Sbagliato comprare i tablet agli insegnanti
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Sbagliato comprare i tablet agli insegnanti

Che vadano al Sud o al Nord, le poche risorse che abbiamo vanno investite per migliorare le scuole e l'insegnamento.

La farsa del tablet per tutti gli insegnanti. Anzi, per tutti gli insegnanti meridionali. Due farse, quindi. Parliamone.

Un amico, un insegnante di quelli che la scuola dovrebbe ringraziare e premiare ogni giorno per il lavoro che svolgono con passione e competenza, ha postato sul profilo facebook questo commento a caldo: “Oggi un mio amico ha domandato in una seconda classe del liceo delle scienze umane, di 30 allievi e allieve, quanti siano disposti a studiare sul tablet piuttosto che sul cartaceo. Solo in sei si sono dimostrati disposti a cambiare dal libro all’i-pad. Forse questa storia dei nativi digitali è un po’ troppo ‘gonfiata’. Forse invece di spendere molti euro per arricchire la Apple, attraverso gli acquisti che il Miur sta per fare volendo dotare le classi di tavolette, andrebbero spesi i soldi per formare dei bravi insegnanti. Non dico aumentare i salari, ma formare insegnanti!”.

A parte i riferimenti alla Apple (non voglio neanche pensare, e forse non lo pensa neppure il mio amico, che la scelta di distribuire tablet a pioggia sia solo un modo per arricchirla), c’è da capire, questo sì, quale modello di scuola vogliamo.

Oggi, la scuola è un’immensa agenzia di collocamento. Lo è sempre stata. Spesso, gli insegnanti sono entrati in ruolo al di fuori dei concorsi. Spesso, gli insegnanti sono madri di famiglia che in questo modo si sono assicurate (lo Stato ha assicurato loro) la possibilità di guadagnare uno stipendio e avere tempo libero, in Italia dove a scuola non c’è tempo pieno, per accudire i figli (e il marito, secondo la nostra antica concezione mediterranea). Una volta collocati, gli insegnanti, o meglio le insegnanti, sono abbandonati/e a se stessi/e. La formazione è un miraggio. La verifica dei risultati, anche. Il merito è questo sconosciuto. Il certificato medico è stampato in serie. L’assenteismo galoppa. L'età media del corpo docente non ha paragoni in Europa (il 55 per cento di over 50 in Italia, il 30 in Francia e il 32 in Gran Bretagna).

E qui interviene anche una separazione tra Nord e Sud, di civiltà e di costume, che purtroppo è nei fatti, e della quale il Meridione per primo dovrebbe prendere coscienza (ma forse lo ha fatto e sta bene così). Non si spiegherebbe altrimenti perché secondo l’indagine nazionale realizzata dalla rivista Tuttoscuola nel 2011 (ricordata oggi sul Corriere della Sera da Giovanni Belardelli), il record d’assenteismo è al Sud, mentre ai primi quattro posti per presenze ci sono province piemontesi, e perché nel Meridione c’è una singolare elargizione di bei voti (in Calabria, il doppio di 100 e 100 e lode alla maturità rispetto alla Lombardia). Il trionfo della mentalità dell’assistenzialismo anche attraverso la manica larga dei professori.

Non parliamo poi delle condizioni in cui versano gli istituti scolastici, di degrado e mancanza di fondi. Quanti di noi hanno dovuto partecipare alle collette per l’acquisto della carta igienica nelle scuole dei nostri figli? Ed è solo un esempio. Basterebbe anche fare un paragone tra il laboratorio medio di una scuola superiore italiana e i laboratori scolastici nella più sperduta cittadina dell’ultimo Stato in USA. Ma adesso arrivano i tablet, come se dotare un insegnante (meridionale) di tablet fosse il traguardo della digitalizzazione nella scuola.

Ma sappiamo benissimo che quel tablet va poi usato, e si deve imparare (e insegnare) a usarlo, e sarà utilizzato in un modo che forse non sarà principalmente a favore degli studenti. Oppure finirà in un cassetto.

Al di là dell’odiosa, sottostante concezione razzista del tablet solo ai sudisti (doppiamente razzista, nei confronti del Nord e del Sud, anche se in modo diverso), non avrà ragione il mio amico insegnante? Non sarà meglio pensare prima all’idea che vogliamo di scuola, prima di distribuire i-pad, e a formare gli insegnanti invece di consegnare a tutti (al Sud) uno strumento che rischia di restare imballato anzitutto nella loro testa?

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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