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AFP PHOTO / DIMITAR DILKOFF
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L'Europa e i migranti, tra Frankenstein e Arlecchino

Dal vertice straordinario di Bruxelles, quel che esce è la solita incapacità dei Paesi membri di parlare - metaforicamente - un'unica lingua

Navigazione a vista sui migranti. Il vertice straordinario a Bruxelles si è rivelato l’ennesimo appuntamento con esiti minimali: voto a maggioranza sulla redistribuzione dei profughi arrivati in Italia e in Grecia, annunci di miliardi da investire nella gestione delle “frontiere esterne” dell’Unione. Ma nella pancia degli accordi, nel dietro le quinte del dibattito, e anche nella pubblica rivendicazione del dissenso da parte dei Paesi dell’Est, si riconosce la solita Babele europea.

Ha ragione Edward Luttwak, l’analista e politologo americano sempre franco e quindi politicamente scorretto, a non vedere nell’Europa un soggetto, un interlocutore, un’entità compatta che sulla scena mondiale parli con una voce e sia portatrice di valori certi (o almeno di un sano pragmatismo consapevole del comune interesse).

I 28 vanno in ordine sparso, litigano tra loro, tutte le decisioni vengono prese dopo estenuanti dibattiti notturni e bracci di ferro diplomatici in cui ci si scanna sulla scelta dei vocaboli. Come se la differenza la facesse la distinzione lessicale e non la sostanza dei fatti (e delle risposte).

Tante contraddizioni, nessuna strategia

L’Italia avverte che non identificherà i migranti se non in parallelo con l’impegno concreto dei partner a spartirsi l’onere dei nuovi arrivi. La Germania e l’Europa del Nord tengono Italia e Grecia “sotto osservazione” proprio per l’assenza di procedure certe di identificazione. I Paesi dell’Est continuano ad agire in proprio alzando muri e lanciando spot hollywoodiani contro l’ingresso dei profughi.

Leader continentali che dovrebbero dare messaggi chiari (leggi Angela Merkel) finiscono anche loro per fornire indicazioni contraddittorie, di apertura e chiusura a singhiozzo. Sempre al traino, a rimorchio degli eventi. Una doccia scozzese che invece risparmia proprio i britannici, netti nella posizione di solidarietà in mare e rigore alle frontiere (non a caso il Regno Unito e l’Irlanda sono fuori Schengen).

La realtà è che di fronte a un’emergenza epocale come l’esodo dal Medio Oriente e dal Nord Africa verso l’Europa, quest’ultima non riesce a elaborare una strategia. Guarda agli effetti e non affronta le cause (le guerre), è complice del problema (avendo abbattuto o osteggiato i dittatori che garantivano la stabilità di Siria e Libia) e sconta tutte le inadeguatezze di una coesione malriuscita e di un’identità metà Arlecchino, metà Frankenstein.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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