Decreto fiscale: perché non è una norma salva-Berlusconi
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Decreto fiscale: perché non è una norma salva-Berlusconi

Il governo vuole alzare la soglia della rilevanza penale dell'evasione, andando incontro a milioni di italiani tartassati dal fisco

I primi effetti del braccio di ferro sul Quirinale si vedono nel dibattito sul decreto fiscale.

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Strano, ma vero. Il governo deve difendersi dall’accusa di voler varare una norma “salva-Berlusconi” (che anche tecnicamente non sta in piedi). Ma quando finirà questa ossessione del berlusconismo, questo livore ad personam che nutre una buona parte della sinistra e si è ravvivato grazie alla candidatura (percepita nel Transatlantico di Montecitorio come anti-berlusconiana) di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica?

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Il giorno dopo l’elezione di Mattarella, torna in Parlamento il problema di come mandare avanti le riforme, se è vero che Forza Italia ha impresso al percorso riformatore la spinta cruciale. Appare come una sgrammaticatura istituzionale e politica ritenere che non abbia conseguenze lo strappo dello spirito (se non della sostanza) del patto del Nazareno sul Quirinale. Perché mai, infatti, Berlusconi dovrebbe continuare a puntellare il governo sulle riforme (in economia come sulla giustizia, sul Senato come sulla legge elettorale) se alla prima occasione importante quello spirito è stato tradito in nome di una ragion di partito che riporta il Pd indietro a ere geologiche abitate da dinosauri post-comunisti e post-democristiani?

Quanto livore anti-berlusconiano, viscerale e quindi autentico (oppure strumentale e quindi squisitamente politico), c’è dietro al dibattito sul decreto fiscale? Il governo vorrebbe alzare dal 3 al 10 per cento il tetto percentuale sul fatturato oltre il quale l’evasione diventa reato. Un fatto penale, non più solo amministrativo.

Misura che nelle parole di Renzi vale a punire gli evasori in mala fede e risparmiare invece quelli che incorrono nell’errore di sbaglio, cioè in buona fede. Sia Renzi, sia il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, avvertono che l’accusa di voler varare col decreto una norma salva-Berlusconi è campata in aria, franchigie esistono pure in altri paesi.

Il governo Renzi corre a riparare il patto del Nazareno che ha permesso finora, contro la resistenza, resistenza, resistenza, dura e pura della minoranza di sinistra del Pd, di procedere nel rinnovamento. Certo, in passato ci sono state leggi (o, meglio, proposte di legge abortite) che avrebbero portato vantaggio a Berlusconi sul fronte giudiziario, prima che su quello aziendale. Ma si è visto dove poi è finito tutto questo fervore di ipotetiche leggi ad personam per evitare al Cavaliere l’onta della resa ai magistrati, e della condanna.

Nei suoi confronti il Pd ha usato il maglio di ferro nel momento in cui si è dovuto decidere sulla decadenza da senatore, accelerando invece di rallentare. E mai la grazia è stata realmente sul tavolo, a dispetto della figura di leader dell’opposizione di centrodestra e dei tanti dubbi suscitati dai precedenti e dal comportamento di magistrati coinvolti nel verdetto sul Cavaliere.

E ora, l’indicazione di una soglia più alta di tolleranza “penale” verso possibili errori dei contribuenti, verso decine di milioni di italiani tartassati e massacrati dal fisco (specialmente le partite IVA), viene contrastata a sinistra, ancora una volta, in un nome di un anti-berlusconismo non solo paranoico, ma totalmente anacronistico.

Berlusconi dovrà decidere se continuare a collaborare con la maggioranza di governo che lo ha ignorato e umiliato (e con lui milioni di cittadini) nel momento più alto della condivisione istituzionale, quello della scelta del capo dello Stato. E paradossalmente, le uscite di Renzi e della Boschi che difendono il decreto fiscale sono inficiate dalla leva anti-berlusconiana sulla quale Renzi ha appena ricompattato il livore della sinistra Pd con l’amore del potere della maggioranza renziana del partito. Se utilizzi l’anti-berlusconismo per piazzare i tuoi uomini, come puoi difenderti dall’anti-berlusconismo nel momento in cui vuoi completare le riforme?

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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