"Mettetevi d'accordo con la camorra"
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"Mettetevi d'accordo con la camorra"

Il disperato appello di un imprenditore taglieggiato dalla criminalità organizzata che dopo 13 anni non ha ancora ottenuto giustizia: «Sembra allucinante ma parlare con un boss è più facile e produttivo che parlare con lo Stato o i suoi rappresentanti»

Ecco qui non solo vince, ma stravince la camorra. Luigi Leonardi, imprenditore taglieggiato da tredici anni, chiude per mafia, ma si ammala di Stato. E ci sono tutti gli ingredienti della malaburocrazia: la solita giustizia lenta, le associazione antimafia usa e getta, le sentenze che non arrivano, i prefetti che non rispondono, i pm che ritardano.

Leggete l’elenco: 13 anni dalla prima denuncia, 300 riconoscimenti, 8 udienze, 2 maxi processi, 23 le denunce complessive, 3200 le pagine della prima sentenza, 42 i camorristi che ha denunciato. «E pensare che per incendiarmi il negozio ci hanno impiegato 2 ore e mezza, io per dimostrare che è stato incendiato è da cinque anni che metto insieme carte». E non solo gli hanno incendiato un negozio nel 2009, costretto a chiuderne altri 4 sparsi nel napoletano che davano lavoro a 32 operai.

Su dieci camorristi che ha segnalato, tre sono a piede libero e hanno perfino minacciato il fratello emigrato intanto in Germania. Sono riusciti a farlo ricredere: nel 1997 aveva messo sù una fabbrica di illuminazione, nel giro di pochi anni la camorra ha iniziato a estorcergli denaro, pian piano farlo arrendere, adesso rimpiangere: «Non denunciate, mettetevi d’accordo con loro».

Leonardi che dalla camorra ha pure subìto un sequestro di persona e che avrebbe diritto a una sorveglianza speciale, così come prevede la legge che tutela le vittime di mafia, in tre anni non ha visto nessuno: «Dovrebbero venire ogni giorno i carabinieri a casa mia per sincerarsi delle mie condizioni, ma chi li ha visti in questi anni?». E la risposta è ancora più imbarazzante della negligenza: «Mi hanno detto che secondo le statistiche chi denuncia non corre pericolo. Ma cos’è un pericolo secondo loro?».

In quattro anni gli hanno estorto fino a 250 mila euro al mese, obbligato ad assumere uomini vicini ai clan e quando è riuscito a pagare si sono presi pure l’auto e la moto al punto di intestarseli con tanto di passaggio di proprietà. Dunque non sarebbe bastato questo? E invece Leonardi racconta che già la prima udienza ritardava e che addirittura per colpa di un lontano parente che aveva problemi di narcotraffico era stato additato come la pedina «di non so quale manovra eversiva per insabbiare altre indagini. Ma l’incendio era chiaro con tanto di latta di benzina». Per iniziare il processo sono passati due anni e altro tempo si è perso perché il primo pm, secondo Leonardi «era impegnato a scrivere un libro». Per dimostrare la perdita e il valore della sua attività è stato un turbine di atti notarili: «Mi chiedevano le fatture che erano andate perse durante l’incendio». E un riconoscimento per il danno che ha subìto Leonardi lo ha avuto se non fosse un ulteriore onta a carico del sistema.

Una perdita stimata nel valore di un milione e mezzo di euro circa, si è tramutata in un rimborso di soli 30 mila euro. Leonardi dice che quei soldi non li ha toccati e li tiene depositati in banca perché è come prenderlo in giro due volte. E preso in giro si sente anche dalle associazioni antimafia che prima si sono interessate al suo caso e poi impaludate: «Gli interessava il caso eclatante, due settimane per fare campagna pubblicitaria poi nulla, avvocati che litigavano con l’associazione e che abbandonavano tutto…». Su dieci camorristi che ha denunciato, tre di questi sono passati a minacciare il fratello. E come si può rimproverare questo fratello che ha deciso per l’omertà? «Ho conservato i suoi messaggi, lui non denuncia. E’ arrabbiato con me, come mia madre del resto. Avrei dovuto preferire il quieto vivere come fa il 90 per cento degli imprenditori napoletani. Si, hanno ragione loro, ho sbagliato». Leonardi vive affittando la casa in nero, e lavora in altrettanto colore: «Nessuno mi vuole affittare una casa, nessuno mi fa lavorare se non di nascosto». Lo ha lasciato la sua compagna: «La capisco». E attenzione i tre che hanno minacciato il fratello sono gli stessi che hanno fatto ritardare il processo. Qui il diritto tocca il punto più basso, la giustizia non si rialza: «C’è stato un ritardo di otto mesi perchè il postino non li trovava. Si trattava di un difetto di notifica nella raccomandata». E non riesce a parlare con nessuno: «Parlare con un boss è più facile di parlare con lo Stato o i suoi rappresentanti. Mediare con la camorra più produttivo. Sembra allucinante ma è la verità». Insomma, qui non c’è solo la provocazione di Leonardi ma una resa dell’imprenditoria, e anche un’ulteriore e la solita prova: il cavillo è il vero braccio armato della camorra.

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Carmelo Caruso