Mori e Obinu assolti anche in Appello: non favorirono l'arresto di Provenzano
ANSA/MICHELE NACCARI
News

Mori e Obinu assolti anche in Appello: non favorirono l'arresto di Provenzano

Confermata la sentenza di primo grado per i due ex ufficiali dell'Arma. Polverizzata l'inchiesta clone Stato-mafia

Terza assoluzione per il Generale Mario Mori. Uppercut per la Procura di Palermo. Oggi la corte d'Appello del capoluogo siciliano, ha confermato la sentenza di assoluzione per i due ex ufficiali dell’Arma, Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano, nell’ottobre del 1995 a Mezzojuso, Palermo.

Il procuratore generale Roberto Scarpinato, in sede dibattimentale, aveva già mutato la rotta dell’inchiesta, che era stata indicata e rappresentata al tribunale dai pm all’epoca guidati da Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo, virando e modificando il capo di imputazione. Aveva escluso per gli imputati le aggravanti mafiose nella mancata cattura del boss corleonese, chiedendo quindi la condanna per favoreggiamento semplice con dolo generico a quattro anni e mezzo per il fondatore del Ros, Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, e tre anni e mezzo per il colonnello Mauro Obinu, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. La difesa degli imputati, rappresentata dagli avvocati Enzo Musco e Basilio Milio, aveva chiesto l’assoluzione, perché processo “teorematico”.

Nell’aula del carcere Pagliarelli di Palermo, il verdetto pronunciato da Salvatore Di Vitale, presidente della quinta sezione penale della corte d’Appello nonché presidente del tribunale di Palermo, ha pietrificato la Procura.

- ASCOLTA QUI LA PRIMA DICHIARAZIONE DEL GENERALE MORI

POLVERIZZATA L’INCHIESTA STATO-MAFIA 

In un baleno, polverizzata l’inchiesta clone Stato-mafia, nata proprio come accusa nei confronti di Mori e Obinu per aver favorito la latitanza di Provenzano nel 1995 a Palermo, sulla base delle dichiarazioni di due controversi testimoni: Massimo Ciancimino e Michele Riccio. Entrambi condannati in via definitiva: l’uno, il Ciancimino jr, per intestazione fittizia di beni del “tesoro” del padre mafioso, Vito Ciancimino (arrestato due volte dal giudice Giovanni Falcone ndr), oltre a esser bollato per la prima volta come “calunniatore” da una sentenza del tribunale civile di Palermo; mentre per l’altro, il Riccio, ex colonnello dei carabinieri, i giudici supremi hanno confermato la sentenza di Genova del 2009, per detenzione e spaccio di stupefacenti finalizzato a favorire i suoi confidenti e consentirgli di fare operazioni di successo per ottenere avanzamenti di carriera.

TERZA ASSOLUZIONE PER MARIO MORI

Dunque terza assoluzione per il generale Mario Mori, che è stato uomo d’eccellenza nella lotta alla mafia, al terrorismo e dell’intelligence italiana, costretto a difendersi nelle aule del tribunale dal 2006. Finito nel mirino della Procura di Palermo già nel 1994, un anno dopo aver arrestato Totò Riina, la sua tortura giudiziaria inizia ufficialmente dieci anni fa, con la mancata perquisizione del covo di Riina, poi con la mancata cattura di Provenzano arrivata al secondo grado di giudizio. Nel frattempo l’uomo che ha arrestato Riina, ora è imputato insieme a lui nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.

Finora, rinunciando sempre alla prescrizione, da integerrimo e fervido sostenitore della Giustizia, ha collezionato assoluzioni, nonostante anni di pesante aggressione politica e mediatica, ha sempre mantenuto un profilo da gentiluomo, incassando anche parole pesantissime, come quelle pronunciate dal procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato durante la sua requisitoria, secondo cui, il generale Mori avrebbe “perseguito interessi e scopi extra istituzionali non imputabili allo Stato e come tali destinati a restare segreti e non confessabili”.

PROCESSI INFINITI

Con l’assoluzione confermata in Appello oggi, la Procura di Palermo incassa l’ennesimo fallimento del suo impianto accusatorio. E dovrà riflettere, senza dare “voti” ai giudici come fatto in primo grado che è costato a un magistrato un procedimento disciplinare in seno al Csm. Ma c’è ancora il processo clone in corso presso la corte d’Assise: Stato-mafia. Inoltre pare anche ci siano altri fascicoli aperti a carico di ignoti sempre dagli stessi magistrati che guidano l’inchiesta sulla “Trattativa”, in cui confluirebbero ancora dossier sul prefetto Mori. Notizie che però non trovano conferme ufficiali.

Un processo infinito dai costi esosi. Qualcuno sarà chiamato a risarcirli?

I più letti

avatar-icon

Anna Germoni