Il PdL è come i computer: se s'impallano bisogna resettarli, bonificando il sistema
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Il PdL è come i computer: se s'impallano bisogna resettarli, bonificando il sistema

Serve a poco parlare di nuovo nome, nuovo simbolo e nuova forma partito, se poi restano le vecchie facce e le vecchie abitudini

Il dilemma e dramma del Popolo delle Libertà è tutto nel botta e risposta tra il sindaco di Roma Gianni Alemanno e l’ex sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. Per Alemanno nelle prossime elezioni regionali a Roma “non è opportuno presentare il simbolo del PdL”. Replica Crosetto: “Non sono le liste a dare dignità ai candidati, ma i candidati a dare dignità alle liste”.

Come dire che il PdL potrà anche cambiare nome, simbolo, perfino struttura, ma per avere qualche speranza di riconquistare al centrodestra gli elettori delusi, deve cambiare anzitutto persone, classe dirigente, volti che vanno in televisione.

Paradossale il dibattito sulla forma partito: se debba essere all’americana, agile, presente e dinamico soltanto sotto elezioni, o tradizionale all’italiana, con sezioni e sedi in tutte le regioni. La realtà è che il PdL, come già Forza Italia, è un movimento d’opinione (e purtroppo in qualche caso una lista di collocamento) più che un partito, legato alla figura del fondatore Silvio Berlusconi e destinato a espandersi o deperire a seconda della fortuna politica del suo leader. Un non-partito, che radica la sua forza solo nella fiducia che riesce a instillare negli italiani attraverso la credibilità dei suoi esponenti. Fiducia oggi sottozero. Credibilità oggi a brandelli.

Come fare per recuperare questa forza? Si può soltanto resettando, certo. Reset ora è la parolina magica. Resettare significa non solo azzerare, ma azzerare per ripartire. Come quando si spegne il computer imballato e al momento di riaccenderlo si ripulisce il disco e si reimposta tutto. Con la speranza che non abbia perso la memoria e, soprattutto, che l’hardware non sia bacato in modo irrimediabile.

Ecco, è velleitario e un po’ truffaldino pensare di resettare il computer del PdL senza ripulire anche il disco eliminando file temporanei, cronologia, password e sequenze maligne: virus, cookies, spywares e l’intero ciarpame informatico di cui l’uso (e l’abuso) hanno sovraccaricato il sistema. Non sono i nomi, i simboli, le liste a dare dignità ai candidati, ma viceversa. Non è il tricolore che dà dignità agli italiani, ma gli italiani in carne ossa a dare dignità al Tricolore. Non è la marca a fare il buon computer, ma il buon “tecnico” (sia detto senza riferimento al governo dei tecnici), ossia l’efficienza operativa del sistema e i programmi, la manutenzione...

Ci sarà forse un’assemblea straordinaria del PdL il 2 dicembre, scrive il Corriere della Sera e conferma Osvaldo Napoli. Ci sarà il reset, giura Daniela Santanché. Tutti sono consapevoli nel partito che il partito stesso va rottamato per rilanciare il centrodestra in Italia, afferma il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti. Intanto, però, bisogna fare attenzione “a non buttare il bambino insieme all’acqua sporca (e per inciso come mai Fiorito non è stato ancora espulso)?”, articola il capogruppo del PdL alla Camera, Fabrizio Cicchitto. Sfumano gli spacchettamenti (tipo An e Forza Italia). Risale il partito rinominato e rinfrescato.

Che cosa sarà, come sarà, il nuovo PdL? La domanda tradisce una qualche idea di fallimento in partenza. Nessuno per ora ha il coraggio di certificare che il PdL è morto, non solo archiviato ma stramazzato al suolo. La classe dirigente pidiellina interviene coralmente (ma sempre in modo stonato) per dire la sua su come si dovrebbe resettare il partito, eppure nessuno (specie tra i “vecchi”, è non è solo un problema di età) ha il coraggio di mettersi personalmente in gioco. Con rare eccezioni come quella del galantuomo Alfredo Mantovano, già sottosegretario all’Interno: “Io deputato del PdL? Ancora per poco”. Perché, fugge dal partito? “No, ma non so se sarò rieletto”. Lo confessa, vivaddio, con serenità almeno apparente, mentre altri non si lasciano neppure sfiorare dall’idea che dovranno/dovrebbero ritirarsi a vita privata. Ve l’immaginate un nuovo partito con un nome diverso da PdL, un simbolo originale e un nuovo indirizzo, ma nel quale si ostinino a rimanere tutti i vecchi inquilini, le vecchie facce, i vecchi nomi e, soprattutto, le vecchie abitudini?

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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