Massacro di Srebrenica - 20° anniversario
EPA/VALDRIN XHEMAJ
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Mladic, la condanna non cancellerà le colpe dell'Europa e del mondo

Dopo l'ergastolo dell'Aja per Srebrenica resta il silenzio degli innocenti davanti alle coscienze di chi fu complice per indifferenza, convenienza o viltà

Che cosa resta di quei dieci anni di guerra nel cuore dell’Europa?

Di quel mare di disperazione umana e orrori criminali che hanno segnato la storia della disgregazione jugoslava?

Resta un vuoto gigantesco e incolmabile di squallore e crudeltà. Di vigliaccheria da parte dell’Europa e della comunità internazionale, in primo luogo delle Nazioni Unite e dei loro inutili soldati di pace, i caschi blu in Bosnia che facevano il paio con gli “sladoledari”, i “gelatai”, gli osservatori dell’Unione Europea che nelle loro divise bianche sgambettavano impotenti sotto le granate dei serbi a Zara, Croazia.

Resta un vuoto pieno dei silenzi delle migliaia di vittime della furia genocida e dello stupro etnico (reato contro l’umanità coniato e riconosciuto come tale proprio nella ex Jugoslavia). Resta la quasi inevitabile trasformazione di un Islam pacifico, laico, tollerante, radicato nella storia dell’Europa, in un Islam integralista, con legami che portano verso i Paesi del Golfo e verso il Kosovo (che ha alimentato le brigate di foreign fighter dell’Isis).

Resta la vergogna di tutti noi che siamo cresciuti ascoltando alla radio programmi di gossip e cazonette, mentre non avevamo orecchie per sentire il fischio dei razzi che martoriavano i nostri dirimpettai adriatici.

LA CONDANNA DI MLADIC

Succede che ieri il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha suggellato i suoi 24 anni di indagini e processi con la condanna all'ergastolo di Ratko Mladic uno dei tre principali artefici delle carneficine più efferate che siano state compiute in Europa dopo la Seconda guerra mondiale: i presidenti di Serbia e Bosnia serba, Slobodan Milosevic e Radovan Karadzic e, appunto, Ratko Mladic, generale prima nell’Armata federale jugoslava, poi capo di Stato maggiore di quell’esercito serbo-bosniaco che ha lordato l’uniforme e perso l’onore nell’assedio di Sarajevo e nell’ignobile massacro di Srebrenica, l’enclave musulmana al confine tra Bosnia e Serbia che era una delle “zone protette” dell’Onu ed è diventata la trappola mortale, l’11 luglio 1995, ufficialmente per 8.372 bosniaci musulmani inermi, o probabilmente più di 10mila.

COSA AVVENNE A SREBRENICA

Fu Mladic a ordinare la soluzione finale, non prima di farsi riprendere mentre accarezzava un bambino musulmano e prometteva che Srebrenica sarebbe stata risparmiata, o mentre offriva da bere agli emissari civili dell’enclave.

Invece, attaccò le postazioni dei caschi blu, li fece ripiegare nella base di Potocari e usando il terrore che mettevano i suoi tagliagole, li indusse ad abbandonare al loro destino la popolazione che i soldati olandesi dell’Onu avrebbero dovuto proteggere.

I maschi sopra i 13 anni furono giustiziati, le donne stuprate, quelle superstiti spinte alla fuga nei boschi dove molte si uccisero impiccandosi agli alberi.

LA NOSTRA COMPLICITÀ

A quella strage risalgono le immagini di un lager, a Bratunac, che sembrava perpetuare l’orrore dei campi nazisti: il filo spinato, i volti emaciati, i prigionieri moribondi. Ne scaturì poi uno scandalo che travolse il ministro della Difesa dei Paesi Bassi e distrusse la credibilità del Palazzo di Vetro e dell’Europa. Di quella tragedia fummo in qualche modo tutti complici.

Ma Ratko (che in serbo significa “guerriero”, dalla parola “rat”, guerra), aveva già partecipato all’assedio e al bombardamento delle enclave croate nelle aree della Croazia a maggioranza serba (le Krajine).

Poi a Sarajevo aveva martellato senza pietà dalle colline di Pale una città alla mercé di bande di militari e paramilitari di ubriaconi e criminali che qualsiasi forza militare europea avrebbe potuto spazzare via in poco tempo se solo avesse voluto.

FALLIMENTO DELL'EUROPA

Mladic è l’emblema del fallimento dell’Europa, della crudeltà e dell’odio che generarono la bonifica etnica (per alcuni, un odio che risale all’uccisione del padre di Mladic per mano degli ustascia, gli estremisti fascisti croati della Seconda guerra mondiale), odio che si è concretamente ritorto su di lui col suicidio della figlia, secondo alcuni sotto il peso della vergogna per i crimini del padre, secondo altri perché il fidanzato era stato mandato dal padre al fronte e lì era morto.

Innumerevoli sono gli episodi in cui spicca la malvagità dell’azione militare di Mladic degna del Medioevo. Non sarà l’ergastolo a restituire la pace ai familiari delle vittime, né a raddrizzare la stortura di una storia europea che dimostra la permanente incapacità del vecchio continente a imparare dai propri errori.

SARAJEVO?

Mladic è un ergastolano, oggi, incredibilmente giudicato innocente per il genocidio ai danni della popolazione di Sarajevo (seppure colpevole per Srebrenica e altri massacri). Oggi che cosa resta di questa condanna? Il silenzio degli innocenti, dei morti. L’urlo di due generazioni, genitori e figli, che risuona nelle coscienze di quanti furono complici per indifferenza, convenienza o viltà. In Europa e nel mondo. Ecco perché nessun Tribunale internazionale potrà mai ristabilire un equilibrio tra le colpe impunite e gli imperdonabili crimini commessi.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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