Marò, a casa per votare, ma senza passaporti. Perchè?
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Marò, a casa per votare, ma senza passaporti. Perchè?

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono tornati in Italia per potersi recare ai seggi elettorali, ma dei loro documenti non c'è più traccia. E perchè 4 settimane di licenza per votare due giorni?

A casa, per quattro settimane. Sono tornati in Italia ieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dopo che la Corte Suprema di New Delhi ha accordato loro una seconda licenza, dopo quella natalizia. "Un segnale positivo" secondo Palazzo Chigi, che intravede la possibilità di un "positivo esito della vicenda", che si trascina però ormai da oltre un anno, tra rinvii dei tribunali indiani, silenzi assordanti da parte delle autorità italiane e beffe continue. Come in quest'ultimo caso, accompagnato dal piccolo giallo della sparizione dei passaporti dei due fucilieri del Reggimento San Marco: i documenti sarebbero stati spediti dallo Stato indiano del Kerala, al momento del trasferimento dei due marò a New Delhi, ma qui non sono mai arrivati e dei passaporti sembra essere sparita ogni traccia.

Fortunatamente a Girone e Latorre è stato permesso di lasciare il Paese asiatico con documenti provvisori, ma non si tratta dell'unica ombra sulla vicenda. Al di là della indiscutibile gioia dei familiari dei due marò, infatti, suona un po' come una beffa che i militari italiani possano tornare in Patria soltanto per esigenze elettorali, ovvero per poter votare oggi e domani: che per potersi recare al seggio in uno dei due giorni siano state accordate ben 4 settimane di permesso dalle finora restie istituzioni indiane lascia più che perplessi. Perchè far tornare Girone e Latorre per un mese, quando per Natale gli era stata accordata una licenza di appena 15 giorni (dopo quasi un anno da che erano trattenuti in India) per trascorrere le festività in famiglia?

In più di uno sospetta che si tratti di una sorta di "trappola" tesa ai due militari: forse l'India spera che questa volta i militari italiani si facciano "ingolosire" dal ritorno a casa per non tornare più in India, dove li aspetta un tribunale speciale, che sarà appositamente istituito per decidere di chi sia la giurisdizione sul caso dei marò e se dunque possano essere giudicati in Italia o in se invece debba procedere la giustizia indiana. Tribunale che però non si sa ancora nè da chi nè quando sarà costituito, lasciando presagire tempi lunghi. Insomma, di fronte ad una nuova estenuante attesa di una decisione indiana, forse New Delhi spera di cavarsi dall'empasse giuridica e diplomatica, scaricando ogni responsabilità su un eventuale comportamento scorretto dei fucilieri. Ipotesi, però, non plausibile, perchè Latorre e Girone non solo hanno finora mantenuto una condotta irreprensibile, ma hanno sempre ribadito che rispetteranno i termini della licenza, facendo ritorno a New Delhi.

Certo il permesso - il secondo, appunto, nel giro di poco tempo dopo quello di dicembre, accordato dopo 10 mesi tra detenzione e libertà condizionta - non è arrivato senza polemiche, sia in Italia che in India. La Corte Suprema indiana ha infatti chiesto a Girone e Latorre di firmare una carta nella quale ricorda gli obblighi che i due fucilieri sono tenuti a rispettare nei confronti della giustizia indiana, ma soprattutto ha preteso la garanzia dell'ambasciatore italiano, Daniele Mancini. Il viceprocuratore dello Stato, inoltre, si era detto contrario alla licenza, sottolineando come i marò siano ancora accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala, durante un'operazione antipirateria (sotto egida Onu), al largo delle coste indiane, a bordo della petroliera Enrica Lexie. Proprio la polizia del Kerala, infine, non ha ancora ritirato la denuncia formale nei confronti dei fucilieri del San Marco, nonostante la Corte Suprema abbia ormai sancito che lo stato del sud dell'India non è competente sul caso, perchè l'incidente è avvenuto in acque internazionali.

In Italia, d'altro canto, sono in molti ad aver mugugnato all'idea che ai due marò fosse permesso di votare, mentre agli studenti all'estero non sono state concesse tariffe scontate per tornare in Italia e recarsi ai seggi elettorali. Polemiche che su uniscono alle molte ombre sul caso. Dal silenzio del ministro degli Esteri, Terzi, che dopo la prima licenza natalizia per i due marò sembra essersi completamente eclissato (salvo replicare le dichiarazioni del Premier, definendosi "molto soddisfatto"), fino alle voci relative ad un nuovo incarico lavorativo per i due fucilieri, in India. Alcune indiscrezioni parlavano, nelle scorse settimane, di un "lavoro" che sarebbe stato affidato a Girone e Latorre, da quando sono stati trasferiti a New Delhi presso l'Ambasciata italiana, lo scorso 18 gennaio. Una mansione non ben precisata e difficile da immaginare, in ambienti diplomatici, per due fucilieri. Forse solo un escamotage (amministrativo e formale) per permettere ai militari di ricevere uno "stipendio pieno", dopo che voci mai confermate dalla Difesa parlavano di decurtazioni anche consistenti sulla busta paga, per via della sospensione di indennità di navigazione e missione.

Su tutta la vicenda regna l'incertezza, che diventa ansia per i familiari dei marò. Non è ben chiaro, ad esempio, che fine abbiano fatto le prove a discolpa di Latorre e Girone (dal tipo di prioettili usati, al peschereccio lasciato affondare e ormai inutilizzabile), così come resta un mistero che cosa abbia spinto il comandante della Enrica Lexie ad entrare in porto, permettendo così alle autorità indiane di arrestare i fucilieri: iniziativa dello stesso comandante? Decisione dell'armatore? O forse qualche autorizzazione, superficiale e frettolosa, da Roma? L'India resta un partner commerciale importante per l'Italia e il recente scandalo di Finmeccanica (con la fornitura di elicotteri Agusta a New Delhi) non ha giovato alla già difficile e delicata "questione marò", fatta di diplomazia, ma non solo. Che anche in questo caso si tratti di un tacito accordo per smorzare la tensione e non mettere a rischio interessi economico-diplomatici?

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Eleonora Lorusso