Europa-Russia: riecco la guerra fredda
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Europa-Russia: riecco la guerra fredda

Dietro gli scontri di Kiev c’è il progetto dell’Unione doganale di Putin. Che, per affermare il nuovo profilo geopolitico di Mosca, taglia i ponti con la Ue.

Bruxelles-Mosca: due mondi che non riescono più a capirsi. In mezzo c’è l’Ucraina, con la nuova crisi nata dalla mancata firma dell’accordo di associazione con la Ue, le rivolte dei manifestanti e la feroce repressione della polizia, che fanno tornare indietro l’orologio agli anni più bui della guerra fredda. «Resistenza antirussa» per gli europei. «Pogrom» per Vladimir Putin. Dieci anni fa a Bruxelles si puntava a creare «una relazione che avrebbe avuto tutto in comune, eccetto le istituzioni», secondo una celebre frase di Romano Prodi. Oggi le illusioni sono svanite. Al terzo mandato, il presidente russo Putin non vede più l’Ue come modello da imitare, ma da combattere, perché forgiato dall’America.

La testa, a suo parere, a Bruxelles è formata da un manipolo di burocrati inetti. Semmai è più proficuo dialogare con gli amministratori delegati delle principali aziende europee o, tutt’al più, con i singoli leader europei. Il corpo, dalla Scandinavia alla Penisola iberica, è fatiscente per il degrado morale della società, i matrimoni fra gay, la libertà non bilanciata dalle leggi. Per contro, Mosca oggi vuole apparire la patria della famiglia tradizionale e lo scudo del cristianesimo mondiale, assediato dall’Islam militante. In politica estera tutto ciò si traduce nella nuova dottrina dell’«integrazione economica euroasiatica», cioè il grande progetto dell’Unione doganale di Russia, Bielorussia e Kazakistan, che entro il 2015, con l’adesione di altri paesi ex Urss, si trasformerà in vera unione economica. È un modo per riaffermare il nuovo profilo geopolitico della Russia di fronte ai due grandi vicini dell’Eurasia: Ue a ovest, Cina a est. Se questo è l’obiettivo strategico, l’Ucraina, nella visione di Putin, non può essere abbandonata alle mire dei leader europei, Germania e Polonia in testa. Deve diventare membro a tutti gli effetti dell’Unione sotto guida russa, costi quel che costi. Lo dettano, a suo dire, la politica energetica, la demografia e soprattutto la storia comune di «un’unica civiltà», che ha la culla a Kiev. È una dottrina Breznev rivisitata, che non pare essere stata capita fino in fondo dai titubanti e divisi leader dell’Ue, tanto da avere sottovalutato sia i bluff del presidente ucraino sia la determinazione del capo del Cremlino. A Bruxelles occorrerebbe ripensare l’intera politica europea verso la Russia, stabilendo bene i confini e le pretese, con un presupposto ineludibile: sconfiggere l’autoritarismo di Putin spetterà più ai russi che agli europei.

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Pino Buongiorno

Giornalista, scrittore e consulente per la comunicazione strategica

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