Storia di Diego, che ora fa il pensionato tunisino
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Storia di Diego, che ora fa il pensionato tunisino

Ha smesso di lavorare nel 2009. Sua moglie è fra le tante vittime della riforma Fornero. Così un tranviere torinese di 60 anni ha scelto Hammamet. Dove paga meno tasse e con i suoi 32.500 euro lordi all’anno vive più che bene.

Diego impugna la stecca, si protende sul biliardo, punta la pallina bianca, sta per colpirla, si ferma, si rialza, cambia posizione, sceglie un tiro più difficile e spettacolare, lascia partire il colpo: la biglia tocca una, due, tre, quattro, cinque sponde. Poi colpisce la seconda palla bianca, che finisce nel "castello" dei birilli. Ecco: arrivati a 60 anni con una normale pensione in tasca, la scelta di mollare tutto, prendere armi e bagagli e andare a vivere in riva al mare in Tunisia è un po’ come una partita di goriziana. Se colpisci la biglia in modo indiretto, se ti avventuri nella direzione più coraggiosa, allora i punti che ottieni valgono il doppio. Diego Piscitello è un ottimo giocatore di biliardo. Al gioco dimostra una naturale propensione al calcolo, e forse è proprio per questo che anche al tavolo verde della vita (dopo un’esistenza tranquilla) ha scelto una soluzione di logica "geometrica".

Partiamo dall’inizio. Piscitello nasce a Palermo nel settembre 1954. I suoi genitori emigrano a Torino quando lui ha 4 anni e si stabiliscono a Barriera di Lanzo, quartiere popolare con le vecchie case dei tranvieri. Diego finisce gli studi, inizia a lavorare nell’azienda locale dei trasporti, dove resta per 27 anni facendo di tutto: l’autista, l’ausiliario, da ultimo è nell’ufficio commerciale. Nel frattempo si sposa, nasce una figlia che studia e a Torino si laurea in biotecnologie motorie con 110 e lode. Da qualche anno frequenta un master a Bologna e per vivere fa la commessa in un negozio per articoli da bambino.

Diego si ritira dal lavoro nel 2009, a 55 anni, con una pensione di 1.470 euro netti al mese. La moglie, un’impiegata di 55 anni per 36 di contributi versati all’Inps, con la riforma Fornero vede sfumare la fine dell’attività lavorativa proprio a pochi metri dal traguardo. Diego invece scopre l’altra faccia della medaglia. Al mattino si alza tardi, va a fare la spesa, prepara il pranzo; di pomeriggio fa un salto al circolo per una partita a carte o a biliardo, poi esce per andare a prendere qualcosa che manca per la cena. Passa dalla tv alla lettura di un libro a letto, al sonno. "Il primo giorno" racconta Piscitello a Panorama "è un godimento; il secondo un po’ meno; il terzo ti annoi. Dopo una settimana ti senti già un peso. Dopo un mese sei un vegetale. Alla fine dell’anno sei lì, con la moglie, che studi la cartina geografica".

Prima ipotesi, la Spagna. Diego parte con un conoscente e fa un giro esplorativo tra Valencia e Alicante, dove trova un’atmosfera accogliente e cordiale. Poi due amici gli parlano della Tunisia e delle condizioni economiche incredibilmente favorevoli per i pensionati italiani. Diego studia i dettagli, ne parla con la moglie; ci pensano una notte e al mattino hanno già deciso. Si parte, e questa volta per restare.

È il 18 gennaio 2014. La coppia fa un viaggio tra Djerba e Tunisi, si gode qualche giorno di relax, poi si ferma in un albergo ad Hammamet. E qui decide di mettere radici. Il primo passo è trovare una casa: bisogna avere un contratto di affitto annuale. Diego e la moglie ne scelgono una vicina al mare: 230 metri quadrati, tre camere, due bagni, salone, giardino, televisione satellitare con i canali italiani. L’affitto? Solo 310 euro al mese. A quel punto aprono un conto corrente con iban internazionale, sul quale fanno un bonifico di 2 mila euro. Vanno negli uffici della polizia e chiedono il permesso di soggiorno. Qui scoprono che una coppia con casa in affitto deve avere sul conto almeno 12 mila euro, cioè il necessario per vivere almeno un anno in modo indipendente. I due rimpinguano il conto, ritirano il permesso di soggiorno e vanno in ambasciata per l’iscrizione all’Aire, l’Anagrafe degli italiani all’estero. Presentano la domanda e in 2 giorni la residenza italiana viene cancellata e trasferita ad Hammamet.

A quel punto, Diego va al "bureau de finance" locale, paga 14 euro e certifica che da quel momento in avanti pagherà le tasse in Tunisia. Si fa rilasciare la ricevuta e la invia in Italia all’Inps, che inizia a versargli lì la sua pensione. Per i primi 6 mesi l’ente italiano gli trasferisce la cifra netta, poi tutto viene ricalcolato sul lordo e gli vengono rimborsati pure gli arretrati. Vediamo come, perché qui sta il vero grande vantaggio. Diego ha diritto a una pensione annuale lorda di 32.500 euro. In Italia porterebbe a casa 24.500 euro netti. In Tunisia, invece, viene tassato soltanto un quinto di tutto il suo reddito: il restante 80 per cento è esentasse. L’aliquota oscilla tra il 10 e 15 per cento. In tutto, si tratta di 650 euro l’anno versati al fisco tunisino.

L’incasso netto sale a 31.850 euro, e da gennaio Diego ha già risparmiato, cioè guadagnato, 7.350 euro. Non basta: ha diritto anche all’assistenza sanitaria in Tunisia, che resta a carico del Servizio sanitario nazionale italiano, il quale, va anche detto, risparmia sui costi. L’unica condizione che Diego e la moglie devono rispettare è questa: devono passare almeno 6 mesi e 4 giorni all’anno non consecutivi in Tunisia. Non è un grande sacrificio. Ad Hammamet Diego la mattina esce e va a comprare una baguette di pane (30 centesimi di euro). Poi fa due passi in riva al mare con la moglie, incontra un amico, si siedono al bar, allungano i piedi nell’acqua di mare, ordinano un tè alla menta (50 centesimi) e restano ore a chiacchierare. Poi Diego va a fare la spesa. Pesce fresco: vongole veraci (3 euro), triglie (3,50 euro), un branzino (8 euro). Se ha bisogno, fa un salto in farmacia dove una scatola d’aspirina costa 50 centesimi e il viagra 11 euro. Di sera parte la vita sociale con gli altri italiani: è una festa continua, tra aperitivi e cene, a parlare di quando si stava peggio e di quei poveri disgraziati rimasti in patria.

Certo, all’inizio non è così facile. "Hai un appuntamento con un tunisino e si presenta anche 2 ore dopo" racconta Diego. "Qui hanno sempre una giustificazione: la figlia che s’è rotta una gamba e ha dovuto essere accompagnata in ospedale, la nonna che è morta...". Bisogna prenderci la mano. "Il primo giorno le sigarette le paghi 5 dinari, il secondo 4, il terzo 3: scendono solo perché hanno capito che sei una risorsa a lungo termine. I tunisini fanno amicizia più che altro col tuo portafogli; poi sono permalosi e non capiscono le barzellette". I tunisini hanno anche i loro tempi, e vanno rispettati. "Quando sei qui da poco ti siedi a pranzo e mangi a tutta velocità, con i ritmi della pausa pranzo in azienda, solo dopo impari a vivere più lentamente. Non hai riflusso gastrico, non devi prendere nulla per digerire, e la notte dormi beato nel tuo letto".

E quando al mattino vai al negozio sotto casa sei fresco e rilassato. "Se la donna dietro al banco parla al telefono, non ti considera fino a quando non ha finito la sua conversazione. Che ti piaccia o no, è così. La stessa cosa ti capita nel traffico: quello che ti sta davanti in macchina si ferma e parla con qualcuno ai bordi della strada. E tu che fai? Aspetti e basta. Non si sente mai suonare il clacson. La regola è vivi e lascia vivere, ti devi soltanto disintossicare dalla frenesia, ma poi alla lunga ti accorgi che non è poi così male".

Perché in Tunisia Diego ha imparato che si può ritrovare il piacere della conversazione fine a se stessa. E non sente la coscienza sporca per la figlia rimasta in Italia, perché la cosa straordinaria è che non solo vivi più che bene in riva al mare, ma con i soldi che risparmia la aiuta anche ad affrontare la dura realtà degli eternamente giovani precari italiani. Perché lei, un giorno, forse troverà il lavoro dei suoi sogni. Ma la pensione, probabilmente, non la vedrà mai.

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