Il vero scandalo dello stipendio a 5 stelle
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Il vero scandalo dello stipendio a 5 stelle

Non sta nella cifra ma nella trasformazione da internauti infuriati a parlamentari privilegiati alla caccia di cavilli per salvare la diaria - I conti in tasca ai grillini

Diciottomila euro al mese fanno comodo a chiunque. Soprattutto se le tasse si pagano soltanto sui primi diecimila e gli altri sono rimborsi. Ma diciottomila euro non sono poi tanti, se vengono utilizzati (e non soltanto incassati) per svolgere l’attività politica, cioè parlamentare e di collegio. Per inciso, qualcuno che con la propria attività professionale normalmente guadagna cifre considerevoli, una volta in Parlamento rischia di rimetterci. Se poi rinuncia a parte dell’indennità (nel caso dei 5 stelle, 2500 euro su cinquemila lordi), le tasse le continua però a pagare sul totale (al fisco non importa l’uso, personale o in beneficienza, dello “stipendio”).

Allora che scandalo c’è nel rifiuto dei parlamentari 5S di restituire la parte di rimborso eccedente le spese effettivamente sostenute? (Stiamo parlando di quasi 9mila euro di plafond). Il treno di vita capitolino dei parlamentari non romani costa, e l’indennità elevata serve a garantire l’autonomia e un efficace svolgimento del mandato. Peccato che i grillini abbiano sempre sostenuto e reclamato il contrario, immaginando (beati incoscienti) che un parlamentare potesse vivere con 2500 euro e basta.

Vogliamo escludere la malafede. Diciottomila euro al mese (lo ripetiamo) quando li vedi apparire sul conto in banca ti mettono di buon umore e si capisce. I miracolati del web sono sbarcati a Roma col cuore in mano e la convinzione di appartenere a un mondo migliore, poter fare la rivoluzione con l’apriscatole e accomodarsi in punta di scranno soltanto per filmare e vigilare sull’operato dei “politici” (senza accorgersi di farne parte). Quello che forse non si aspettavano era di scoprire “a proprie spese” i loro stessi svarioni demagogici. I “portavoce” del MoVimento, una volta “eletti”, si sono trovati di fronte a una realtà più complessa e meno “scontata” (in tutti i sensi).

Lo scandalo è nell’ignoranza e nella repentina trasformazione da internauti incazzati a privilegiati che cercano scuse e cavilli, ma che non rinunciano a prendersela con i giornalisti se questi continuano a fare il loro mestiere. Quanto vi ci vuole a restituire quello che non avete speso, a destinarlo a un’opera di bene, a sottrarre eventualmente un po’ di tasse in più dovute all’entità dell’assegno (ampiamente compensate da altri benefit)?

Fatta la tara della ridicolaggine di certe procedure (il voto a maggioranza sulla libertà di coscienza nella restituzione di quello che non si spende) e sui toni insultanti e arroganti usati verso chiunque pretenda trasparenza, resta una lezione che vale per tutti: la politica non s’improvvisa, bisogna avere una certa professionalità o almeno certe competenze. Ai grillini, per capirlo, è bastato il commercialista interpellato forse per la prima volta.

I grillini sono cavie di se stessi, del grillismo, cartine di tornasole delle sparate demagogiche di Beppe (che problemi economici non ne ha e per il quale 18mila euro sono bruscolini). La vivente dimostrazione del fatto che la politica non si valuta solo sulla base dei suoi costi, ma anche su quella dei ricavi che produce. Dobbiamo dire grazie all’incalzare dei grillini (o, meglio, alla paura che ne hanno gli altri) se ci sono stati nel Parlamento e nel governo un ricambio generazionale, una sensibilità più marcata (per quanto ancora insufficiente, da una parte e dall’altra) verso le categorie di “presentabilità” e “impresentabilità”, e un esperimento della rivoluzione che ci fa rivalutare il silenzio di una politica fattiva anche se riservata, il realismo che rifugge dai toni massimalisti, perfino il senso dello stato e non solo la dipendenza dal web. I grillini, nella migliore delle ipotesi, sono poveri cristi da diciottomila euro al mese alle prese coi propri limiti.

Poi, forse, emergeranno tra loro anche gli arrivisti e i profittatori (se non i ladri).

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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