Corteo a Roma, la minaccia degli antagonisti
Angelo Carconi/Ansa
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Corteo a Roma, la minaccia degli antagonisti

Dopo gli sgomberi dei giorni scorsi, l'assalto alla sede del Pd. Nella Capitale tensione alle stelle

Sarà un corteo deciso, non si può fare con le rose in mano”. Quello che si prepara a vivere Roma domani pomeriggio lo fa capire bene, senza giri di parole, Paolo Di Vetta, leader dei Blocchi precari metropolitani (una delle sigle che fanno parte del movimento di lotta per la casa nella Capitale), già finito agli arresti domiciliari due mesi fa per gli scontri del 31 ottobre in via del Tritone.

La manifestazione organizzata dalle stesse realtà antagoniste – No-Tav, No-Muos, studenti, precari - che già avevano partecipato al corteo del 19 ottobre, avrà inizio alle 14. “Si riparte da Porta Pia per avanzare in contropiede sul complesso del modello Renzi”, si legge in uno dei siti d’area.

Sono attese circa 20mila persone. Sfileranno lungo via XX Settembre, dove è già stato annunciato un “assedio” al ministero dell'Economia (l'altro palazzo nel mirino è quello del Welfare in via Veneto), piazza Barberini, via del Tritone, via del Traforo e via Nazionale (davanti alla sede della Banca di'Italia) per tornare al punto di partenza a Porta Pia dove da qualche giorno va avanti un presidio fisso con una decina di tende montate sull'asfalto.

A vigilare sul corteo 1.500 agenti reclutati in tutta Italia; blindato il centro storico per impedire deviazioni non autorizzate verso Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama; giù le saracinesche di molti negozi del centro.

L'amministrazione capitolina non nasconde preoccupazione. “Tutte le manifestazioni che si annunciano con qualche dichiarazione violenta mi preoccupano” ha dichiarato il sindaco Ignazio Marino.

Chi protesta lo fa contro il nuovo piano casa del ministro Maurizio Lupi, il Jobs Act, le politiche di austerity e il generale contro il governo Renzi. “Non ci aveva ancora pensato nessuno – ha detto Di Vetta – noi abbiamo avuto il coraggio di iniziare”.

Ma nel mirino c'è anche il Partito democratico, ritenuto “il vero responsabile dell'attuale modello di sviluppo”, e in particolare quello romano.

Martedì scorso la sede dei gruppi consiliari del Pd e di Sel in via delle Vergini sono state prese d'assalto da una cinquantina di presunti esponenti dei movimenti per la casa che incolpano i democratici di essere il “principale nemico sulla strada della lotta” poiché “si sta sempre più caratterizzando come il partito istituzionale per eccellenza, forte dell’appoggio bipartisan del concerto europeista”.

Per le devastazioni causate agli uffici dei consiglieri capitolini, le piante sradicate, i mobili sfasciati, i muri imbrattati di spray nero e scritte come “Pd merda sgomberatevi il cervello”, l'impiegata in dialisi traumatizzata, l'autista spruzzato con il liquido dell'estintore, si sono giustificati provando a dare la colpa agli aggrediti e in particolare al capogruppo del Pd in Campidoglio Francesco D'Ausilio reo di aver “difeso” gli sgomberi degli immobili occupati e già più volte minacciato.

Volevano, pretendevano anzi, di organizzare, seduta stante, una conferenza stampa e l'atteggiamento del gruppo Pd che “ha deciso di barricarsi nelle proprie stanze non ha sicuramente favorito la già difficile interlocuzione”.

Un azione che ha avuto quale unico effetto positivo quello di dare finalmente la sveglia al sindaco Marino. Giorni prima, di fronte agli sgomberi dei due palazzi di via delle Acacie e di vai Tuscolana e del centro social-culturale Angelo Mai, il primo cittadino si era detto “preoccupato” per gli occupanti e aveva ammonito la Procura di non averlo avvisato in anticipo.

Dopo la spedizione punitiva alla sede dei consiglieri che sostengono la sua amministrazione ha forse capito che “non è accettabile nella vita democratica di un Paese entrare in un edificio, aggredire una persona con una malattia cronica, usarle contro un estintore. Con questo tipo di persone l'unico dialogo che posso avere è attraverso il prefetto, perché li arresti”.

Peccato per altri che hanno invece tentato di far passare il blitz come opera dei “nemici dei movimenti” intenti a deligittimarne strumenti e finalità.

Ma cosa aveva scatenato una reazione tanto violenta? A un anno dal cosiddetto “Tsunami Tour” del 6 aprile 2013, il giorno prima prima ben sei stabili, in diversi quartieri di Roma, erano stati “presi” da attivisti di varie sigle come “Alexis”, “Degage”, “Blocchi precari metropolitani” e “Ram" con l'obbiettivo di “portare alla luce una quantità spropositata di alloggi, tenuti vuoti con l'unico intento di speculare sulla via delle persone, approfittando dello stato di crisi in cui versa il paese”.

Le occupazioni erano state sgomberate dalle forze di polizia nelle ore immediatamente successive e in quell'occasione il capogruppo Pd D'Ausilio aveva commentato che “la gravissima situazione economica e sociale non giustifica comportamenti contro la legge come quello di oggi che gli organizzatori definiscono uno "tsunami tour"”.

Parole che evidentemente non erano piaciute ai manifestanti che, al grido di “dov'è D’Ausilio? Quello delle infami dichiarazioni di ieri, D’Ausilio vieni fuori”, hanno deciso di andarlo a cercare assaltando la sede istituzionale del suo partito.

Un'azione che ha suscitato oltre lo sdegno, l'indignazione e forse qualche ripensamento su certe inopportune connivenze tra chi ricopre ruoli istituzionali e chi utilizza metodi illegali e talvolta violenti per raggiungere scopi più o meno legittimi, forti preoccupazioni per come domani rischia di essere maltrattata, ancora una volta, questa città.

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Claudia Daconto