Referendum: la Crimea sceglie la Russia
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Referendum: la Crimea sceglie la Russia

Il 95% dei votanti ha scelto per il ritorno con Mosca. Ma la questione è tutt'altro che chiusa

La Russia "rispetterà la volontà del popolo di Crimea". Così ha detto il ministro degli Esteri di Mosca, Sergey Lavrov, subito dopo un serrato colloquio con il suo omologo americano, John Kerry. I due questa volta si sono incontrati  a Londra e, dalle parole dell'impenetrabile capo della Diplomazia russa, sembra di scorgere qualche segnale positivo. Lavrov ha definito il dialogo con Kerry come "costruttivo", anche se poi ci ha tenuto a sottolineare che Stati Uniti e Russia "non hanno una visione comune" sulla crisi in Ucraina. E questo è scontato, altrimenti non ci sarebbe bisogno né di tavoli, né di negoziati. 

Quello che tutti sanno è che domenica 16 marzo è il giorno della verità per la Crimea. A Simferopoli e dintorni le urne si apriranno per più di un milione e mezzo di elettori, per un referendum bollato come "illegittimo" dall'Ucraina, dagli Usa e dall'Europa. E' un referendum che potrebbe sancire ufficialmente la già dichiarata volontà della Crimea - a maggioranza russa - di essere annessa alla Russia. Una sorta di ritorno alle origini dopo la "cessione" della Penisola all'Ucraina nel 1954 per decisione di Nikita Khruscev. 

La Russia ha annunciato che ritiene il referendum "legittimo" e, allo stesso tempo, che rispetterà la volontà del popolo della Crimea. Questo cosa significa? Ci dobbiamo preparare a una guerra?. Le domande sono tante e - soprattutto - prevale nella comunità internazionale la paura (giustificata) che Vladimir Putin possa occupare la Penisola, forte del risultato delle urne.

D'altronde, avrebbe gioco facile nel farlo. Nonostante le autorità filo-russe in Crimea neghino tutto, testimoni dal posto riferiscono di truppe russe sulla Penisola al di fuori di Sebastopoli, dove è ormeggiata la flotta di Mosca. Secondo gli analisti ucraini, al momento ci sarebbero almeno 20 mila soldati russi in Crimea, e di questi quelli di stanza normalmente nel porto di Sebastopoli sono meno di 12 mila.

Ma questo massiccio dispiegamento di forze significa necessariamente che la Russia interverrà militarmente appena saranno diffusi i risultati del referendum che - con un'alta probabilità - sancirà la volontà della Crimea di sganciarsi da Kiev e abbracciare Mosca?. In realtà i segnali vanno in una direzione opposta. 

Sempre Sergey Lavrov ha esplicitamente dichiarato che "La Federazione russa non ha alcun piano per invadere il Sud o l'Est dell'Ucraina", anche se gli abitanti della Crimea hanno "diritto all'auto-determinazione". Nel caso di un'invasione russa Europa e Stati Uniti hanno già pronte pesanti sanzioni nei confronti di Mosca, anche se questa è una carta che - soprattutto nei confronti di Bruxelles - potrebbe rivelarsi un boomerang.

La verità è che tutti sono "appesi" ai risultati del referendum, anche gli Usa e la Ue che non riconoscono la legittimità del voto. Qualora vincessero in modo evidente (diciamo pure "bulgaro") i filo-russi che vogliono la secessione per riabbracciare la Grande Madre Russia, allora Vladimir Putin sarebbe fortemente motivato a "chiudere" i confini della Penisola con le sue truppe. Ma probabilmente sceglierebbe un'altra strada. A Mosca non interessa l'annessione della Crimea, ma la sua maggiore indipendenza da Kiev sì. 

In più, dagli ultimi sondaggi non è così certo che gli "indipendentisti" raggiungano consensi stellari. Alla fine di febbraio le rilevazioni indicavano che circa il 41% dei cittadini della Crimea vuole l'annessione alla Russia. In Crimea il 77% degli abitanti sono nativi russi, la percentuale sale a Sebastopoli dove i nativi russi sono il 94%. Le domande sulla scheda elettorale saranno due: la prima opzione chiede se si vuole l'annessione alla Federazione russa in qualità di Stato federale, mente la seconda opzione chiede se si sostiene la Costituzione della Crimea risalente al 1992, che sancisce che la Penisola fa parte dell'Ucraina. 

Il referendum potrebbe essere vinto dai filo-russi con un 55-60%, il che rimetterebbe in equilibrio i posti al tavolo dei negoziati. Con dei numeri buoni per Putin, ma non eclatanti, la strada del dialogo con Kiev potrebbe riaprirsi. Sempre tenendo presente che la guerra in Crimea non la vogliono né gli Usa e l'Europa né la Russia, il risultato referendario potrebbe portare a più miti consigli i contendenti.

Un'ipotesi è che Kiev accetti di concedere una maggiore autonomia alla Crimea, garantendo per la sicurezza dei russi che vivono sulla Penisola e senza calare sulla loro testa la clava del divieto di parlare russo o di scrivere in cirillico. Mosca - per parte sua - sarebbe ancora più forte in una Crimea più autonoma, e potrebbe mantenere il porto di Sebastopoli ed evitare le sanzioni Usa/Ue che si profilano all'orizzonte.

Certo, l'Ucraina dovrebbe fare una concessione importante e dolorosa, ma non andrebbe comunque a perdere un pezzo del suo territorio e potrebbe ricucire (in futuro) i rapporti con Mosca, una volta insediatosi il nuovo governo subito dopo le elezioni di fine maggio, che a Kiev (forse non casualmente) cadono esattamente lo stesso giorno di quelle europee. Insomma, quel che è evidente è che le prossime mosse sullo scacchiere ucraino le vedremo solo quando saranno diffusi i risultati del referendum. 

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Anna Mazzone