In Turchia il movimento anti-Erdogan a una svolta
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In Turchia il movimento anti-Erdogan a una svolta

Lo "spirito di Gezi" sembra essersi spento

Sabato 7 giugno iniziano i lavori per il nuovo aeroporto di Istanbul, destinato a diventare il più grande del mondo. Sarà l’occasione per nuove manifestazioni ambientaliste contro il governo di Recep Tayyip Erdogan? Quelle in occasione del primo anniversario dell’occupazione di piazza Taksim, vietate dalle autorità, hanno visto una partecipazione ridotta, frange violente in azione e una dura risposta della polizia. E sono finite nel
giro di un pomeriggio. Lo "spirito di Gezi" sembra essersi spento: i gruppi organizzati di matrice rivoluzionaria (numericamente esigui) hanno preso il sopravvento sulle richieste spontanee di maggiore libertà e democrazia. Nel frattempo il premier turco ha attaccato la stampa internazionale che dedica a questi eventi uno spazio eccessivo, con l’obiettivo (a suo dire) di mettere in cattiva luce la Turchia. Il quotidiano tedesco Die Welt ha da tempo posizioni antigovernative: "Erdogan reprime le proteste in maniera sempre più brutale, cercherà di imporsi a ogni costo, mostrando come ormai non è più interessato a entrare nell’Unione europea". Il francese Le Figaro sottolinea dal canto suo il declino del movimento: "La contestazione di Gezi non è riuscita a esprimersi attraverso i partiti politici e quasi tutte le sue iniziative si sono esaurite". Il giornale turco Taraf ha invece titolato: "Il blocco della polizia a Istanbul". E ha dato le cifre precise delle forze schierate in campo "contro tutti i manifestanti che avevano cartelli o cantavano slogan": 25 mila uomini, "portati anche in aereo da 11 città".

Il parere di Michelangelo Guida, docente di Scienza della politica all’università "29 maggio" di Istanbul.

Il movimento di Gezi ha perso d’intensità perché si è diviso in tre gruppi: il movimento ambientalista (minoritario), la classe media laica (politicamente attiva nel partito kemalista Chp) e i settori della minoranza religiosa alevita, i più violenti. Le proteste di ambientalisti e aleviti continuano in modo disgiunto perché non concordano su metodi e obiettivi. Se non sapranno creare una piattaforma con rivendicazioni chiare e un’organizzazione sul territorio non andranno oltre le manifestazioni di piazza. L’assetto politico turco, con le presidenziali ad agosto, non pare destinato a mutare.

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