi, finalmente, qualcosa è cambiato.

«Due anni fa, quasi per caso, mi sono ritrovato in uno studio di registrazione a Torino e tutto è ripartito. Accanto a me ci sono giovani talenti come Max Casacci dei Subsonica, che ha prodotto il disco, e Giovanni Maggiore, il mio chitarrista e coautore, nonché tutta la mia band. Di molti di questi ragazzi potrei essere tranquillamente il padre, ma sia chiara una cosa: questo è il disco di un sessantenne, ed è giusto che sia così. I mie coetanei che fanno finta di essere dei ragazzini mi fanno venire la malinconia»

Nessuno potrà accusarla di non essere stato chiaro: nel disco spara vere e proprie bordate.

«La vita è proprio strana: tanti ani fa mi accusavano di essere troppo moderato, oggi rispetto alle mie posizioni anche Vensola sembra di destra... Eppure a me non sembra di essere cambiato: continua a pensare che , se non si mette al centro del dibattito la dignità degli essere umani, andremo tutti a picco. Ecco perché, anche se non sono credente, alla fine mi trovo d'accordo molto spesso con quello che dice Papa Francesco».

Torniamo alla musica: adesso che... Eugenio e Finardi hanno ripreso ad andare d'accordo, possiamo sperare in un tour dal vivo?

«Direi proprio di sì, anche vorrei incontrare quelli che ancora non mi conoscono»

 

EUGENIO FINARDI

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Alberto Rivaroli