Roma: lo strano caso della Caserma di via Oceano Indiano
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Roma: lo strano caso della Caserma di via Oceano Indiano

In una caserma dei Carabinieri di Roma c'è stata una strana sparatoria tra militari. Sette uomini sono stati rinviati a giudizio

Un carabiniere spara ad un altro carabiniere. Otto mesi fa, nella caserma di via Oceano Indiano a Roma, sede del 2° Reparto Radiomobile dei Carabinieri, un maresciallo estrae la pistola, mira su un collega brigadiere, e spara. Il colpo, però, raggiunge ad una coscia un altro militare, un carabiniere scelto.

Il fatto avviene attorno alla mezzanotte nel piazzale interno della caserma durante il cambio del turno di fronte ad una ventina di militari che sarebbero entrati in servizio per le strade della Capitale dalla mezzanotte alle sei del mattino. Un episodio alquanto strano per modalità e proiettili usati e sul quale ha indagato la Procura della Repubblica di Roma.

Avvocato Giorgio Carta, legale del militare ferito, che cosa sarebbe accaduto la notte del 16 settembre 2013 nella caserma dei carabinieri di via Oceano indiano a Roma?
 
Le indagini hanno accertato che, prima di intraprendere il servizio notturno, un carabiniere è stato colpito da un colpo di arma da fuoco partito dalla pistola d’ordinanza di un superiore. Risulterà, poi, che, in violazione di tutti i divieti, l’arma era stata caricata con proiettili modificati, con l’ogiva in plastica, e che l’autore dello sparo intendesse probabilmente colpire un altro militare.
 
Il carabiniere ferito non sarebbe stato immediatamente trasportato in ospedale ma prima medicato in caserma con acqua ossigenata. Quando raggiunge il pronto soccorso? Chi lo accompagna? E che cosa accade in ospedale?

Il carabiniere ferito, preoccupato per il sanguinamento della ferita, insistite per essere visitato al pronto soccorso e vi viene infine accompagnato con la macchina di servizio. I superiori lo accompagnano fin dentro la sala medica e, secondo quanto riferito dai testimoni, loro stessi dichiarano al personale sanitario che la ferita è stata determinata da una caduta incidentale. Il militare ferito è sotto choc e, a suo dire, per timore dei superiori, resta silente. La cosa sorprendente è che il medico del pronto soccorso nulla obietta sulla versione fornita dai superiori del carabiniere, in sostanza confondendo una ferita di arma da fuoco con l’esito di una caduta accidentale.

Il medico sutura la ferita e firma un foglio di 10 giorni di prognosi. E il carabiniere torna a casa con il proiettile nella gamba. A questo punto che cosa accade?

Nonostante la notte insonne per lo choc ed il dolore conseguente al colpo d’arma da fuoco, il giorno dopo, il giovane carabiniere viene chiamato da un ufficiale che gli avrebbe ordinato categoricamente di fare rientro in caserma per redigere una relazione di servizio sull’accaduto. Francamente, è insolito pretendere da un militare convalescente di fare rientro in caserma al solo fine di riferire su una banale caduta. Soprattutto, il militare asserisce di avere ricevuto in caserma l’ordine di redigere una relazione falsa, adducendo di essersi infortunato a causa di una caduta accidentale.
La stessa falsa versione dei fatti verrà, poi, confermata nelle relazioni di servizio di altri carabinieri, oggi tutti sottoposti a processo per il reato di falso ideologico.
Qualche giorno dopo, il giovane carabiniere vede emergere sotto pelle il proiettile e si allarma. I superiori lo accompagnano allora da un medico di loro fiducia che, in una zona riservata di una clinica, riapre la ferita e finalmente estrae il proiettile dalla coscia del militare.

La verità emerge lentamente alcune settimane dopo il fatto, grazie ad una lettera anonima che raccontava nei dettagli che cosa era realmente accaduto. La procura ha aperto un fascicolo e oggi ci sono sette imputati.

Si, un anonimo, presumibilmente un carabiniere presente ai fatti, scrive a giornali, ad alcune cariche dello Stato ed alla magistratura rivelando che, contrariamente a quanto attestato ufficialmente, il militare sarebbe stato colpito da un colpo d’arma da fuoco di un superiore, peraltro caricato con un proiettile dall’ogiva in silicone. L’anonimo riferisce anche che non sarebbe la prima volta che vengono usati proiettili così contraffatti.
Allo stesso tempo un anonimo telefona ad alcuni organi di vertice dei Carabinieri e rappresenta loro che tutti i militari a conoscenza dei fatti sarebbero minacciati da un superiore.

Perché tra i sette militari compare anche  il carabiniere ferito per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio, proprio come gli altri?

Si, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio anche del militare ferito, non solo per il reato di falso, ma anche per quello di favoreggiamento. Cioè, per aver asseritamente aiutato il proprio sparatore ad eludere le indagini. Non solo, dopo aver affermato in un interrogatorio di essere stato indotto a dichiarare il falso da alcuni ufficiali, il giovane carabiniere è ora accusato anche del reato di calunnia nei confronti di questi.

E la magistratura ha interrogato gli ufficiali indicati dal carabiniere e i medici che hanno suturato e operato il militare? E se no, perché?

La Procura ha sentito tutto il personale medico del pronto soccorso, ma, nonostante le nostre esplicite richieste difensive, non ha ritenuto di ascoltare gli ufficiali, superiori del militare ferito. Nemmeno quelli che, secondo quanto racconta il giovane carabiniere, lo avrebbero indotto a dichiarare il falso. Ci è stato finora rifiutato anche l’accesso ai loro tabulati telefonici. Le nostre richieste istruttorie sono state respinte giacché ritenute dalla Procura della Repubblica di Roma una «prospettazione di ricostruzioni difensive e di ipotesi favorevoli al proprio rappresentato, legittimamente e autonomamente indagabili secondo strategie di parte e/o prospettabili in fase di giudizio».

Avete un asso nella manica per dimostrare l’innocenza del vostro assistito?

Lo spero. Per fortuna, assieme alla collega Francesca Giangrasso, siamo riusciti ad instaurare un dialogo a distanza con un anonimo, forse lo stesso carabiniere che ha fatto emergere la verità sullo sparo. Questi ci ha recapitato tre nuove lettere molto utili per capire cosa è successo a livello gerarchico. Ovviamente, prendiamo con le pinze le sue indicazioni, ma ci sembra una fonte molto informata. Soprattutto, disponiamo di una registrazione tra presenti, che potrebbe rivelarsi decisiva per dimostrare la veridicità di quanto afferma il giovane carabiniere.  

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Nadia Francalacci