Gianni Cuperlo, il comunista incanutito
ANSA /A. Di Meo
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Gianni Cuperlo, il comunista incanutito

La surreale querelle che ha portato alle dimissioni dell'ultimo segretario della Fgci. Rischio scissione per il Pd - Simulazione italcum - Cuperlo vs Renzi: vota

 

La politica italiana riserva ancora qualche siparietto esilarante. Come le poco memorabili dimissioni di Gianni Cuperlo da presidente del Partito democratico in polemica con Matteo Renzi. Come se l’ultimo uomo della panchina del Real Madrid, calciatore di medio calibro avanti con gli anni e mai realmente emerso, si togliesse la maglietta per ripicca verso Ronaldo, goleador e idolo, e questo avvenisse in campo al Bernabeu davanti a un mare di tifosi che sugli spalti alzano lo striscione: “Siamo tutti Cristiano”. Sicché Cristiano dovrebbe uscire di scena.

Ora Cuperlo si dimette perché Renzi dal podio di segretario l’ha bistrattato rimproverandogli di eccepire sulle preferenze quando lui, Cuperlo, è stato sempre eletto con la protezione del listino: un nominato che non ha mai dovuto conquistarsi i voti, indicato da D’Alema col quale ha firmato libri autobiografici (di D’Alema). Malpancisti e nostalgici, settari di corrente, funzionari di partito, intellettuali d’area, cultori della memoria resistenziale e amministratori di sezione avranno provato un brivido ascoltando la grigia arringa del futuro ex presidente Cuperlo.      

Per la verità, la vicenda è piuttosto triste, se considerata dal punto di vista di Cuperlo, storico ultimo segretario della FGCI, la Federazione giovanile comunista italiana, da allora relegato a ruoli di secondo piano. All’epoca aveva 27 anni. Sarebbe diventato deputato per la prima volta a 45. Nessun segno distintivo. Nulla di nulla. Una vita nel partito. Nessuna professione, neppure quella politica, perché far politica significa amministrare (almeno un condominio, certo non il budget di un ufficio di Botteghe Oscure o del Nazareno). Insomma, solo un giovane comunista incanutito. Finché dalla rottamazione di D’Alema, nei box del Pd i meccanici non hanno salvato lo spinterogeno Cuperlo ancora funzionante dandogli nuova vita, una parte in commedia, e uno sprazzo finale di ribalta immeritata. Trama alla Charlot: risate e squallore. Fino alla lettera di dimissioni anticipata in una riunione di corrente:  “Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere”.

Frase illuminante. Cuperlo si dimette perché vuol bene al Pd e vuole che il partito non muoia e non cambi, perché se cambia muore. Per farlo, lancia l’idea di una “sinistra ripensata”. Come e da chi, è un mistero. Non da Renzi, ovvio (Renzi chi?). Magari da Cuperlo, Civati, Fassina, la Geloni. Dal correntino. Matteo-Ronaldo si faccia da parte. Arrivano Gianni, Pippo, Stefano e Chiara.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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