Longo, il "pistolero", Kabobo, il "disperato"
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Longo, il "pistolero", Kabobo, il "disperato"

Basta guardare gli ultimi fatti di cronaca: viviamo in un paese che difende gli assassini

L’avvocato e deputato Luigi Longo“ama discutere, ma con la pistola in tasca”, scrive Repubblica in un sarcastico commento di prima pagina. L’avvocato che “prima di Berlusconi difendeva i due neonazisti assassini di Ludwig e gli estremisti accusati di ricostituzione del partito fascista, ha la vocazione del giustiziere… L’unico dubbio che lo coglie, semmai, è se usare la Ruger, l’altra 38 special o la 765 semiautomatica”. Cioè una delle tre armi che Longo ha detto a “La Zanzara” di possedere. Repubblica si scomoda addirittura a ripescare una citazione di Goebbels (“Possiamo fare a meno del burro ma non delle armi, perché col burro non si spara”. Infine: “Le sparate dell’avvocato Longo ci ricordano che la pacificazione invocata dal Cavaliere è solo il burro al quale non sarà difficile rinunciare quando verrà l’ora delle pistole”. Mah.

Trovo incongruo e allucinante il (mal)trattamento mediatico riservato a un uomo tranquillo che ha avuto l’unica “colpa” di confessare che lui a Mada Kabobo, il picconatore di Milano, gli avrebbe sparato “subito dopo aver capito cosa stava facendo”. Attenzione: non gli avrebbe sparato subito per ucciderlo, ma “due volte alle gambe” e poi addosso. Per impedirgli di fare una strage. Cioè, l’avvocato Longo ha detto una cosa banale. Avrei fatto lo stesso, credo, anzi spero, se avessi avuto una pistola con regolare porto d’armi e, soprattutto, se avessi saputo usarla. Se questo fosse stato l’unico modo per impedire a Kabobo di abbattere indisturbato tre poveri cristi.

Nessuna indulgenza dei media verso Longo, mi auguro non per il fatto che è avvocato del Cavaliere e parlamentare del Pdl. Tanta, invece, forse troppa, ogni giorno, verso criminali per i quali c’è sempre qualcuno che ne assolve i comportamenti (i crimini) con richiami all’influenza ambientale, alla cultura familiare, alle condizioni di vita. Con il risultato che lo sconto di pena è diventato la regola anche rispetto ad assassini che alle loro vittime, di sconti, non ne hanno fatto nessuno. E che, anzi, hanno dimostrato una raggelante indifferenza.

Come Remi Nikolic, condannato lo scorso marzo a 15 anni (14 per omicidio, 1 per altri reati) rispetto ai 26 chiesti dal Pm, grazie a 4 anni di sconto per via del contesto familiare in cui era cresciuto (e questo non è razzismo al contrario?): a quasi 18 anni Nikolic aveva infatti precedenti penali (“non particolarmente rilevanti”) e, soprattutto, in famiglia era stato abituato alla “commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento”, in più non frequentava la scuola. Stando così le cose, è diventato meno grave travolgere deliberatamente con un Suv un vigile di 42 anni che stava svolgendo controlli in un parcheggio, trascinarne  il corpo per 200 metri sull’asfalto fino a ucciderlo, e scappare. E se per caso fosse intervenuto un poliziotto o carabiniere per fermarlo a colpi di pistola e lo avesse colpito, sarebbe stato subito indagato, avrebbe passato i suoi guai.

Sconto di pena, nei giorni scorsi, anche ad Anna Casciano, che già aveva ottenuto 16 anni in primo grado rispetto ai 30 richiesti dall’accusa, per aver massacrato a coltellate la futura suocera dopo averla spaventata con una maschera da diavolo. Non avendo il giudice mutato il titolo di pena ma solo escluso le aggravanti, l’accusa non ha potuto fare ricorso. L’ha fatto invece la difesa, fiduciosa nel fatto che grazie al rito abbreviato la pena non poteva comunque essere aumentata. Quindi, ulteriore sconto di due anni, da 16 a 14. E ancora, solo per restare agli ultimi giorni, che dire dei 16 anni (sembra la regola ormai) contro i 30 invocati dal pm, comminati dal gup del Tribunale di Ascoli ad Alvaro Binni per aver ucciso Rossella Goffo nel 2010. Scomparve ad Ancona, Rossella, furono ritrovati solo qualche ossa, brandelli di vestiti e un braccialetto. Gli avvocati della famiglia ringraziano già per il fatto che sia stata riconosciuta la colpa…

Al contrario, quante pubbliche giustificazioni, se non addirittura apologia e solidarietà, per criminali come Luigi Preiti che ha sparato ai carabinieri sotto Palazzo Chigi e ne ha paralizzato uno a vita. Ma tolleranza zero per il giornalista che posta sui social network fotomontaggi osè del presidente della Camera, Laura Boldrini. Crimine massimo.

Posso dirlo? È proprio uno strano mondo quello in cui viviamo.     

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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