Ma Salvo Mandarà anche se stesso a quel Paese?
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Ma Salvo Mandarà anche se stesso a quel Paese?

Lo strampalato addio all'Italia del video-blogger di Grillo e il precipizio del MoVimento a cinque stelle

 

Tutti i maggiorenni dal cuore forte dovrebbero ascoltare l’annuncio video col quale Salvo Mandarà, blogger e film-maker vivente dei comizi di Beppe Grillo, cinquestellato della prima ora, dice addio all’Italia. L’alta motivazione politica della decisione è la seguente: “Non voglio più vivere in uno Stato di merda come questo, dove c’è un popolo di merda”. La stragrande maggioranza degli italiani “sono colpevolmente debosciati, vigliacchi, ignoranti”. Come si può restare in un paese nel quale “un presidente della Repubblica parla al telefono con un mafioso di merda e fa distruggere le intercettazioni telefoniche?”. Il “mafioso di merda” sarebbe l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, che ovviamente fino a prova contraria non lo è (al pari di me e Mandarà). Ma non sarebbe il solo. Ignazio Marino, che ha vinto il primo turno delle elezioni a sindaco di Roma, è “perbene” ma sta nel Pd, un “partito di merda, pieno di mafiosi e delinquenti”. Buio pure sul centrodestra. L’Italia ha avuto un presidente del Consiglio “che è stato un delinquente per vent’anni e viene ancora votato da 9 milioni di italiani”. Non si salvano neppure gli italiani che hanno votato Grillo alle politiche, oltre 8 milioni rivelatisi per la maggior parte “vigliacchi” perché gli hanno voltato le spalle alle amministrative.

Insomma, come si può restare in un Paese nel quale c’è gente contenta che Napolitano (e non Mandarà) sia il capo dello Stato? In pratica, gli unici italiani “non di merda” sono quelli che voteranno in eterno Beppe Grillo.

E veniamo alle motivazioni personali. A Mandarà padre non è andato giù il comportamento della scuola verso il figlio (ci dispiace parlare qui di un minorenne, ma è stato il padre a metterlo in piazza facendone quasi una bandiera). Mandarà accusa gli insegnanti di non averlo avvertito che da due settimane il figlio non frequentava, non entrava in classe. Aggiunge che ancora un po’ e il figlio sarebbe finito pure lui a spacciare come i suoi amici, “ladri e spacciatori”. Che per di più al figlio hanno rubato a scuola l’Ipad e che i carabinieri (i cui figli di solito non hanno Ipad, come non lo hanno i miei) sono da censurare perché al padre hanno detto che se avesse accusato qualcuno con nome e cognome, senza prove, si sarebbe esposto a una controquerela.

Una piccola domanda a Salvo, da padre a padre: mai avuto un dubbio su se stesso, sul proprio ruolo di padre, sulle proprie responsabilità di padre, sui propri insegnamenti di padre, sul proprio linguaggio di padre, quello che i figli ascoltano in casa, sulla propria cultura che trasuda la profondità delle motivazioni delle sue scelte e la finezza di quel suo modo di esprimerle, sulla propria larghezza paterna di vedute dalla quale stilla un sano odio, una schietta violenza verbale e una candida arroganza, e sulla capacità (o no) di fare autocritica, sulla disinvoltura con cui distribuisce patenti di perbenismo a chi la pensa come lui, oppure di mafiosità a parecchi nel Pd, o di delinquenza a un ex premier (Berlusconi) e di conseguenza a 9 milioni di elettori che gli hanno ridato fiducia, e infine di “merdosità” all’Italia e alla stragrande maggioranza degli italiani esclusi (è ovvio) quelli come lui?

Vorrei esprimere tutta la mia solidarietà al figlio di Salvo Mandarà. Anche a quegli insegnanti che a torto o a ragione devono confrontarsi ogni giorno con genitori di merda (visto che gli italiani per lo più lo sono). Solidarietà ai carabinieri, che ogni sera dovrebbero chiedersi, di fronte alla reazione di certa gente (di merda, per la ragione di cui sopra), se valga la pena di esser sempre così pronti ad aiutare e dar consigli.

Un’ultima domanda a Mandarà: sei proprio sicuro, Salvo, che a Monaco di Baviera ti accoglieranno a braccia aperte? Non penseranno che sia anche tu uno di quegli “italiani di merda”?

 

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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