5 motivi per cui non bisogna pagare riscatti
Ansa
News

5 motivi per cui non bisogna pagare riscatti

È bellissimo che Greta e Vanessa siano libere. Ma versare denaro ai sequestratori è sbagliato: condanna a morte altri ostaggi e indebolisce il paese

In Italia i rapimenti sono finiti grazie al blocco dei beni. Decisione terribile e a prima vista disumana. Ma giusta. Ma nel caso di Greta e Vanessa che sono tornate libere (ed è bellissimo che questo sia successo, che i genitori possano riabbracciarle, che siano vive), ci sono mille altre ragioni perché non accada mai più che venga pagato un riscatto. Ecco perché.

1 - Dare un tesoretto ai sequestratori

Che siano stati pagati 12 milioni, di meno, o di più, il punto è che le bande di sequestratori, che sono anche manipoli di guerriglieri nei teatri dell’avanzata islamista in Iraq e Siria, hanno oggi un tesoretto da investire in armi o in nuovi rapimenti. Esattamente come in Italia (in Sardegna, in Calabria) qualche decennio fa. Ricordate l’anonima sequestri?

2 - La condanna a morte degli altri ostaggi

Il pagamento del riscatto per gli ostaggi italiani condanna a morte gli ostaggi degli altri Paesi. Chi rifiuta categoricamente di trattare con i sequestratori (soprattutto se terroristi) vede sistematicamente i propri ostaggi uccisi, sgozzati, decapitati, mentre magari i loro compagni di “cella” vengono rilasciati a suon di quattrini. È giusto?

3 - Il presente costruisce il futuro

Il presente costruisce il futuro. Chi paga oggi, pagherà domani. E allora perché non continuare a rapire tutti gli sprovveduti/e italiani/e che mossi da sentimenti di generosità verso i sofferenti delle zone più sventurate del pianeta si tuffano a sprezzo del pericolo in tutte le avventure umanitarie? (Ovvio che qui si pone un serio problema di equilibrio tra volontariato e sicurezza: se lo pongono l’ONU e i grandi organismi internazionali, a maggior ragione dovrebbero porselo i singoli e le piccole associazioni fai-da-te).

4 - Chiudere la fabbrica degli ostaggi

L’ostaggio è sempre lo strumento di un ricatto. Un’arma. Lo Stato deve quindi porsi a sua volta la questione di come “chiudere” la fabbrica degli ostaggi. Può farlo sposando la tesi (che personalmente condivido) di Stati Uniti e Gran Bretagna, di dire in anticipo (e poi agire di conseguenza e coerentemente) che nessun riscatto sarà mai pagato. O lo si può fare cercando il più possibile di impedire che italiani si trovino nelle zone a rischio dove la probabilità di essere rapiti, date certe condizioni, è troppo alta.

5 - Sottomettersi o vincere

Perché uno Stato paga riscatti? Per mancanza di senso dello Stato dei suoi governanti. L’uccisione di un ostaggio, per un’opinione pubblica come quella italiana, è una sconfitta della quale ha colpa il governo, mentre la sua liberazione è una vittoria. Sbagliato. Qui gli errori sono due. Di chi ci governa, perché dimostra non saper essere leader. E di noi che non abbiamo la maturità nazionale dei Paesi anglosassoni che affrontano le guerre con lo spirito di chi vuol vincerle e non di chi si sottomette.  

I più letti

avatar-icon

Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

Read More