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Il MED e lo scontro Iran-Israele. L’intervista al ministro degli esteri iraniano

All’evento clou della diplomazia e delle relazioni estere, il MED - Mediterranean dialogues di Roma, l’Italia torna protagonista. Successo di pubblico e di presenze internazionali

A Roma è andato in scena per il quarto anno consecutivo il MED, Mediterranean Dialogues, l’appuntamento diplomatico internazionale sul mare nostrum promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale insieme con l’ISPI, l’Istituto Italiano di Studi Politici Internazionali.

L’evento ha visto la partecipazione dei vertici di stato nazionali, impegnati in una serie d’incontri con il pubblico che danno finalmente l’idea di una presenza italiana nel “discorso geopolitico” di peso e di sostanza. Lo scopo dichiarato del MED è, infatti, stimolare il dibattito e promuovere nuove idee per il futuro della regione.

Dopo la contestata Conferenza di Palermo sulla Libia, il MED ha dimostrato al mondo che, nonostante tutto, l’Italia c’è e il suo prestigio nello scacchiere regionale non è affatto diminuito. Oltre a segnare un punto importante a nostro favore in termini geopolitici, il palcoscenico del Parco dei Principi è diventato ormai anche un appuntamento cruciale per tenere sempre aggiornato il borsino di chi sale e chi scende nella classifica della popolarità e dell’importanza relazionale nel Mediterraneo.

La Russia protagonista indiscussa

Chi è salito di più negli ultimi tempi, è facile dirlo. Con una presenza ormai fissa, l’evento più atteso si è confermato anche quest’anno il discorso di Sergei Lavrov, acuto e potente ministro degli affari esteri della Federazione Russa che, con la sua presenza, ha dimostrato come Mosca abbia ormai consolidato il proprio posto d’onore nel club della geopolitica mediterranea,. Ponendosi come un player centrale, ben inserito in ogni discussione che conta, non c’è argomento su cui i rappresentanti del Cremlino non abbiano avuto voce in capitolo: dalla Siria alla Libia, dal gas al petrolio.

E proprio su quest’ultimo argomento, la delegazione russa ha avuto gioco facile nel descrivere a favor di telecamere, le nuove rotte energetiche che presto passeranno dalle cartine geografiche alla realtà sul terreno. Mentre sulla Libia il commento è stato tanto vago, quanto diplomatico: «La Russia sostiene l'iniziativa italiana. Siamo per il coinvolgimento di tutti per avviare un dialogo e la riconciliazione nazionale» ha detto il ministro Lavrov, complimentandosi per il «grande successo» della Conferenza di Palermo. Con ciò compiacendo la Farnesina e gli sforzi del governo italiano per avvicinare le parti ostili della Libia, in vista di una ricomposizione della crisi.

Forse, però, gli argomenti discussi nella tre giorni diplomatica non hanno offerto sufficiente spazio e riflessioni approfondite circa il tema dei migranti e della situazione libica che, come noto, costringe ancora oggi le ong a una prepotenza umanitaria nell’ostinata volontà di soccorrere i disperati e, al contempo, fa infuriare il ministero dell’Interno italiano, per il caos che tale gestione disarticolata genera in ordine alla sicurezza e alle possibili soluzioni di una crisi ormai strutturale. Su questo, si è talvolta sorvolato.
Lo scontro Iran- Israele e il commento del ministro Sajjadpour


Di certo, adeguato spazio è stato riservato a un altro tema caldo che, comprensibilmente, ha acceso dominato gli incontri nella sala plenaria: il sempre più difficile rapporto Iran-Israele. Il presidente della Knesset (il parlamento israeliano), Yuli-Yoel Edelstein, è stato ad esempio assolutamente chiaro sulla posizione israeliana in Siria: «In nessuna circostanza potremmo consentire la presenza iraniana sul territorio siriano: i russi lo sanno, e speriamo possano essere nostri partner in questo sforzo».

Il rappresentante dello Stato di Israele ha anche ribadito con veemenza, e senza rifugiarsi dietro frasi di circostanza, la propria avversione alla Repubblica Islamica, ammonendo la platea circa le pericolose pulsioni del regime di Teheran, tra le quali l’ottenimento dell’arma nucleare. «L’Iran intende diffondere un’ideologia di odio, di antisemitismo nella regione e in tutto il mondo: sono figlio di due sopravvissuti all'Olocausto e, quando mi minacciano, ci credo» ha sostenuto Edelstein, chiosando con un’amara constatazione: «Il nostro incubo è che l’Iran disponga di armi nucleari».

L’intervista al viceministro degli esteri iraniano, Sayed Kazem Sajjadpour

Tutt’altro clima si respirava tra le file della delegazione iraniana, che è apparsa fiduciosa dei buoni rapporti che l’alleato al Cremlino ha tessuto in suo nome qui in Europa e forte di un’apparente sintonia con il governo di Roma. Ecco cos’ha riferito a Panorama il viceministro degli Esteri, Sayed Kazem Sajjadpour: «Abbiamo buoni rapporti con l’Italia, apprezziamo molto le nostre relazioni bilaterali, che sono sempre più profonde per via dei legami culturali e storici che ci uniscono. In particolare, mi riferisco alla notevole capacità di comprensione da parte degli italiani di che cosa sia davvero l’Iran. Una visione che, in confronto agli altri paesi dell’Occidente, è molto differente. Per noi, è questa la giusta chiave per promuovere migliori relazioni estere. Infatti, registriamo da tempo maggiori spazi di cooperazione tra i nostri paesi in ogni settore: basti pensare ai cinque miliardi di dollari di scambi commerciali dello scorso anno tra Italia e Iran. Questo è reso possibile dal fatto che, nel nostro paese, l’Italia gode di un’ottima e positiva immagine».

Le parole di Sajjadpour nei confronti del ruolo italiano, sono apparse davvero entusiastiche: «Non troverete nessuno in Iran che possa sostenere di essere contro l’Italia. Mentre non è così con altri paesi europei, nei confronti dei quali vi sono maggiori riserve. Per voi e per noi questa connessione e questi legami culturali rappresentano un asset per espandere ancora le relazioni reciproche». Quanto alle sanzioni economiche, vera spina nel fianco del regime, «anche in seno all’Unione Europea la posizione italiana circa le sanzioni è da preferire, e la riteniamo più corretta delle altre. Il governo italiano può giocare un ruolo significativo nel moderare le altre posizioni europee in relazione all’Iran» è stato l’auspicio del viceministro degli esteri.

L’atteggiamento del viceministro si è poi fatto persino divertito, quando tra i corridoi si è parlato “off the record” della non felice situazione dell’Arabia Saudita - i due paesi si avversano da sempre e oggi si combattono quasi direttamente in Yemen - considerato che in queste settimane la casa regnante dei Saud si trova forse alle prese con la più grave crisi interna di sempre. Le recenti cronache, infatti, vedono il principe ereditario Mohammed Bin Salman (MBS) coinvolto in un giallo internazionale per la sparizione del corpo del giornalista dissidente Jamal Khashoggi che, secondo le accuse, sarebbe stato fatto uccidere per volere di MBS in persona nel consolato saudita di Istanbul. Un intrigo simile, è bene sottolinearlo, rischia seriamente di trascinare l’Arabia Saudita nel caos e con essa l’intero Medio Oriente, se dal palazzo non emergeranno presto una soluzione credibile e un intervento riparatore.

L’Italia come luogo di discussione

Per l’Iran, il caso Khashoggi rappresenta certo una buona notizia, considerate le mire degli Ayatollah nella regione, che puntano a costruire un corridoio d’influenza che da Teheran raggiunga il Mediterraneo via Siria e Libano, e il cui ostacolo principale è proprio l’Arabia Saudita, storicamente il più potente argine contro il loro potere. Per Israele, invece, la prospettiva di un’Arabia Saudita indebolita dagli scandali di palazzo sarebbe terribile, dal momento che tra Gerusalemme e Riad vi è oggi una ritrovata sintonia proprio in funzione anti-iraniana, complici i buoni uffici degli Stati Uniti e il ruolo di dominus esercitato da Donald Trump. Tuttavia, al MED gli USA non hanno offerto una particolare presenza (il più alto rappresentante è stato il sottosegretario di Stato David Hale), e il loro contributo ai dialoghi internazionali è apparso piuttosto modesto.

Certo, il caso Khashoggi ha messo in grave imbarazzo la Casa Bianca. E non soltanto per la sintonia tra MBS e lo staff presidenziale, quanto per le forniture a rischio delle armi che i sauditi si sono impegnati a comprare lo scorso luglio, una commessa monstre che vale oltre cento miliardi. Di Iran e Arabia Sauditain ogni caso, si tornerà a parlare il 15 dicembre al MACRO di Roma, nell’ambito della presentazione della rivista di geopolitica in italiano e inglese “Babilon” (Paesi Edizioni).

In definitiva, quel che emerge dalla tre giorni di dialoghi sul Mediterraneo e che più conta agli occhi del mondo, è il fatto che l’Italia - grazie a Palermo, al MED e alle altre iniziative diplomatiche capitoline - offre chiari segnali all’esterno circa la volontà di tornare a essere un protagonista delle relazioni internazionali. Un trend che non dobbiamo assolutamente arrestare.

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Luciano Tirinnanzi