Giorgio Gori e la vittoria della sinistra al caviale
Claudia Daconto
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Giorgio Gori e la vittoria della sinistra al caviale

L'ex patron di Magnolia, è il nuovo sindaco di Bergamo ma nei circoli del Pd festeggiano in pochi

Prendi la sinistra al caviale, toglici la sinistra e scopri chi ha vinto le elezioni amministrative a Bergamo: il caviale.

Il giorno dopo il trionfo elettorale di Giorgio Gori, la più chic delle province lombarde si scopre ancora più radical di quanto lei stessa potesse immaginare di essere.

Soprattutto nei precedenti cinque anni di amministrazione del destrissimo Franco Tentorio sconfitto al ballottaggio dall'ex enfant prodige della tv 53,5 a 46,5.

E non solo perché il neo-sindaco del Pd ha una moglie, la giornalista Cristina Parodi, che durante la campagna elettorale ha dichiarato al settimanale Chi di non aver mai votato una sola volta in vita sua a sinistra nonostante la profonda convinzione di incarnare - lei, marito e figlia aspirante modella - la quintessenza del kennedismo alla bergamasca.

Ma soprattutto perché, mettendo una croce sul nome del consorte (al netto di qualche indecisione in cabina elettorale), la Parodi – come molti altri - può esser stata certa di non averlo fatto nemmeno stavolta.

Infatti, come spiega bene un esponente del Pd locale, “mentre noi del partito, nel timore che potessero farci perdere un sacco di voti, abbiamo vissuto con profondo imbarazzo alcune vicende e dichiarazioni di Gori (celeberrima quella “anch'io non sono sempre stato ricco, vivevo nel quartiere popolare di via Borfuro”, che è più o meno come se a Roma qualcuno sostenesse di essere un ex povero nato in via Frattina ndr), sugli altri cittadini esse hanno avuto un impatto pari a zero”.

E questo evidentemente perché a votare per lui non è certo stato un elettorato di sinistra, a disagio con le fortune milionarie – anche se guadagnate sul campo – di chi, grazie alla liquidazione da svariati milioni ricevuta da Magnolia, ha potuto permettersi di versare un consistente contributo alla prima Leopolda dell'ex amico Matteo.

Nonostante la comparsata del premier in città il martedì precedente il primo turno, i rapporti tra i due risultano infatti ai minimi termini da quando, dopo quella kermesse, il generoso Giorgio capì che l'ambizioso Matteo l'avrebbe lasciato a bocca asciutta salvo riciclarlo, a dispetto di altri pretendenti, come candidato sindaco della sua città pur legittimandolo, di fatto, solo dopo la vittoria alle primarie.

Un elettorato, per tornare alla sinistra che a Bergamo non c'è, poco incline a tollerare abusi come quello della veranda costruita dal neo primo cittadino nella sua villa immersa nel vincolatissimo Parco dei Colli in Città Alta, o giochetti fiscali come la divisione della sua seconda residenza per pagare meno di Imu, o i parcheggi selvaggi a bordo del mega Suv con bugia corredata di aver intestata solo una Fiat 500, o ancora la cena elettorale alla trattoria La Giuliana, “il locale dove vai se vuoi farti notare tra la gente che conta ma fingendo di essere sportivo e democratico”.

Insomma, con Giorgio Gori, a Bergamo non ha vinto né la sinistra né tantomeno il centrosinistra, bensì una versione talmente hard del renzismo da rischiare di non piacere nemmeno allo stesso Matteo Renzi.

Tanto che i pochi che ancora chiamano i circoli cittadini 'sezioni' e guardano con sospetto a chi frequenta quelli del golf e del tennis più assiduamente di quelli di partito, oggi ti dicono che loro hanno votato “il Gori solo per disciplina e perché forse tra i due, tra lui e il Tentorio, nonostante la 'first sciura' e il suo abito sfoggiato durante i festeggiamenti di ieri sera copiato a Michelle Obama (quello a scacchi rossi e bianchi, firmato Asos e acquistabile on line a 54,08 euro, indossato dalla moglie di Obama nella foto postata su Twitter in occasione della seconda elezione del marito ndr) Gori era quello un po' meno di destra”. 

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Claudia Daconto