La "normalità" di Damasco
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La "normalità" di Damasco

L'inviato di Panorama, Fausto Biloslavo, è in Siria. Ecco la prima pagina del suo "Diario di Guerra!"

DAMASCO, 8 settembre - Alla frontiera siriana con il Libano hanno ancora un busto dorato di Hafez al Assad, il padre di Bashar, l’attuale presidente sprofondato in una sanguinosa guerra civile. I 40 chilometri di autostrada per raggiungere Damasco, la capitale, è costellata di posti di blocco. Alcuni soldati governativi sono in mimetica, capellino da baseball e scarpe da ginnastica. Tutti hanno il dito sul grilletto.

Quando capiscono che sei un giornalista occidentale i più tranquilli si sforzano di pronunciare al meglio “welcome”, benvenuto. Altri sono nervosi al pensiero del possibile attacco americano.

Damasco appare all’improvviso con un pinnacolo di fumo nero che si alza dal sobborgo di Jobar, dove ribelli e americani accusano l’esercito di Assad di avere usato i gas. Poi si notano nell’afa di metà giornata altre tracce della guerra vicina alla capitale. Colonne di fumo provocate dai colpi di mortaio si perdono lentamente alzandosi verso il cielo.

L’aspetto incredibile è che in città la vita sembra scorrere come sempre. Il traffico è diminuito, ma la gente appare affaccendata nella quotidianità.

Se non fosse per i soldati ed i blocchi di cemento attorno ad ogni possibile obiettivo di attentatori suicidi a bordo di macchine minate, Damasco sarebbe una città apparentemente normale. Verso sera tutto cambia. Le strade sono semi deserte, a parte qualche via del centro dove c’è ancora chi tiene il negozio aperto fino a tardi. Rari i caffè ed i ristoranti in attività, che una volta erano affollati all’inverosimile. Adesso ospitano pochi avventori attaccati al narghilè o davanti al maxi schermo per una partita ci calcio chissà dove.

La capitale è poco illuminata, come se i siriani fossero con il fiato sospeso in attesa degli eventi. Il rumore sordo delle granate in partenza e delle esplosioni in periferia diventano più frequenti con il calare delle tenebre. Ogni tanto, in lontananza, si sente qualche raffica di mitragliatrice.

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Fausto Biloslavo