B.B. King: una vita per il blues
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B.B. King: una vita per il blues

Un ritratto del grande artista, scomparso ieri a 89 anni dopo un lunga malattia

Jimi Hendrix affermò: “Il blues è semplice da suonare, ma difficile da provare”.

B.B.King il blues lo provava e lo suonava magnificamente, tanto da essere preso a modello dai migliori chitarristi rock, da Eric Clapton a Mike Bloomfield, da Jimmy Page allo stesso Jimi Hendrix.

Riley B. King, nato il 16 settembre 1925 in una piantagione di cotone a Itta Benna, in Mississippi, è stato il principale responsabile della diffusione del blues tra il pubblico bianco americano.  Il suo ruolo, durante la British Invasion della metà degli anni Sessanta, fu determinante dal punto di vista stilistico, tanto che il suo modo di suonare l’inseparabile Lucille, una Gibson ES-355  customizzata, diventò il manuale blues dei moderni rockers. King trasformò la chitarra in una seconda voce, fortemente espressiva, e fu il primo a tirare le corde per simulare l’effetto “collo di bottiglia” e a farle vibrare con le dita della mano sinistra.

Depositario di una lunga tradizione, che ha reinterpretato in modo personalissimo grazie a influenze che andavano da Charlie Christian e Django Reinhardt fino a T-Bone Walker e Lonnie Johnson, spaziando tra jazz, gospel e country. Le sue prime registrazioni sono del 1949, ma il suo primo vero successo arriva nel 1951 con 3 O’ Clock Blues, inciso due anni prima d Lowell Fulson.

Proprio al 1949 risale il celebre episodio a cui si deve il soprannome di Lucille alla sua inseparabile sei corde. Durante  una sera d'inverno del 1949, il giovane chitarrista si stava esibendo in una sala da ballo in Arkansas. Faceva molto freddo e per riscaldare l'ambiente era stato acceso un barile di cherosene al centro della pista. All’improvviso due uomini iniziarono a litigare e uno di questi finì sul barile facendolo cadere. In pochi minuti il locale fu invaso dalle fiamme, ma per fortuna tutti riuscirono a scappare in tempo. Il musicista si rese conto di aver lasciato la chitarra sul palco e con coraggio misto a incoscienza tornò a recuperarla, salvandola dalle fiamme. Si scoprì che i due uomini erano venuti alle mani perché amavano la stessa donna: il suo nome era Lucille. Da quel giorno B.B. King battezzò tutte le sue chitarre Lucille, come monito a non litigare mai per una donna e a non abbandonare mai più la sua chitarra.

Gli anni Cinquanta sono stati caratterizzati da numerosi successi, tra cui You Know I Love You, Woke Up This Morning, Please Love Me, When My Heart Beats Like a Hammer, Whole Lottà Love e Please Accept My Love.

Nel 1962 King firmò un contratto con la ABC-Paramount Records e nel 1964 registrò al Regal Theater di Chicago l’album Live at the Regal che ancora oggi è considerato il suo disco dal vivo definitivo, con capolavori come Everyfday I have the blues, Sweet little angel, It's my own fault, How blue can you get e You upset my baby.

Negli anni il bluesman ha affinato uno stile più morbido, ispirato al jazz e al rhythm and blues, rispetto a quello più diretto di Muddy Waters e di Howlin' Wolf. La sua tecnica, tanto proverbiale quando riconoscibile, era basata sui glissati e sulle note lunghe. Un modo di suonare puramente solistico al quale faceva da contrasto il modo di cantare da “urlatore”, forgiato sul modello dei cantanti da big band.

I successi di King sono proseguiti per tutti gli anni settanta con brani come To Know You Is to Love You e I Like to Live the Love. Dal 1951 al 1985 King è apparso 74 volte nelle classifiche R&B di Billboard.

Gli anni Ottanta,  come per molti grandi del rock e del blues, sono stati un decennio difficile, salvo il clamoroso rilancio nel 1988  grazie a When love come to town insieme agli U2.

Dagli anni Novanta  King ha ridotto le sue incisioni mantenendo però la sua popolarità grazie alle numerosissime esibizioni dal vivo, circa 300 serate l’anno, e partecipando a show televisivi e film, come in una puntata de I Robinson o nel film cult Blues Brothers dove fa un cameo musicale nel finale, interpretando se stesso e suonando uno dei suoi più grandi successi, How Blue Can You Get.

L’artista è diventato una sorta di portavoce e divulgatore del blues, anche grazie alla sua innata simpatia e alle sua capacità comunicative. Amava parlare con il suo pubblico e raccontare lunghi aneddoti tra un brano e l'altro.

Il bluesman ha perseguito un continuo miglioramento personale, ha studiato il metodo Schillinger di composizione musicale, ha preso il brevetto di pilota, ha ricevuto una laurea ad honorem nel 2004 alla University of Mississippi, è comparso in film ed è diventato un personaggio fisso delle reti televisive americane. Ha vinto 15 Grammy, l'ultimo dei quali nel 2009 nella categoria Blues tradizionale con l'album One Kind Flavor.

Nelle sue interviste era solito ripetere: “Se Frank Sinatra, Nat King Cole, Bach e Beethoven sono stati i più grandi, ciascuno nel loro campo, perché io non posso esserlo nel blues?”.

Difficile dargli torto, soprattutto ora che la sua Lucille non canterà più.

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Gabriele Antonucci