Primarie: vince Bersani. Grillo e Monti festeggiano
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Primarie: vince Bersani. Grillo e Monti festeggiano

Cosa accadrà adesso con la vittoria del segretario del Pd su Renzi - Lo speciale di Panorama.it

E adesso con Pier Luigi Bersani, sperimentato ex presidente di Regione, ex pluri-ministro, usato sicuro, figlio cresciutello del cuore rosso del vecchio PCI della regione rossa per antonomasia, l’Emilia, l’Italia si ritrova con la vecchia sinistra candidata a guidare il prossimo governo. Ma soprattutto si ritrova con la probabilità altissima di un Monti bis, ottima notizia per chi crede nel prestigio europeo del professore e nella politica delle tasse e del rigore, ma pessima per chi sperava nella ripresa di una politica economica espansionista di abbassamento delle imposte e incentivo ai consumi. Sarà arduo, per Bersani, conquistare i delusi del Pdl e ottenere una maggioranza di governo capace di neutralizzare la presenza dei grillini in Parlamento.

E si ritrova, l’Italia, con Berlusconi incoraggiato a ridiscendere in campo anche se solo come mentore di qualche lista nuova, ottima notizia per chi ritiene che nel centrodestra non vi sia leader più carismatico del Cavaliere e opportunità migliore di un rinnovamento che non spezzi la continuità con il sogno (incompiuto e forse tradito) di rivoluzione liberale forzista del ’94. La scena emblematica della vittoria al ballottaggio è l’abbraccio di Bersani a Vendola e quella sua come dire sommessa arroganza nel rispondere a chi evoca il ritorno del Cavaliere: “Berlusconi? Chi arriva arriva”.  

La vittoria di Pier Luigi nei gazebo diventati zona rossa, proibiti ai nuovi potenziali elettori convinti dalla campagna rottamatrice del “ragazzetto” Renzi e desiderosi di partecipare al ballottaggio senza però aver votato al primo turno, allontana il rinnovamento (e superamento) della sinistra, così come il rinnovamento (e superamento) di tutte le incrostature di privilegio, parassitismo e passatismo di un’Italia “paese per vecchi” (non mi riferisco solo al dato anagrafico). Insomma, i reduci e nostalgici, i figli e nipoti del PCI, il fu Partito Comunista, possono rincuorarsi. “Dobbiamo cambiare”, dice Massimo D’Alema a caldo, ritrovando la parola dopo l’umiliazione di aver dovuto annunciare la propria non ricandidatura sull’onda del ciclone Renzi. “E abbiamo cambiato”, aggiunge con una quasi impercettibile sfumatura di cattiveria canzonatoria. No, la sinistra, quella vera, militante, trinariciuta, esclusiva (non inclusiva come Renzi) non è morta. Anzi è vivissima, è quella che si presenta agli italiani dietro il volto bonario dello “zio prudente” Bersani, investito da una vittoria che fotografa il rapporto di forza al 60-40 con lo sfidante.

Nella foga del discorso della sconfitta, Matteo Renzi perde la fede intesa come l’anello di matrimonio, ma non la fede intesa come fiducia che tra qualche anno sia possibile rinnovare la sinistra e il Paese e molto prima di allora contare nel Partito democratico (e nel governo, perché no), avendo comunque strappato in queste primarie una “conta” che lo promuove capo dell’opposizione interna al Pd. Se Bersani pregusta la corona di premier, da subito Renzi può riorganizzare le sue truppe e proseguire la marcia. Sì, Bersani dice che pranzeranno insieme e che ora non parla di governo.

Resta il fatto che invece di una sinistra liberale, atlantica, anti-burocratica (ma non anti-Stato), disincantata, emancipata dalla contrapposizione con il berlusconismo e in generale con la destra e gli italiani di destra, insomma una sinistra moderna, europea, aperta, inclusiva come quella britannica o tedesca, ecco che siamo condannati ad avere ancora sul capo (siamo noi di destra o di sinistra, o non più capaci di riconoscerci in alcuna etichetta) un partito old style, vecchia maniera, egualitario e terzomondista, ideologico, d’apparato, partigiano, ingombrante, statalista, per nulla liquido.

Dire “no” a Renzi è stato un regalo a Grillo perché la vecchia politica si è imposta sulla nuova, ed è stato insieme un viatico per Monti (bis): non si vede come Bersani possa scaldare il cuore degli elettori “non di sinistra” che avrebbero votato Matteo alle politiche, ma che non potranno votare il ticket Bersani-Vendola con possibile aggiunta casinista di Casini.

E così, persino il Pdl ha di nuovo qualche chance…

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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