L'indecente balletto sull'abolizione delle province
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L'indecente balletto sull'abolizione delle province

Abolizione degli enti intermedi, dimezzamento dei parlamentari, taglio delle pensioni d'oro, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, vendita del patrimonio pubblico: le promesse da marinaio di quelli che ci governano

 

Ma non l’avevamo già fatta l’abolizione delle province? Non erano già sparite da qualche anno, anzi qualche mese, anzi qualche settimana? Io pensavo che questa, almeno, fosse andata liscia. Tutti d’accordo. Come il finanziamento pubblico dei partiti. L’abbiamo abolito, no? I partiti stanno traslocando di sede in sede per ridurre le spese, nelle loro casse non entra più un nichelino. Noi non dobbiamo più destinare una percentuale (sia pur piccola) al foraggio di Pdl, Pd e quella parte di grillini che vorrebbero fare l’accordo con Vendola ed Epifani e per farlo rompono sulla diaria che è una cosa seria, un tema politico “qualificante”. Tutto abbiamo fatto. Tutto. Anche la ripartenza delle grandi opere. Mi pare che sia stato piantato pure il primo pilone del Ponte di Messina, perché è un bel fiore all’occhiello per l’Italia e una bella sorgente di lavoro per migliaia di lavoratori, poi perché non farlo più ci sarebbe costato troppo. Qualcuno voleva cassarlo. Non ci è riuscito. Il Ponte si farà.

Abbiamo anche dimezzato il Parlamento. Il Senato, se non sbaglio, ormai è solo una Camera delle Regioni. Non costa nulla, perché ne fanno parte gli amministratori che si accontentano della loro indennità locale. O sbaglio? S’era detto di farlo , no? Succedeva anni fa. Ci siamo riusciti, mi pare. È stata fatta la riforma della giustizia per obbedire alla volontà degli elettori sulla responsabilità civile dei magistrati. Ultimamente, la riforma è passata perché troppe volte le corti internazionali di giustizia ci hanno condannato per le lungaggini dei processi che si risolvono in denegata giustizia.

Anche l’informatizzazione della pubblica amministrazione è ormai cosa fatta. Ne abbiamo l’esperienza quotidiana. Sono particolarmente contento di alcune elementari misure di giustizia sociale dipendenti dall’emergenza economica. Per esempio un minimo taglio delle pensioni d’oro, un 10 per cento... Fatto. Siamo tutti sollevati e paghiamo più volentieri le tasse. A questo proposito, abbiamo abolito l’Imu sulla prima casa, non aumentato (per sempre) l’Iva, tagliato il costo del lavoro, semplificato il fisco. Fatto, fatto, fatto.

E, naturalmente, abbiamo cominciato a vendere il patrimonio pubblico. Caserme e palazzi abbandonati, cadenti. Inservibili. Costosi. Adesso sono remunerativi. Venduti ai privati.

Fortuna che è stata fatta una esauriente spending review da svariati governi, sempre aggiornata, e su quella base sono stati realizzati tagli decisivi per abbassare le tasse. Che abbiamo abbassato, vero? Nessuno contrario. Tutti a favore.

Non c’è stata Corte Costituzionale, Corte dei Conti, Corte qualunque, Corte dei miracoli o Coorte di no-qualcosa che abbia potuto sabotare la concretezza italica.

Niente parole, non più solo promesse. Ma fatti. Un bel risparmio l’abolizione delle province. Un bel risparmio anche pensare d’averlo fatto solo per averne parlato molto. Poi, un giorno, ci sveglieremo dal sogno. Domandina: ma i risparmi dell’abolizione delle Province, anche quelli sono stati già messi a bilancio? Ma nei bilanci le parole non bastano. O sì?

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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