Quale porto per la Costa Concordia?
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Quale porto per la Costa Concordia?

Tutti voglio smantellare la Costa Concordia. Attualmente sono sei i porti italiani ma non è escluso che il relitto 'prenda il largo' verso uno scalo estero - le foto

Italia o all’estero? Sono già in molti a scommettere che il relitto della Costa Concordia finirà in Turchia, come è capitato ad altri giganti del mare protagonisti di triste vicende, ad esempio il Moby Prince o quella della serie tv, Love boat. In primis, c’è Legambiente che sostiene di aver avuto la notizia “sicura” dello smaltimento in terra turca da una ‘fonte ufficiale’.

Certo è che appena il gigante rugginoso ha rialzato il capo, si sono scatenati gli “appetiti” di mezzo mondo per aggiudicarsi il suo smaltimento ed è iniziato il prevedibile valzer delle proposte di parte delle più disparate autorità portuali italiane.

Alle candidature di Piombino, Civitavecchia e Palermo, si aggiungono quelle di Napoli, Genova e Porto Torres, tutte in prima fila per dare l'ultima sepoltura al gigante del mare.

Ma anche all’estero ‘fa gola’ il relitto. Infatti, l'ipotesi di ricorrere ad un porto lontano dall'Italia non è mai tramontata. Tanto e' vero che sarebbe già stata noleggiata una nave-piattaforma coreana, la Vanguard, per ben due volte e per altrettante volte il contratto sarebbe saltato. Probabilmente per lo slittamento nei tempi del recupero. La Vanguard, è un bestione capace di abbracciare e sollevare la Concordia e di portarla ovunque, anche in Turchia, ad una velocità di 14 nodi.  

La decisione sull'ultimo porto di approdo del relitto ultima spetta a Costa. Ma si tratta di una decisione che la compagnia potrà prendere entro alcuni paletti. Il primo di essi e' la qualificazione della nave come rifiuto, e ciò chiama in causa il ministero dell'Ambiente e la Regione Toscana. L'altro è rappresentato dalle norme Ue che prevede che lo smaltimento avvenga nel porto più vicino e adeguato.

Se il parametro della vicinanza all'Isola del Giglio non lascia molti spazi, e' il concetto di adeguatezza a rappresentare una variabile su cui le candidature potranno misurarsi. Dunque, l’opzione  più ‘adeguata’ potrebbe risultare Piombino.
Ed è proprio il porto di Piombino che solo pochi mesi fa ha ricevuto un finanziamento di 150 milioni per adeguare le infrastrutture per lo smaltimento relitto. Il porto livornese dovrebbe essere pronto per la primavera prossima, quando gli stessi responsabili dell'operazione parbuckling hanno definito ''ragionevole'' il galleggiamento della nave.

Ma Piombino ha un altro “asso nella manica” da spendere per aggiudicarsi il gigante rugginoso: la vicinanza delle acciaierie. Lo stabilimento dista meno di un chilometro dal bacino nel quale dovrebbe essere smantellata  la Concordia. Dunque, una filiera corta per la rottamazione.
 

Palermo, invece, è il porto dove opera Fincantieri che ha costruito la Concordia e ha realizzato i grandi cassoni serviti anche alla rotazione. Il porto siciliano e' stato tra i primi concorrenti del porto toscano, insieme a Civitavecchia. Sicuramente è più vicino “progettualmente” come quello di Genova. Non a caso Costa Concordia è nata a Sestri Levante ed in Liguria, l'armatore potrebbe decidere di farla morire. 

Genova: per il presidente dell'Autorità portuale, Luigi Merlo, lo scalo ha tutti i requisiti strutturali e professionali per assolvere allo smaltimento dello scafo. Lo stesso Merlo ha definito "uno spettacolo indecente" la corsa alle candidature che oggi registra anche interventi di spessore politico.

Napoli non vuole essere da meno ed ecco che appena ha visto riemergere la malconcia Costa Concordia dalla scomoda posizione in cui e' stata per 20 mesi, e' sceso in campo. "Abbiamo dato la disponibilità, attraverso una mia lettera di qualche mese fa, come ha fatto anche il commissario dell'Autorità portuale Luciano Dassatti'', spiega il governatore della Campania, Caldoro.

Anche i dirimpettai del Giglio hanno alzato la mano per candidarsi:Porto Torres. Per la Sardegna, l’arrivo del relitto sarebbe una vera e propria boccata d’ossigeno considerando la crisi economica che ormai da anni grava sul porto sardo e sull’intera isola.

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Nadia Francalacci