Le strane frane di Punta Bianca
News

Le strane frane di Punta Bianca

I crolli della costa agrigentina: tra le cause le esercitazioni del poligono di tiro di Drasy. Protestano le associazioni ambientaliste

Continua a franare la costa agrigentina. Le splendide falesie di Punta Bianca, promontori argillosi a picco sul mare che rappresentano un patrimonio naturale unico e che sovrastano le caratteristiche spiagge bianche, a pochi chilometri dalla Valle dei templi e dalle bellissime spiagge della scala dei turchi, subiscono ogni anno almeno tre o quattro crolli significativi al punto che negli ultimi vent’anni la costa è arretrata di una ventina di metri.

L’ultima frana è avvenuta lo scorso sette gennaio quando è franato un pezzo di terra di 15 metri di profondità precipitando in mare per trenta metri come si vede dalle foto inviate dall’associazione ambientalista MareAmico.

Tra le cause che determinano questi periodici crolli c’è la presenza del poligono di tiro di Drasy che si trova proprio sul promontorio di Punta Bianca. Qui i carrarmati e i mezzi pesanti del quarto reggimento guastatori e dei lancieri della brigata Aosta, sparano quasi ogni giorno da 57 anni ed i cannoneggiamenti vengono avvertiti fino ad Agrigento, Palma di Montechiaro, Favara, Porto Empedocle e Realmonte.

«Questi bombardamenti – chiarisce Marco Interlandi, geologo di Legambiente Sicilia e direttore della riserva naturale Grotta di Sant’Angelo Muxaro – contribuiscono a destabilizzare un terreno che già di per sé presenta alcune criticità ambientali a partire dalla conformazione delle falesie costituite da materiale argilloso e da sabbia sottoposte al normale processo di erosione dato dal moto ondoso. La costa è ancora più fragile, poi per presenza di porti, barriere frangiflutto, un’eccessiva urbanizzazione, e la cementificazione dei fiumi. Per stabilire con esattezza quanto abbiano influito nel processo di erosione della costa bisognerebbe avere sottomano i rilievi cartografici antecedenti all’inizio delle esercitazioni».

puntabianca3_emb8.jpg

«Ai crolli poi si aggiungano anche - continua Claudio Lombardo, presidente dell’associazione ambientalista locale, MareAmico firmatario della proposta di istituzione della riserva naturale di Punta Bianca - i gravissimi danni di inquinamento del mare causato dai quintali di piombo ed altri materiali pericolosi, contenuti nei proiettili e nelle ogive, che vengono sparati quasi ogni giorno».
Un’ordinanza della capitaneria di Porto Empedocle del 30 dicembre che vieta l’accesso all’area per le esercitazioni militari, precisa che, dall’inizio dell’anno ad oggi ci sono stati cannoneggiamenti, dalle 8 alle 24, il 2, il 3, il 4, il 7 (giorno della frana), l’8, il 9 il 10, l’11, il 13 il 14 e anche oggi, il 15 gennaio. Praticamente quasi tutti i giorni. Ed esercitazioni, con questo ritmo sono previste fino alla fine di aprile.
Gli spari continuano nonostante l’assessorato regionale ai beni culturali, nel 2001, abbia dichiarato l’area di notevole interesse pubblico in risposta alla proposta di istituire in quell’area una riserva naturale.

Sono passati dodici anni ed i cannoneggiamenti continuano ma nell’autunno 2013 sembra essere arrivata la svolta con l’impegno dell’assessora regionale all’ambiente, Mariella Lo Bello a dichiarare il territorio riserva naturale e a spostare il poligono di tiro in un altro sito della regione compatibile con le esigenze militari. L’accordo – raggiunto, lo scorso ottobre, nell’incontro congiunto con l’esercito italiano, le associazioni ambientaliste e Legambiente – prevede che entro la fine del 2013 sull’area di Punta Bianca – la regione avrebbe posto anche il vincolo ambientale primo passo per l’istituzione della riserva. Ma fino ad oggi ancora nulla si è mosso.

puntabianca2_emb8.jpg

«I ritardi burocratici– spiega Lo Bello – derivano dalla complessità dell’iter che mette insieme ben quattro assessorati ossia ambiente, agricoltura, energia e beni culturali». «Grazie anche alla disponibilità dell’esercito italiano – continua l’assessora - la regione stiamo lavorando per individuare un sito alternativo. Abbiamo già delle ipotesi al vaglio nelle province, ad esempio, di Caltanissetta e Palermo. Non sono zone costiere ma dell’interno. Nulla di definitivo. Contiamo però di definire il nuovo sito entro i primi di febbraio e destinare i successivi 5 mesi per le operazioni di trasferimento dei militari. Mentre il vincolo ambientale, che deve aggiungersi a quello dei beni culturali e degli altri assessorati coinvolti, è previsto per aprile».

 

 

I più letti

avatar-icon

Mariangela Latella