La blasfemia crimine internazionale? No grazie
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La blasfemia crimine internazionale? No grazie

La richiesta del ministro degli Esteri francese di chiedere all'Onu che la bestemmia diventi un crimine scatena il dibattito

Per l’Islam è una blasfemia la satira su Maometto. Per l’Occidente è una blasfemia la farsa di una democrazia dimezzata. Allora come la mettiamo? Una sola cosa deve farci paura: la paura. Fa paura vedere come la paura (per chi governa la paura si chiama prudenza e responsabilità), sottilmente ma con costanza e insidia crescenti si stia insinuando in Occidente e rischi di produrre un’involuzione culturale censoria. La morte della libertà. Che farebbe crollare il pilastro su cui si fonda la forza della civiltà occidentale, la sua capacità di resistere e di crescere.

Fa paura vedere come Laurent Fabius, ministro degli Esteri del Paese che è la patria laica della Rivoluzione, la Francia, si sia detto pronto, al Cairo, a sostenere la proposta del grande Imam egiziano di Al Azhar, Ahmed el Tayyeb, di chiedere all’Onu che la blasfemia diventi un crimine a livello internazionale. Lo riporta la Mena, l’agenzia di stampa egiziana, e quasi di rimbalzo il ministro degli Interni francese, Manuel Valls, ribadisce che “la libertà di espressione, incluse le vignette, è un diritto fondamentale”.

Tutto avviene nel giorno in cui il settimanale satirico francese Charlie Hebdo, già bersaglio di attentati islamisti per la sua satira feroce sulle religioni, pubblica nuovamente una serie di vignette su Maometto : in copertina un ebreo ortodosso che spinge su una sedia a rotelle una figura col turbante e nelle pagine interne numerose caricature del Profeta. “Una provocazione”, per Fabius. E lo è, oggettivamente, non tanto per il contenuto quanto per la scelta dei tempi. Quelle immagini, come nel 2005 le vignette pubblicate da un periodico danese che innescarono proteste con almeno 50 morti come bilancio finale, grondano potenzialmente sangue.

I Fratelli musulmani gridano all’ennesimo “insulto”. La Francia e le sue ambasciate si blindano. Il segretario generale della Lega Araba, Nabil el Araby, dice chiaro che "prima il film che ha provocato reazioni violente, ora le vignette su Maometto… Queste cose devono finire".

A Bruxelles il presidente egiziano e "fratello musulmano" Mohamed Morsi avverte che "Maometto non si tocca". È la “linea rossa” che nessuno deve superare, pena la morte. E si moltiplicano le notizie sui processi per blasfemia nel mondo arabo: un insegnante cristiano condannato a 6 anni di carcere, una quattordicenne (sì, 14 anni) sotto processo in Pakistan per aver bruciato un Corano… Tutti ricordiamo la fatwa iraniana che incombe da 23 anni sullo scrittore Salman Rushdie per i suoi Versi satanici. E proprio Rushdi e fa sapere da New York che la situazione non è affatto migliorata da allora, anzi. "C’è un clima di paura, qualcosa nel mondo arabo è andato nel verso terribilmente sbagliato. I Versi Satanici oggi sarebbero impubblicabili". Il mondo va al contrario, tiene il passo del gambero.

Già adesso interviene la censura di Internet, calibrata sulle diverse matrici etnico-religiose. Oscurato il web in Egitto e Pakistan per evitare bagni di sangue. Già cominciano le epurazioni anche tra noi. L’editore Gallimard cancella uno dei suoi editor più illustri, Richard Millet, che ha legato il suo nome a svariati premi Goncourt, per aver scritto un pamphlet di 18 pagine, Elogio letterario di Anders Breivik, dando una (troppo) originale chiave di lettura della strage di Utoya, in Norvegia.

Il boia anti-immigrati Breivik sarebbe “solo” il simbolo del suicidio e dell’angoscia dell’Occidente. Così lo si nobilità? Lo si giustifica, quasi? La discussione è aperta, ma è stata anche subito chiusa da quella che Elizabeth Lévy, direttrice della rivista Causeur, bolla senza mezzi termini come "la Fatwa di Saint-Germain-des-Prés".

I passi della libertà in avanti sono lunghi, faticosi e incerti. I passi indietro rapidi, indolori e difficilmente reversibili. In Occidente e, soprattutto, nel mondo islamico. La sensibilità e la suscettibilità religiosa variano molto da Kabul a San Francisco. Chi stabilisce il limite? Chi la linea rossa? Allora va detto senza esitazioni: la blasfemia crimine internazionale? No, grazie.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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